«Quanta emozione quando qualcuno oggi mi mostra gli astucci di mio nonno di più di cent’anni fa. Che cosa bellissima». La gioielleria Sauro a Gangi da 130 anni è un marchio di garanzia. Un pezzo di storia non solo della borgata ma dell’intero circondario. Un nome forgiato nella fatica e nei sacrifici, e che si tramanda da quattro generazioni. «La mia famiglia ha sempre fatto questo», racconta oggi Santo Sauro, che ha imparato il mestiere dal papà e dal nonno, che non erano solo commercianti ma anche artigiani orafi. A dargli una mano c’è oggi anche uno dei suoi figli, che in futuro a sua volta porterà avanti la preziosa tradizione di famiglia. Ma qual è il futuro da lasciare alle generazioni più giovani, di fronte a un territorio che si va spopolando sempre di più? Se la gente va via, se le strade sono impercorribili, se la sanità non funziona, se non ci sono investimenti né le condizioni per farli, se le saracinesche dei negozi continuano ad andare inesorabilmente giù, qual è esattamente il futuro a cui dovrebbe guardare un marchio, seppur storico, nell’ottica di proseguire la propria tradizione?
«La mia attività funziona ancora oggi e ho intenzione di continuare per molto altro tempo – rassicura Sauro -, ma continuando così non posso non chiedermi che scenario si troverà a dover fronteggiare invece mio figlio, che verrà dopo di me». Già costretto a trasferire l’originaria sede del centro storico per via dell’incalzante desertificazione, i suoi dubbi paiono oggi più che legittimi. «I clienti avevano persino difficoltà ad arrivare – racconta -. Eppure un tempo proprio in centro c’erano più di cento attività, dal punto di vista commerciale quella era una zona che funzionava moltissimo». Fino al giorno in cui non s’è svuotata quasi del tutto. C’è questo e tanto altro alla base dell’impegno di Sauro e di molti altri commercianti dei territori madoniti che, insieme alle realtà del territorio, dai comitati alle associazioni, si stanno spendendo per sollecitare il governo regionale a legiferare a favore di una fiscalità di sviluppo dedicata alle aree interne dell’Isola.
Guardando all’oggi ma, ancora di più, al futuro e a ciò che si dovrà lasciare a chi verrà dopo di noi. «Più tempo passa, più la situazione in questi territori si aggrava – insiste Sauro -. La popolazione diminuisce sempre di più, le giovani famiglie se ne vanno, e loro sono quelle che poi non tornano più. Io problemi non ne ho avuto, io sono ancora in attività e voglio continuare, ma dopo 130 anni mi chiedo come proseguirà mio figlio. In che direzione stiamo andando?», è la domanda che lo tormenta. A fargli compagnia c’è anche il comitato regionale per le cosiddette Zone franche montane, impegnato nell’opera di sensibilizzazione rivolta al governo regionale. «L’obiettivo è l’attrazione di iniziative imprenditoriali che fungano da volano sociale ed economico – spiegano dal comitato -. Il marketing territoriale è rivolto ovviamente anche ai non siciliani che intendano trasferire la sede legale ed operativa della propria attività imprenditoriale».
Le idee non mancano, e tante sono quelle che arrivano proprio da chi quei territori li vive da una vita. «Le Zfm in tal senso devono costituire l’ennesima occasione per emanare norme rispettose dello Statuto siciliano, nel passato ignorato con i risultati palesemente visibili», precisa con una punta di amarezza Vincenzo Lapunzina, che del comitato è il coordinatore nonché uno dei fondatori. Ma che significa fare rispettare lo statuto siciliano? E soprattutto in che modo? «Con una legge-obiettivo – spiega il professore Riccardo Compagnino, esperto di finanza pubblica -, che si prefigge uno scopo: quello di sollecitare in maniera fattiva l’interesse della politica siciliana nei confronti delle zone interne, che stanno subendo un lento e inesorabile processo di spopolamento e conseguentemente di impoverimento economico e sociale». Quindi il primo obiettivo è quello di riaccendere i riflettori su queste zone. Riflettore che viene acceso «sperando di attivare una nuova politica economica in Sicilia in tema di fiscalità vantaggiosa».
Nel senso che tutti gli insediamenti produttivi nelle zone montane beneficerebbero di agevolazioni fiscali e previdenziali. Ma «non è solo questo tipo di incentivo la leva per il marketing territoriale – spiega ancora il professore Compagnino -, chiaramente ci possono essere tante altre componenti, dalla viabilità al funzionamento della pubblica amministrazione. Ma in qualche modo si deve di certo iniziare». Perché non farlo partendo da una possibilità coerente con quanto già previsto proprio dal nostro statuto, che assegna alla Sicilia titolarità piena di imposte dirette e indirette? «Si potrebbero quindi attuare, magari per alcuni periodi, delle misure di favore sperando che queste possano attrarre gli imprenditori». A differenza da una ordinaria che impone di curare innanzitutto la copertura finanziaria, una legge-obiettivo è «esclusivamente una proposizione politica per dimostrare che vi è attenzione a un problema, individuando nel corpo della stessa quelle che possono essere le soluzioni finanziarie», per dirla ancora con Compagnino.
«Nel momento in cui la Regione definirà finalmente i suoi rapporti finanziari con lo Stato, sono passati appena 73 anni, e la Sicilia vedrà rispettato il proprio statuto, solo allora ci saranno le risorse finanziarie. E non solo per le Zone franche montane, ma per tutta la Sicilia – spiega ancora -. Entro un anno questo rapporto si deve però definire, altrimenti non ci potrà mai essere nessuna risorsa, se non qualche somma tampone che non risolverà il problema. È ovvio che si tratta di un disegno finanziario subordinato alla definizione dei rapporti finanziari Stato-Regione, se non si definiscono questi rapporti questa legge non potrà essere applicata. Chi pone degli impedimenti a questa iniziativa – aggiunge alla fine – fa una scelta chiarissima, quella di non credere nel territorio. Non serve essere grandi statisti o politici per capirlo. Significa credere che questi territori siciliani interni vadano bene così».
La direzione da intraprendere, secondo residenti ed esperti, insomma, può essere una e una sola: quella di perimetrare e istituire le cosiddette Zone franche montane, puntando ad arginarne la drammatica desertificazione. Le carte, fatte di considerazioni, pareri e importanti osservazioni come quelle chiarite dallo stesso professore Compagnino, sono ormai da oltre 1600 giorni nelle mani della Regione. «Noi qua stiamo morendo – torna a dire anche Lapunzina -. Chiediamo da mesi, sia a Musumeci che a Micciché, di essere ascoltati, ma ancora non è stata ricevuta nessuna delle organizzazioni. Non ci resta che aspettare, noi non ci fermiamo finché non si farà la legge-obiettivo».
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