Wil Rothier, un francese tra i tesori di Palermo «La storia non è di nicchia, appartiene a tutti»

«Ho conosciuto una donna ultranovantenne che si è sposata durante la seconda guerra mondiale e che il suo viaggio di nozze lo ha fatto al Politeama. Ho conosciuto anche un signore che era nato proprio dentro a un rifugio, e non uno qualsiasi, ma quello dentro le catacombe di porta d’Ossuna. E ancora una coppia che si è conosciuta dentro al rifugio di piazza Pretoria, una storia d’amore nata là sotto». Non sono solo luoghi e fortini, vecchi avamposti e bunker dimenticati ad alimentare la passione del francese Wil Rothier. Sono, ancora di più, le persone e le loro storie. «Cerchiamo anziani che vogliano raccontarci la loro testimonianza perché sono le piccole storie che fanno la grande storia», racconta a MeridioNews.

Testamenti importantissimi che vanno conservati, custoditi, tramandati. «E anche chi non se la sente di renderli pubblici, dovrebbe quantomeno lasciarli in eredità ai nipoti: oggi bastano un registratore e una fotocamera – spiega – Se non lo fate per la storia fatelo per voi, sarà bello per chi ci sarà dopo sentire queste storie, pezzi di cultura. Sono soprattutto questi racconti che creano passione». Proprio a Wil e al collega Samuel Romeo si deve la riapertura ad aprile 2016 di quel rifugio antiaereo che riposa sotto piazza Pretoria, uno dei luoghi storici di Palermo che più lo hanno colpito e meravigliato. «Siamo sotto palazzo delle Aquile, anzi proprio sotto la fontana Pretoria che è un gioiello assoluto, forse la più bella fontana d’Italia. Si scende in un mondo parallelo a soli tre metri dalla piazza, dove si è fermato il tempo e non si è toccato più niente per più di 75 anni, le tracce rimaste sono quelle dell’epoca», racconta emozionandosi ancora.

«Ricordo benissimo la prima volta che sono sceso lì sotto – continua – Hanno svitato una tavola di legno che copriva l’ingresso del rifugio e siamo scesi sotto facendoci luce con i cellulari, un po’ all’Indiana Jones». Un altro luogo che lo conquista subito si trova sempre sotto quella piazza: «Attraverso una grande botola si arriva a tutto il sistema idraulico della fontana stessa, è un po’ come scendere sotto la gonna di una regina di 500 anni, sembra tutto bello ma poi scopriamo le vecchie mutande che indossa – scherza – È strafigo e affascinante, perché vedi un sistema molto grezzo che non corrisponde a quello che della fontana si vede in superficie, simbolo di eleganza». Impossibile calcolare la durata di una visita, molto dipende dai visitatori stessi perché spesso ci sono dei testimoni diretti che intrattengono tutti raccontando storie e aneddoti personali.

«Ho conosciuto di recente il nonno di un mio amico che è stato per sette anni prigioniero in Australia. Ho conosciuto anche quello che ormai è diventato un amico per me, un tenente colonnello che è stato anche lui prigioniero, ma in Germania: era di stanza in Grecia, aveva solo 19 anni. Dopo l’armistizio dell’8 settembre è salito insieme ai suoi uomini su un treno con la convizione che sarebbe tornato in Italia, salvo arrivare in stazione e notare scritte e cartelli tutti in tedesco: scopriranno in breve tempo di essere diventati dei prigionieri in terra austriaca». A muoverlo è una passione grandissima per la storia e soprattutto per la seconda guerra mondiale, che matura sui banchi di scuola. Disdegna però le solite chiavi di letture, tipiche di sussidiari e manuali. Lui cerca dettagli, particolari, riesuma storie dimenticate, «e Palermo di storie è ricchissima».

Una passione che non ha freni e che lo porta adesso a sposare nuove idee e progetti. Come quella di rivalutare, insieme a un gruppo di architetti palermitani, le enormi cisterne che si trovano alla Favorita: «Sono circa dodici o tredici, furono costruite dall’architetto dell’epoca Pier Luigi Nervi – spiega – Ci piacerebbe poi realizzare un Museo internazionale della seconda guerra mondiale, coinvolgendo anche le altre nazioni economicamente e col materiale espositivo. Palermo è la prima grande città liberata dal nazifascismo in Europa e non abbiamo niente». Sempre alla Favorita c’è anche un poligono risalente al secondo conflitto completamente abbandonato: «All’interno ci sono tutti i nomi dei soldati tedeschi, italiani e americani che hanno firmato il muro sottostante – racconta ancora – Sono idee ancora in fase preliminare. Per adesso stiamo approfittando dell’estate per fare dei giri in montagna alla scoperta di fortini perduti, sono un po’ da tutte le parti, uno per esempio si trova a Monte Pellegrino vicino al santuario di Santa Rosalia».

Silvia Buffa

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