«Per me è un onore partecipare a un evento della Mostra di Venezia dedicata a Francesco Rosi, e portare la testimonianza di gratitudine e apprezzamento per l’opera del regista, da due anni cittadino onorario di Montelepre». Sceglie l’ormai consueta forma di comunicazione di un post su Facebook, la sindaca Maria Rita Crisci, per annunciare la sua presenza nella più cinematografica Laguna del mondo. Il 5 settembre la prima cittadina di Montelepre, su invito della 3D Produzioni, sarà dunque a Venezia in occasione della proiezione fuori concorso del film Citizen Rosi, il documentario che omaggia il regista napoletano Francesco Rosi.
E sono tanti i collegamenti col palermitano del regista che inventò il cinema d’inchiesta. Proprio a partire da Salvatore Giuliano, il film che diede la notorietà a Rosi grazie alla vittoria dell’Orso d’oro come miglior regista al festival di Berlino nel 1962. Un film, quello di Rosi, davvero coraggioso nell’affrontare le vicende avvenute appena 12 anni prima, nel 1950, in quella che allora era ancora la morte misteriosa del bandito siciliano Salvatore Giuliano. E tra i luoghi del film non poteva mancare Montelepre, paese natale di Giuliano.
Mentre nel capoluogo siciliano Rosi ambienta, nel 1990, uno dei suoi film forse meno riusciti, certamente tra i più audaci: quel Dimenticare Palermo che vede come protagonista Jim Belushi (fratello del più noto John). Ecco perché il documentario Citizen Rosi ripercorre attraverso il cinema di Francesco Rosi la storia del nostro paese partendo da quel film che il regista riteneva raccontasse la madre di tutte le trattative tra lo Stato e le mafie, tra settori delle istituzioni e cartelli del crimine, ovvero Lucky Luciano. Un film che annovera uno straordinario Gian Maria Volontè nei panni del capo della malavita statunitentese, e girato in parte a Lercara Friddi.
Non potevano dunque che essere tante le voci siciliane, e palermitane, che raccontano il vivido esempio di cinema di Francesco Rosi: oltre alla sindaca di Montelepre ci sono anche i giornalisti Lirio Abbate e Francesco La Licata, i registi Roberto Andò e Giuseppe Tornatore, il pm Nino Di Matteo. «Il film documentario – racconta la sindaca Maria Rita Criscì – è
diretto da Didi Gnocchi e da Carolina Rosi, figlia del regista, e mette a
fuoco la sua carriera e soprattutto su come sia riuscito a inventare uno stile narrativo. Senza di lui il cinema d’inchiesta non sarebbe esistito. Il racconto si snoda attraverso i film di Rosi, tra questi il film Salvatore Giuliano. Come amministrazione comunale abbiamo, infatti, autorizzato nel 2018 le
riprese dei luoghi in cui si girarono le scene del film. Ad
accompagnare lo spettatore in questo viaggio c’è la figlia Carolina,
testimone fin da bambina del lavoro del padre».
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