Dagli studi sui potenziali effetti del Muos all’inserimento nella short list dei candidati al Nobel per la Fisica. È capitato a Massimo Zucchetti, 54enne professore del Politecnico di Torino che nelle scorse settimane è stato selezionato all’interno della rosa di quindici nomi da cui sarebbero, da lì a poco, venuti fuori i nomi dei vincitori: il giapponese Takaaki Kajitadel e il canadese Arthur B. McDonald, premiati per gli studi sulla metamorfosi dei neutrini. Di fusione nucleare a deuterio-elio3, invece, si è occupato Zucchetti. Che ha confermato la nomination. Obiettivo del suo lavoro è studiare le condizioni affinché, a differenza della fissione e della fusione nucleare standard, il processo eviti lo sviluppo di scorie e radioattività.
In parole più semplici, quello dello studioso piemontese sarebbe una sorta di reattore green, capace di limitare al minimo l’impatto ambientale: «Per quanto riguarda i rifiuti radioattivi, la clearance (cioè, la declassificazione dei materiali a non radioattivi) di tutti i componenti del reattore – si legge in una relazione -, dopo un sufficiente periodo di decadimento intermedio, dovrebbe essere l’obiettivo finale di un reattore ambientalmente accettabile». Salvaguardia da cui deriverebbe anche una maggiore sicurezza per le persone.
Come funziona l’iter che porta alla candidatura? Il percorso di selezione parte un anno prima. A settembre il comitato del Nobel invia un form a 3mila docenti universitari in tutto il mondo che possono indicare un nome. A febbraio scade il termine per inviare le comunicazioni e il comitato riduce la rosa a 250-350 candidati. Tra marzo e maggio questi vengono sottoposti a una commissione di esperti. Tra giugno e agosto il comitato redige il suo report sulle ricerche dei possibili premiati e a settembre sottopone una short list ai membri dell’Accademia del Nobel. A ottobre viene annunciato il vincitore che sarà premiato a dicembre. Per sapere quale è stata la valutazione da parte della giuria del premio sul lavoro di Zucchetti bisognerà attendere non poco. Il regolamento prevede, infatti, che i verbali siano secretati per cinquant’anni.
Le ricerche di Zucchetti – che si sono sviluppate presso il Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston, dove lo studioso vanta le posizioni di reserach affiliate e visiting scientist -, non hanno nulla a che vedere con il sistema di antenne satellitari di Niscemi. Il nome del fisico piemontese è comunque legato alla lotta contro il Muos, essendo stato consulente del Comune di Niscemi e uno dei periti nominati dalla Regione Sicilia per far parte della commissione, a guida Istituto superiore di sanità, che doveva valutare i rischi dell’impianto.
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