Previsioni confermate, fumata bianca e cambio negli assessorati regionali all’Agricoltura e alle Autonomie locali. Escono, dopo essersi dimessi nel pomeriggio di ieri, Edy Bandiera e Bernadette Grasso (unica donna nella squadra di governo che adesso è tutta al maschile) ed entrano, in attesa del giuramento, Toni Scilla e Marco Zambuto. Un mini rimpasto nella giunta del presidente Nello Musumeci con risvolti evidenti anche in Forza Italia, partito a cui fanno riferimento, in maniera più o meno netta, tutti e quattro i nomi. La fase due segna l’avanzata degli uomini del coordinatore regionale degli azzurri, e presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè. Quest’ultimo, ad aprile 2018, aveva designato Scilla coordinatore del partito a Trapani oltre ad averlo avuto nelle liste di Grande Sud alle Regionali del 2012. Tornata in cui Miccichè decise di candidarsi a governatore spaccando il centrodestra e spianando la strada alla vittoria di Rosario Crocetta.
A dare la benedizione per la nomina di Zambuto, avvocato e sindaco di Agrigento per due mandati – dal 2007 al 2014 – ma perdente alle ultime Amministrative, nonostante l’appoggio del centrodestra, è stata la deputata locale Giusy Savarino, esponente del movimento Diventerà Bellissima e fedelissima del presidente Musumeci. L’ex primo cittadino, genero dell’ex assessore regionale della Democrazia cristiana Angelo La Russa, adesso è tornato nel centrodestra ma in passato è stato segretario regionale dell’Udc di Totò Cuffaro. L’amore per lo scudo crociato finì nel 2007, quando Zambuto passò al centrosinistra per tornare sindaco di Agrigento. Erano i tempi dei Democratici di sinistra e dell’Udeur di Clemente Mastella.
Pochi mesi e l’allora giovane sindaco si accasò con il Popolo delle libertà con un’operazione degna del miglior trasformismo. L’amore politico con Silvio Berlusconi e Angelino Alfano durò qualche anno fino a quando, «deluso per le mancate risposte», decise di fare i bagagli e bussare alla porta dell’Udc di Pierferdinando Casini. I salti politici, però, non si fermano. Nel 2013, il nuovo assessore all’Autonomia locale passa con Matteo Renzi e il Partito democratico dei rottamatori. Zambuto viene eletto presidente dell’assemblea regionale Dem e, nel 2014, si candida al Parlamento europeo, senza però essere eletto. Il resto della carriera politica rimanda alle ultime amministrative di Agrigento, in cui l’ex sindaco torna alla carica con Forza Italia, il centrodestra unito e il sostegno del governatore Nello Musumeci. Il risultato finale è una delusione clamorosa.
Il nuovo assessore all’Agricoltura arriva, invece, da Mazara del Vallo (in provincia di Trapani). Scilla è stato il primo dei non eletti alle Regionali del 2017 in quella provincia. Stesso risultato ottenuto nel 2012. L’ultimo e unico approdo a Palazzo dei Normanni nel 2008 con la lista del Popolo delle Libertà e un pacchetto di poco più di 4000 voti. Nel 2018 è stato nominato capo della segreteria tecnica proprio dell’assessore uscente Bandiera. Il nome di Scilla (non indagato) è finito anche nelle pagine dell’inchiesta antimafia Mafia Bet su alcuni uomini ritenuti vicini al latitante di Cosa nostra Matteo Messina Denaro. La stessa in cui compare, accusato di corruzione elettorale senza l’aggravante mafiosa, il deputato regionale di Forza Italia Stefano Pellegrino. I due politici, secondo gli inquirenti, si sarebbero rivolti a due personaggi locali – Calogero John Luppino e Salvatore Giorgi – ritenuti organici alla mafia locale e particolarmente attivi nel procacciare voti. «Luppino e Giorgi – si legge nelle carte dell’inchiesta – risultano avere condotto la campagna elettorale per l’elezione di Pellegrino all’Assemblea regionale siciliana nel 2017 e in favore di Toni Scilla per la scelta dei componenti del Senato. In entrambi i casi, è risultato dalle indagini che sono stati i candidati a rivolgersi a Luppino e Giorgi, confidando nel largo consenso dagli stessi acquisito in occasione delle precedenti elezioni comunali a Campobello di Mazara attraverso il movimento politico Io amo Campobello».
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