Zen, rapina al parroco: il quartiere tra silenzio e sofferenza  «Non ne so nulla», «È grave, speriamo sia un caso isolato»

La chiesa di San Filippo Neri allo Zen non aprirà fino alle 18. Ieri un «fatto grave» è accaduto qui. Non solo i quattro malviventi hanno colpito alla testa e rapinato il parroco Miguel Pertini, nipote dell’ex presidente della Repubblica ma prima di sorprenderlo – pare – mentre dormiva, sono entrati in chiesa, dove avrebbero preso il tabernacolo con i calici e le ostie per l’eucarestia. Condotto al pronto soccorso, il prelato è stato dimesso dopo la medicazione. Un gesto subito condannato dai vertici delle istituzioni locali, sindaco in testa. Stamattina nel quartiere c’è stato anche un blitz della polizia: trovate armi, munizioni e droga.

Chi prova a parlare con don Pertini si trova stamattina la strada sbarrata. E anche quando si apre la porta della chiesa, chi sta dietro, accortosi della presenza di alcuni giornalisti, ha chiuso e rimandato tutto «alla messa delle 18». La realtà del quartiere è complessa e sono vari i motivi che possono generare il rifiuto a dialogare con i media. Solo oggi il questore Longo ha detto che a Palermo, sebbene i reati in generale siano in calo, nel 2016 sono aumentate le rapine. Molte di queste, ha detto ancora il questore «sono commesse per fame».

Alla fermata dell’autobus, accanto alla chiesa, una signora anziana e una ragazzina commentano l’accaduto: «Lo abbiamo saputo ieri sera, dispiace che sia successo tutto questo, ma il prete è ancora in ospedale?», chiede la donna. La piccola invece, che fa catechismo con il parroco, dice che con lui si trova bene: «Mi chiama principessa».  Due ragazzi seduti più in là, a terra, invece non hanno idea di cosa sia successo: «Non ne so niente», commentano. 

«Sicuramente è un gesto molto grave – dice Mariangela Di Gangi del laboratorio Zen Insieme – non è né consueto, né una cosa che può passare inosservata anche se non saprei come inquadrarla nell’ambito di una lettura più complessa, perché forse non c’è una lettura più complessa. Mi auguro che sia solo un episodio isolato. È molto preoccupante». 

Stefania Brusca

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