A Capo d’Orlando di scena il cinema sperimentale

SI TRATTA DELLE QUINTA EDIZIONE ITINERANTE TRA SICILIA, GERMANIA E FRANCIA

“(…) Allora aveva avuto un solo desiderio: 

                                     conservare il più a lungo possibile, forse per sempre,

la libertà di non avere nessuna forma”.

Maria Teresa Di Lascia, Passaggio in ombra.

 di Cettina Vivirito

E’ alla sua 5a edizione una mostra itinerante sul cinema di ricerca, chiamata Nomadica, che fino ad oggi, 24 agosto, ha deliziato le umane genti in quel di Capo D’Orlando, cittadina siciliana che, quanto ad avanguardia, meriterebbe un primato, e che proseguirà poi per Francia, Germania, percorrendo parte d’Europa.

Dopo l’intenso passaggio dello scorso anno, in cui sono stati presentati i film di Vittorio Sindoni e Giuseppe Fava (che raccontano la Sicilia in forma d’inchiesta/denuncia, ma anche d’arte visiva e poetica), quest’anno Capo d’Orlando è il luogo da cui la mostra cinematografica inizia, con cineasti di cui verranno presentati i relativi film tra il Faro e la Sala “Tano Cuva” della Biblioteca Comunale.

Il cinema e il video sperimentale (di cui fa parte anche il documentario) vengono ricompresi in quella vasta area denominata “non-fiction” per distinguerla dalla “fiction”, ovvero dal cinema tradizionalmente narrativo, che va per la maggiore.

Nell’ambito del cinema sperimentale però bisogna fare un’ulteriore distinzione tra un cinema più interessato alla forma e alla sua elaborazione, indicato come “formalista”, che viene realizzato in gran parte da artisti; ed un cinema sperimentale dove l’immagine non subisce ulteriori processi di modificazione e rappresenta una presa diretta sulla realtà, ovvero “rinunciando alla messa in scena”.

Tra le due tipologie una larga scala di grigi: da uno stadio di semplice aniconicità, ovvero perdita di qualsiasi elemento figurativo (il cosiddetto cinema astratto) fino ad arrivare alla pseudonarrazione; dall’assenza di suono o di parola ad un cinema fortemente verbale, dove i contenuti travalicano perfino gli effetti visivi.

Accanto ad una storia del fi1m sperimenta1e o di “avanguardia” (che assume nei vari periodi storici altre connotazioni: “underground”, “struttura1e”, ecc., anche rispetto alle aree geografiche in cui si sviluppa) si può intendere lo sperimentalismo tout court non come “genere”, bensì come insieme di particolari tecniche di rielaborazione e modificazione dell’immagine che si configurano sotto forma di stilemi utilizzati anche nell’ambito della fiction: il cinema ufficiale della fiction ha sempre attinto dal cinema sperimentale, e ultimamente questo fenomeno si è notevolmente accresciuto tanto da assistere ad un vero e proprio “sperimentalismo di massa” (basti pensare ai frequenti “saccheggi” da parte dei videoclip e della pubblicità, senza peraltro renderne merito o rendere più conosciuti gli autori).

I cineasti sperimentali privilegiano in ogni caso il rapporto con la realtà, quella più profonda e inconoscibile. J. Cocteau definiva il suo film metafisico-surrealista “Le sang d’un poète”, del 1930, come “un documentario reale di avvenimenti irreali”. Antonin Artaud, scrivendo il soggetto di un altro film surrealista, “La coquille et le Clergyman”, realizzato nel 1927 da Germaine Dulac, nelle intenzioni non vuole riprodurre un sogno ma ricercare “la verità oscura dello spirito in immagini fatte unicamente da sé stesse, e che non traggono il loro senso dalla situazione in cui si sviluppano, ma da una sorta di necessità interiore potente che le proietta nella luce di un’evidenza senza ricorso”.

Il loro soggetto principale sembra essere in un certo senso la tecnica stessa che però vuole essere sempre qualcosa di “naturale”, di connaturato alla materia iconica fino a considerarsi preesistente all’immagine. Indipendentemente dal contenuto, un’opera di ricerca nasce in generale e più semplicemente da una motivazione tecnologica, dalla voglia di sperimentare un procedimento e di applicarlo ad una determinata situazione.

Il programma di Nomadica 2014, veramente interessante anche se di nicchia, prevede omaggi dedicati ai maestri del cinema del ‘900 come Norman McLaren, che coincide con il centenario della sua nascita (genio dell’immagine in movimento, famoso e prolifico autore di film d’animazione); Augusto Tretti (che al contrario realizza pochissimi film in Italia e muore come un “passaggio in ombra”, assolutamente non riconosciuto dal sistema, ma amato da Fellini); Luigi Di Gianni, (attivo intellettuale il cui contributo dato allo smantellamento della forma documentaristica costituisce una spinta innovativa, che Nomadica condivide, nei confronti di quel cinema italiano sempre più arenato in un documentarismo considerato oramai sterile).

La mostra itinerante è anche “ripresa” di poeti come John Giorno e Luigi Di Ruscio, di “cine-poesie” a partire dall’underground italiano dei ’60 (in collaborazione con la Cineteca Nazionale di Roma), di apertura all’archivio INVIDEO, “Mostra internazionale di video e cinema oltre” (Milano), di passaggi attraverso giovani cineasti attivi nel circuito di Nomadica come Luca Ferri, e Jonny Costantino. Infine saranno presentate opere cinematografiche di recente realizzazione, divenute già dei cult-movie come: “La leggenda di Kaspar Hauser di Davide Manuli”, e “Aeterna” di Leonardo Carrano (piaciuta molto a Ennio Morricone).

Kaspar Hauser è il ragazzo misterioso che affascinò la Mitteleuropa dell’800, comparso dal nulla e perseguitato per motivi forse dinastici fino al suo assassinio, epilettico e incapace dopo gli anni passati incatenato al buio di affrontare luce e stimoli, a cui tutti si divertivano a insegnare qualcosa, è il corpo etereo del film di Manuli, un corpo svuotato, in un momento di ricostruzione dello sguardo: il regista continua il discorso poetico iniziato con il precedente Beket, attraverso un suggestivo uso del bianco e nero, paesaggi desolati, pochissimi personaggi e la reinterpretazione metaforica della leggenda attraverso tematiche universali. Davide Manuli torna con questo film a raccontare la tragedia in un mondo che ne ha perso, stemperando la biografia del fanciullo d’Europa, Kaspar, in un futuro post-apocalittico, in cui ragione e follia, potere e marginalità, vengono attualizzati.

Straordinario anche il film d’artista “Aetherna”, del compositore Leonardo Carrano che ha dedicato dodici anni della sua vita alla realizzazione di una saga cinematografica composta da 14 episodi che mettono in immagini le 14 parti del Requiem di Mozart, utilizzando le più diverse tecniche di animazione alcune delle quali vanno al di là di ogni immaginazione. “Per cinque anni ho ascoltato solo il requiem per poterlo digerire; ho trovato una tecnica diversa per ognuna delle 14 parti non perché l’abbia cercata ma perché mi è venuta naturalmente. Questo film è stato fatto un po’ come la vita, col tempo necessario per ogni cosa”.

Nell’episodio “Kyrie” che ha realizzato con Alessandro Pierattini e per il quale è stata scelta la chiave del linguaggio dei sordi, il gesto del raccontare il Gesù Cristo è stato realizzato attraverso una tecnica che vede filmate le mani dello stesso regista Leonardo che ripetono in modo mnemonico il canto di Mozart e che in seguito vengono dipinte con acquarello e polvere d’argilla.

Nel “Dies Irae” invece, essendo la musica molto incalzante e aggressiva il regista ha trovato necessario utilizzare immagini veloci e ha usato la tecnica dell’incisione direttamente sulla pellicola. Il più straziante degli episodi di “Aetherna” s’intitola “Recordare” e mette davvero in scena la morte, utilizzando sezioni di un corpo umano che viene immortalato un paio d’ore dopo il decesso. Il brano racconta la richiesta di salvezza spirituale di un uomo che sta per lasciare la vita terrena ed è stato messo in relazione a un reale condannato a morte che ha voluto donare il suo corpo alla scienza; da qui le riprese di questo suo perpetuare la vita oltre la morte, per esprimere in modo laico e insieme religioso la ricerca della salvezza, utilizzando la T.A.C. come sistema di analisi stratiforme del corpo stesso. Un’altra tecnica mai vista è quella utilizzata per il “Confutatis”, talmente originale e complessa che devo rimando i cinefili all’intervista allo stesso Leonardo Carrano.

“Mozart”, sostiene Carrano, “essendo un uomo oltre che di genio, estremamente divertente” “avrebbe senz’altro accettato il film, gli sarebbe piaciuto”. Un grande omaggio quindi alla musica di W. Mozart.

Nomadica è sempre stata affiancata da amici, collaboratori e partner tra i quali occorre ricordare l’associazione dedicata al giovane cinema d’animazione italiano “Ottomani”, le riviste digitali di cultura cinematografica “Rapporto Confidenziale” e “Rifrazioni”.

Dal cinema all’Oltre, in una territorialità sperduta e senza un tracciato, fino “alla libertà di non avere nessuna forma”.

Per il programma dettagliato: http://www.nomadica.eu/agosto2014_capodorlando/ta Nomadica

Foto tratte da rapportoconfidenziale.org

 

Redazione

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