Wimbledon, sotto il segno di Djokovic-Nadal-Federer?

di Roberto Salerno

Tra le solite fragole – 4 dicasi 4 al modico prezzo di 5 sterline – con panna e le interminabili code tra i viali di Church Road, il tempio del tennis ha riaperto le sue sacre porte, le Doerthy Gates, varcate le quali il credente si trova di fronte due tabelloni in verde e viola, i colori ufficiali del rito, con un’interminabile sfilza di nomi. A contarli fanno 500 e sono i giocatori che da ieri alle 14, anche se la messa nei campi secondari inizia un paio d’ore prima, e fino a domenica 8 luglio si sfideranno per contendersi qualcosa che somiglia al Santo Graal e cioè la vittoria nei Championship. Così, senza specificare che si tratta di Wimbledon, perché da queste parti non esiste altro, solo l’erba – che un blasfemo Rios reputò buona solo per far pascolare le vacche – il tea time alle 5 e il completino bianco a cui giocatrici e giocatori sono obbligati ad attenersi.

Il gran sacerdote della prima giornata è stato, noblesse oblige, il vincitore degli scorsi campionati e numero uno del mondo da quel dì, Novak Djokovic. Opposto ad un altro numero uno, di tempi molto andati ahilui, lo spagnolo Juan Carlos Ferrero, il serbo ci è sembrato in più che discreta forma. Ha anche fatto vedere un rovescio tagliato che non gliconoscevamo e che potrebbe essergli molto utile nel suo cammino per difendere il primato in pericolo. Già, perché se il nostro Nole non vince il torneo e ci riesce uno a scelta tra Nadal e l’eterno Federer la pacchia del serbo sarà, almeno momentaneamente, interrotta.

Così quest’anno il torneo rischia di avvitarsi attorno alla trinità Diokovic-Nadal-Federer anche se da queste parti si continua a sospirare – e a scommettere qualcosina – sul ragazzo di casa, Andy Murray. Allenato da Lendl, allo scozzese sembra sempre mancare, come diciamo noi al sud, “il soldo per fare la lira”. Gran talento, secondo forse al solo Federer, strepitosa condizione atletica, lo scozzese dai canini appuntiti sembra che abbia qualcosa che funziona pochino nella testa. Per questo da sei mesi si fa accompagnare da Ivan Lendl un tipo che da queste parti non è mai riuscito a vincere, ma che due finali li ha pur fatte. Finora il sodalizio non è stato granché ma chissà che proprio a Wimbledon le cose non cambino.

Ieri ha fatto una scampagnata anche Federer sul campo numero uno, lasciando solo tre giochi al povero Ramos. Lo svizzero sembra seriamente intenzionato a giocarsi le sue chanches, confidando nel fatto che, pur rallentata, sempre di erba si tratta e non della troppo ostica terra rossa. Oggi ha volteggiato come ai bei tempi, ma l’avversario è stato a dir poco troppo tenero.

Ma il torneo è iniziato col botto. L’eterna promessa Gulbis ha clamorosamente sconfitto Tomas Berdych, uno che aveva fatto finale due anni fa da queste parti sconfiggendo Federer e Djokovic in quarti e semi. In una partita incredibile e, vale la pena sottolinearlo, di rara bellezza, il lettone per una volta alzatosi con il piede giusto ha trovato una delle, purtroppo poche, partite perfette che ogni tanto gli riescono. Ha restituito impavido botta su botta al ceco ed è stato più lucido nei tre tie break. Ma se adesso provate a puntare su di lui nel match contro tal Janowicz, che ieri ha battuto Bolelli, il rischio di perdere i vostri soldi rimangono alti.

Rimandato a domani un commento più esaustivo sulla situazione delle ragazze, vale solo la pena di citare la splendida vittoria della ragazzina Giorgi contro la più esperta Pennetta e rammentare il triste declino della Venere che fu.

Foto tratta da datamanager.it

Roberto Salerno

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