Come in una sorta di cold case, oltre 80 opere, alcune anche inedite, per riscoprire l’autentico Antonio Ligabue in mostra nelle sale Duca di Montalto del Palazzo Reale di Palermo, da domani sino al 31 agosto. La rassegna – Antonio Ligabue (1899-1965). Tormenti e incanti – promossa dalla Fondazione Federico II di Palermo e dalla Fondazione Museo Antonio Ligabue di Gualtieri, può esser letta come il tentativo di portare alla luce la vera natura di un pittore spesso frettolosamente archiviato sotto l’etichetta di artista naif e pazzo che invece nasconde una complessità e profondità che questa mostra vuole ricostruire. Ben 65 quadri, 9 disegni, 5 incisioni e 4 sculture che offrono una spaccato dell’opera di Ligabue stimata a oggi in circa 900 opere. Curata da Sandro Parmiggiani, direttore della Fondazione e da Sergio Negri, presidente del comitato scientifico, la mostra propone così un excursus storico sull’attualità dell’opera dell’artista che seppur incentrata su pochi temi sempre ripetuti e rinnovati, rappresenta ancora oggi una delle figure più interessanti del Novecento.
Un modo per far conoscere i diversi esiti dell’opera di Ligabue, nel corso della sua attività che si estende dagli anni Venti al 1962, e declinati nelle diverse tecniche espressive. «Quando parlo di Ligabue – afferma Parmiggiani – mi piace pensare a un cold case perché ancora tante cose rimangono da chiarire sulla sua vita. In passato, gli altri curatori si sono preoccupati più al successo raggiunto dalla mostra che degli aspetti legati alla sua formazione e al suo percorso artistico. Non c’è stata pari determinazione nella ricerca delle radici mentre le rassegne dovrebbero servire proprio per approfondire. Ed è quello che stiamo cercando di fare – aggiunge – andando oltre la solita etichetta di artista naif considerandolo, invece, come un espressionista tragico perché la sua opera riflette chiaramente suo tormento».
La mostra riprende i i filoni fondamentali cui si è dedicato Ligabue: gli animali esotici e gli autoritratti. Dotato di una memoria fotografica prodigiosa, studiava accuratamente l’anatomia degli animali che rappresentava, e le loro posture tipiche assunte nelle fasi della caccia o del lavoro, desunte dall’osservazione diretta e da varie fonti iconografiche. Per Parmiggiani le scene a volte cruente ritratte nei quadri riflettono la rappresentazione della lotta per la sopravvivenza nel mondo animale che incarna la sua concezione della vita, un «conflitto durissimo piena di agguati». Gli autoritratti, infine, rappresentano un’esplicita dichiarazione del suo valore d’artista e della sua identità, spesso dileggiata e irrisa ma anche il suo sentirsi uno straniero in una terra non sua (Ligabue fu espulso nel ’19 dalla Confederazione Elvetica).
«Non è un caso – chiarisce Negri – se lo sfondo dei suoi autoritratti spesso sia diviso perfettamente a metà: nella parte inferiore appare il paesaggio della classica pianura padana mentre nella parte superiore le montagne, i castelli e i borghi tipici della sua adolescenza trascorsa in Svizzera. Una fusione perfetta che unisce idealmente i due mondi». Per il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, dopo Botero anche questa si conferma come una «mostra di rilievo internazionale, la dimostrazione che si può fare cultura se c’e’ sinergia. Ad esempio lasciando aperti i siti culturali il giorno di Pasqua e Pasquetta. Lo abbiamo potuto fare perché il personale della fondazione Federico II ha mostrato grande disponibilità”. Poi un messaggio rivolto a tutti i siciliani: «A visitare le mostre devono essere soprattutto i siciliani: spesso sento parlare dei turisti che verranno da fuori ma sarei altrettanto felice se ne venissero altrettanti da tutta l’Isola».
La mostra rimarrà aperta da sabato 19 marzo a mercoledì 31 agosto, dalle 8,15 alle ore 17,40 mentre domenica e festivi dalle 8,15 alle 13: costo del biglietto 6 euro, ridotto 3 euro
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