Walter, uno scrittore di strada in via Etnea «Sul marciapiede per scoprire nuove storie»

Per uno scrittore di strada l’orizzonte di ispirazione sono le arterie pulsanti di una città, il suo scrittoio il marciapiede. È il ritratto di Walter Lazzarin e della professione che ha inventato per sé per i prossimi mesi. Ha deciso, lo scorso 11 ottobre, di percorrere l’Italia e – dopo due mesi e mezzo a Roma e un ritiro natalizio nel paese natale, Rovigo – è giunto a Catania, prima tappa del suo viaggio, dove rimarrà per due settimane. Ha scelto come suo studio pubblico lo spazio tra piazza Duomo e piazza Università (anche se intende sperimentare altre postazioni), dove ha allestito il suo telo, la macchina da scrivere che poggia sul trolley, e a fianco un lettore ebook. Scrive tautogrammi: brevi e sagaci componimenti, usati la prima volta da un monaco domenicano nel XVII secolo e felicemente riproposti da Umberto Eco nel suo Povero Pinocchio, dove tutte le parole cominciano con la stessa lettera. Dal suo angolo della strada Walter incrocia lo sguardo dei passanti, li saluta e cerca la loro complicità, si inserisce cordialmente tra un gesto e un altro della loro giornata, spiegando il suo lavoro e regalando i tautogrammi scritti sul momento.

«Insegnavo da quattro anni Storia e filosofia in un istituto privato di Rovigo – racconta – quando inizio a maturare, nell’autunno del 2014, l’idea di promuovere i miei libri per le strade d’Italia: volevo provare a guardare la realtà e la società con una diversa prospettiva, instaurare con le persone e coi miei lettori un rapporto nuovo, spontaneo e reale. Il dovere di uno scrittore di strada è quello di restare in un posto il più a lungo possibile, conoscerne le persone, i posti e i gli umori. Quando l’ho detto ai miei cari mi hanno risposto in modo molto diverso. Il commento di mia madre era “Non stare a pensarci, o lo fai o non lo fai”. Mentre i miei amici si dividevano in alcuni entusiasti e altri che mi dicevano “Sei fuori di testa”». Dopo aver pubblicato Il drago non si droga (edito da Red fox) ha scelto di lanciare l’idea della promozione on the road tramite Facebook. Dopo i commenti ricevuti, non poteva più tirarsi indietro. 

Lo scrittore 33enne rintraccia nella sua vita le tappe che lo portato a questa decisione, e la genesi della sua scrittura: «Ho iniziato a scrivere durante l’ultimo anno di Economia, giusto dopo aver superato l’esame di diritto commerciale, col mio primo racconto ispirato allo stile di Edgar Allan Poe. In prossimità della laurea mi sono sentito sul baratro. Ho cominciato a chiedermi: cosa ci farò io chiuso in ufficio, a fare un lavoro come quello dell’impiegato?», racconta. Così, dopo la triennale, è partito per Inghilterra, Irlanda e Grecia. «Tornato dal viaggio sentivo di aver voglia di conoscenza, di strumenti necessari alla mia scrittura, così mi sono laureato in Filosofia nel 2011». Per Walter quello è anche l’anno in cui si classifica al primo posto nel concorso per scrittori indetto da Repubblica col Comune di Genova. E l’anno del primo romanzo: A volte un bacio (Il Foglio). Seguono la prima fiera letteraria a Pisa, la collaborazione col blog La luna e il drago, e i primi tautogrammi che l’autore raccoglie poi nella sua seconda pubblicazione 21 lettere d’amore, nel 2012. 

Nel curriculum dello scrittore c’è anche una lunga collaborazione come editor, figura professionale che corregge e accompagna un autore nella stesura di un’opera. «Essere editor e scrittore al tempo stesso mi rende molto pignolo nella mia stesura. La prima di ogni opera la realizzo sempre a matita e questo mi permette di fare la prima operazione di editing-correzione sul mio testo». Fa poi riferimento alle sue influenze letterarie: «Mi rispecchio nella scrittura scientifica di Italo Calvino. Il mio ultimo libro risente fortemente delle serie tv e di Stephen King. Il drago non si droga racconta di un bambino di otto anni che, fuggendo di casa e andando al parco, incontra per caso, tra i tossicodipendenti, il padre mai conosciuto col quale decide di partire per un weekend».

«Sono piccoli conflitti di interpretazione che fanno andare avanti le storie», sostiene. E la sua posizione narrativa rispecchia, in qualche modo, la sua posizione rispetto alla vita. A partire dal marciapiede che è il suo punto di osservazione, umile e privilegiato al tempo stesso, condiviso con elemosinanti e artisti di strada. Da lì instaura un dialogo con la città, intrecciando conversazioni coi suoi abitanti, stimolando la loro curiosità, e tentando di comprendere Catania attraverso la percezione di chi la vive ogni giorno. «Sto ancora facendomi un’idea della città. A Roma non ho mai avvertito di essere visto come mendicante; invece qui a Catania, finora, quasi tutti non rispondono al saluto e si fermano solo quando comincia a formarsi un numero di curiosi attorno a me», spiega. Ma questo non lo ferma. «Voglio girare l’Italia anche per questo, per osservare le diverse reazioni al mio lavoro». E le tappe previste nell’itinerario, al termine delle due settimane di soggiorno a Catania, prevedono in sequenza Reggio Calabria, Cosenza, Matera, Bari, Napoli e – dopo un breve rientro a Rovigo – Firenze, Torino e Milano.

Livio Cavaleri

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