A Palermo le villette abusive continuano a proliferare in maniera incontrollata e senza alcun rispetto per le regole e l’ambiente. A dimostrarlo, i 600 casi di abusi accertati dal Comune nei primi mesi dell’anno: da gennaio a maggio, il Nucleo di polizia urbanistico edilizia della polizia municipale del capoluogo siciliano ha scoperto centinaia di violazioni della normativa edilizia e segnalato oltre mille persone all’autorità giudiziaria, con la segnalazione all’Agenzia delle entrate e agli uffici tributari per il recupero delle somme evase al fisco. Sulla scorta della mappa fornita dagli uffici, emerge che la tipologia degli abusi non è uniforme, ma cambia a seconda della aree della città: nelle zone pedemontane e periferiche di Ciaculli, Brancaccio, Altarello, Falsomiele, Tommaso Natale e nella fascia di Partanna Mondello si tratta per lo più di nuove costruzioni e ampliamenti medio-grandi, fino alle villette unifamiliari, mentre in città e nel centro storico, di ampliamenti e ristrutturazioni non autorizzate di entità minore ma pur sempre illegali.
Già ad aprile erano stati individuati e sequestrati circa 72 mila metri quadrati di superfici non dichiarate al fisco. Un quadro sconfortante che, nonostante i risultati raggiunti dall’amministrazione, rivela una cultura dell’illecito difficile da contrastare, come sottolinea il presidente di Legambiente Sicilia che invoca l’uso delle ruspe come soluzione allo scempio edilizio. «Sono dati preoccupanti – afferma Gianfranco Zanna – malgrado qualcuno pensi che l’abusivismo appartenga al passato di questa regione, assistiamo a un tragico amaro presente. E ciò accade perché non colpendo chi commette illeciti, ci si sente legittimati a compierne altri. Mi auguro che a questo numeri segua un duro intervento repressivo». Il riferimento è all’uso delle ruspe per far passare il messaggio che «chi sbaglia deve essere punito».
Tra i casi più eclatanti di abusivismo edilizio a Palermo c’è sicuramente quello delle villette di Pizzo Sella al centro di annose battaglie legali. E tra le circa 170 costruzioni, è storica la sentenza della Cassazione che nel 2012, rigettando rigettato i ricorsi presentati dal Comune e dalla Procura generale di Palermo, ha dato ragione a 13 famiglie, revocando la confisca. «Al di là di quel caso specifico – spiega – tutto il resto rimane abusivo e illegale. Quando si è insediata la giunta Orlando avevamo chiesto di intervenire per abbattere almeno gli scheletri, ma ci è stato detto che bisognava aspettare il regolamento della riserva di Capo Gallo. Sarebbe già un segnale, ma fino a quando non si colpirà chi compie abusi altri si sentiranno autorizzati a farlo». Secondo Zanna, infatti, l’amministrazione dovrebbe attivarsi con maggiori controlli ma soprattutto demolendo: «A questo punto – aggiunge, nutro dei dubbi perché dove potrebbe già farlo, come a Pizzo Sella, non lo fa e questo è grave».
Secondo l’assessore ai Lavori pubblici ed edilizia privata, il vicesindaco Emilio Arcuri, la vicenda è più complicata di quanto si possa immaginare. «Lo scoglio maggiore è rappresentato dai contenziosi amministrativi e penali infiniti – spiega Arcuri – e non sarebbe il regolamento della riserva a rendere legittime le demolizioni». Pizzo Sella da un punto di vista simbolico nella lotta all’abusivismo rimane fondamentale per il Comune che non intende mollare la presa: «Sono tra quelle demolizioni utili per restituire un aspetto accettabile dal punto di vista ambientale paesaggistico. E comunque – avverte – non saranno i contenziosi infiniti a fermarci e non ci fermeranno. Il Comune ha tutta l’intenzione di abbatterli – conclude – ma solo a conteziosi conclusi potremo agire».
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