Cronaca

Le accuse dei pentiti all’ex consigliere Mimmo Russo. Dalla festa allo Zen alla punizione: «Doveva finire in un pozzo»

Un lungo elenco di accuse messe nere su bianco dai collaboratori di giustizia. Il destinatario è l’ex consigliere di Fratelli d’Italia Girolamo Mimmo Russo, finito in carcere oggi nell’ambito di un’operazione coordinata dalla procura di Palermo diretta da Maurizio de Lucia. Russo, volto storico del municipio del capoluogo, è anche una piccola autorità locale nell’ambito delle cooperative sociali e del mondo dei precari. Dietro il suo regno, però, secondo i pm ci sarebbe stato l’essere costantemente a disposizione di Cosa nostra. «Tutti lo conoscono Mimmo», racconta – in un misto tra dialetto e italiano – il pentito Salvatore Giordano, conosciuto a Palermo con l’appellativo di Totò ‘u pisciaiolo e appartenuto alla famiglia mafiosa del quartiere Zen. «Nelle scuole – racconta a verbale – prendiamo i ragazzi e gli diciamo “mittitivi ccà, cu trasi trasi pigghiati i parenti… tu porta ai to parenti, i me parenti e ci damu i voti… dacci i voti ca ammu a purtari a Mimmo“». Alle elezioni del 2008, stando sempre alle rivelazioni di Giordano, l’ex consigliere – eletto a Sala delle Lapidi per quattro mandati – si sarebbe attivato a supporto della candidatura di una donna, finanziando, non è chiaro con che fondi, una festa da organizzare all’interno del rione. Lo stesso collaboratore ha mostrato ai magistrati una scrittura privata con due società per l’allestimento di un evento canoro da realizzare il 31 luglio e il 2 agosto 2008. Russo però alla fine si sarebbe tirato indietro lamentando lo scarso supporto elettorale allo Zen. «Ca m’avia a dari cinquemila euro e un mi detti mancu… e mancu i 20mila euro».

Il mancato versamento della somma di denaro per la festa avrebbe potuto causare più di un problema al politico, tanto che il collaboratore svela addirittura un presunto piano per punirlo. «Era un morto che camminava – aggiunge Giordano – e lui lo sa, doveva morire a casa mia, lo dovevamo buttare dentro un pozzo perché lui mi ha rovinato pure a me… ma io l’ho salvato». Di Russo parla anche Fabio Manno, ex reggente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, poi passato dal lato della giustizia. «Tutto il Borgo dava i voti a Mimmo Russo (quartiere d’origine dell’ex consigliere, ndr), perché lui prometteva i posti di lavoro ed era accompagnato in questa campagna elettorale da Franco Russo, suo cugino». Personaggio, quest’ultimo, conosciuto nel panorama criminale con l’appellativo di Diabolik. Stando alla ricostruzione dei magistrati, il riferimento di Manno è alle elezioni regionali del 13 e 14 aprile 2008, quando Russo si candidò con Alleanza Nazionale salvo poi ritirarsi per passare al Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo, raccogliendo quasi 4000 preferenze senza però essere eletto all’Assemblea regionale siciliana.

Di posti di lavoro e consensi ha raccontato diversi aneddoti il collaboratore di giustizia Francesco Chiarello. Nelle sue dichiarazione ha fatto riferimento, per esempio, al fatto che Russo si sarebbe occupato dei 3000 lavoratori ex Pip, acronimo di Piano per l’occupabilità dei soggetti svantaggiati dell’area metropolitana della città di Palermo. Un piccolo esercito di precari diventato bacino elettorale della politica e che, fino al 2010, era a carico della Regione ma gestito dal Comune di Palermo. Da loro, o da una parte di questi, Russo avrebbe preteso il pagamento di una quota di dieci euro a testa per le spese sindacali. Lo stesso Chiarello «era stato assunto dalla Trinacria onlus, l’associazione attraverso la quale Russo assicurava posti di lavoro ai mafiosi». Le dichiarazioni di Chiarello «sono particolarmente significative – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – in ordine alla profondità dell’inserimento di Russo all’interno della mafia di Porta Nuova e in particolare di Borgo Vecchio».

Il politico, dopo il presunto mancato pagamento della quota per la festa, sarebbe stato comunque riabilitato allo Zen per volontà di Sandro Diele e Francesco D’Alessandro. Entrambi condannati con sentenza definitiva per mafia. A raccontare questo aneddoto ai magistrati è il collaboratore di giustizia Silvio Guerrera, arrestato nel 2014 ed ex reggente della famiglia di Tommaso Natale. «Era una persona molto vicina a loro – spiega facendo riferimento al rapporto dei due con il politico – era una persona abbastanza disponibile, dove dava possibilità di lavoro e dove loro ci tenevano tanto». Diele e D’Alessandro, stando alle dichiarazioni del collaboratore, avrebbero sostenuto Russo alle elezioni regionali del 2012. Anche in questo caso però il politico non ottenne l’elezione: «Loro lo chiedevano a tutti – spiega – mi diceva pure se lo potevamo aiutare».

Dario De Luca

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