A Barcellona dove piove sul bagnato

L’alluvione di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, era messa nel conto. I pericoli erano stati segnalati. Ma non è stato fatto nulla per prevenirli. A parlare è Giuseppe Gangemi, docente di Urbanistica all’Università di Palermo, autore del Piano regolatore generale della città dove ieri è andata in scena l’ ‘immersione’ di alcune aree cittadine. Il docente ha individuato e perimetrato le aree a rischio esondazione della città e del territorio che si snoda attorno al centro abitato.
Nello strumento urbanistico ci sono anche i cosiddetti ‘siti di attenzione’ previsti nel Piano Stralcio di Bacino per l’assetto idrogeologico (Pai) del Torrente Mela, del Torrente Longano e del Torrente Termini. Le aree che possono essere sommerse dall’acqua così individuate nel territorio di Barcellona sono 13 con varie classi di rischio di cui parecchie di rischio molto elevato. Eppure, nonostante tutti questi ‘avvertimenti’, come già accennato, un pezzo’ di città – proprio quella che l’urbanista aveva definito “a rischio” è stata sommersa dall’acqua. Incuria? Mancanza di fondi? O che altro?
Per queste aree a rischio esondazione, dice Gangemi, “erano state dettagliatamente elencati gli interventi consentiti, limitandone molto l’ampiezza e subordinandoli alla garanzia di sicurezza per non aggravare il già elevato rischio in sede di concessioni e autorizzazioni edilizie. In particolare, nelle norme del Piano regolatore era prescritta la continua pulizia della sezione di deflusso del torrente Longano dal materiale che si va via via ad accumulare (depositi alluvionali, rifiuti solidi di varia natura, rami e tronchi d’albero, etc.), al fine di evitare l’ostruzione in corrispondenza dell’imboccatura al di sotto del ponte sulla via Roma”.

L’epicentro delle aree oggi devastate dall’alluvione, a quanto pare, coincide con quelle segnalate dal Prg.

“Ovviamente sono state segnalate e perimetrale le aree dove ci si possono attendere frane. Tali zone sono centoventicinque, considerate di grande pericolosità e di rischio anche elevato. La franosità di alcune aree è causa concorrente con quella delle esondazioni per il disastro odiermo”.

 

Anche per queste aree a rischio di frana erano previste forti limitazioni all’edificazione?

“L’intero Piano regolatore, entrato in vigore nel 2002, ha fortemente ridimensionato la dissennata crescita edilizia del precedente strumento urbanistico, prevedendo, a fronte di 527 ettari complessivi di aree abitative capaci di improbabili 88.000 abitanti, un’estensione molto più ridotta di 299 ettari (zona A, B e C) più adatte a contenere 47.000 abitanti in tutto: un vero e proprio contenimento quasi dimezzato nel consumo del suolo urbanizzato con un carico abitativo di gran lunga più credibile di quello precedente”.

Davanti a fatti del genere ci si interroga sulle responsabilità.

“Quello che posso dire e che tutte le linee d’acqua (faglie) sono state evidenziate nel Prg, oltre i torrenti, con adeguate fasce di rispetto e di protezione per garantirne l’intangibilità e l’immodificabilità. Gli studi geologico e idrogeologico preliminari per il Piano regolatore sono stati predisposti dal professore Fabio Lentini dell’Università di Catania, autore anche della carta geologica dell’intera Provincia di Messina”.

Però i problemi non sono stati evitati.

“Purtroppo. E c’è di più: qualcuno insiste, ancora oggi, per aumentare il carico urbanistico in qualche zona collinare (Contrada Sant’Antonino) e alla foce del Torrente Itria (zona Caldà) già devastata da densi insediamenti stagionali (villette) e con un ulteriore piano di lottizzazione che il Piano regolatore non ha voluto recepire. Non è estraneo alla vicenda dell’alluvione il fatto che il confinante Comune di Milazzo non è dotato né riesce a dotarsi di uno strumento urbanistico adeguato ai rischi della città e del territorio”.

Redazione

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