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di Cettina Vivirito

Considerando che la caratteristica più evidente del popolo pattese sia lo smisurato orgoglio, e considerando particolarmente che questo termine, che contiene in sé un significato ambivalente: superbia o fierezza, siano entrambi nell’accezione propria fortemente presenti sul territorio (e qui si potrebbe fare una lunga digressione antropologica), l’Operazione Fake, per tutti i pattesi, Fieri da un lato e Superbi dall’altro, è stata un disastro.

A riassumere l’intera Operazione, scattata quasi un anno fa, (e per la quale facciamo riferimento ad articoli precedenti) con gli opportuni aggiornamenti, basti la conferenza stampa del Capo della Procura presso il Tribunale di Patti, la dottoressa Rosa Raffa dello scorso 7 marzo (video youtube di Incamminoweb):

“(…) Nell’ambito dell’operazione di Polizia denominata “FAKE”, personale del Commissariato di P.S. di Patti, unitamente a personale della Squadra Mobile di Messina e della Sezione di P.G. della Procura di Patti, ha eseguito 12 misure cautelari, di cui 7 arresti domiciliari e 5 obblighi e divieti di dimora, emesse dal G.I.P. presso il Tribunale di Patti dr. Onofrio Laudadio, su richiesta del Procuratore Capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Patti, dr.ssa Rosa Raffa e del Sostituto Procuratore, dr.ssa Rosanna Casabona”.

“(…) Le indagini, che sono state eseguite con dedizione particolare (…) e con acquisizione di numerosissima documentazione, ci hanno consentito di tracciare uno spaccato criminoso di un’attività, anzi di due settori fondamentali per lo sviluppo democratico della vita sociale, di quel patto sociale di convivenza tra i cittadini e cioè, il settore della determinazione del consenso elettorale e il settore della formazione. Come vedete, seppure due versanti completamente diversi, sono entrambi due settori fondamentali per lo sviluppo democratico e per la maturazione, per la formazione del cittadino che aspira ad acquisire competenze sempre più qualificate per inserirsi in un mondo che sempre con maggiori difficoltà offre lavoro. La struttura dell’indagine è assai complessa, si articola su una struttura associativa, con ciò intendendo a delinquere – di soggetti il cui programma criminoso era quello di interferire sulla determinazione del voto – il riferimento è alle elezioni amministrative del maggio del 2011- e questo obiettivo di captare consenso è stato perseguito con due metodologie fondamentali: la falsa migrazione nel Comune di Patti da parte di Comuni limitrofi (soprattutto Montagnareale e Oliveri) e la captazione ora con promesse di favori, ora con regalie, ora con la minaccia, del voto”.

“Nell’ambito dell’attività tecnica si è snocciolato poi, poiché alcuni dei soggetti coinvolti nell’associazione e nell’attività criminosa di falso e di voto di scambio, per sintetizzare con un’accezione purtroppo diffusa, anzi è stato accertato che alcuni di questi soggetti svolgevano anche attività di formazione, faccio riferimento al Consorzio Sociale Insieme e all’accaparramento di fondi regionali per la gestione di corsi che, nella fase della organizzazione della gestione e della frequentazione a scalare in tutta l’architettura dell’attività di formazione, è risultato essere falso”.

“(…). Vi rendete conto dell’attualità delle emergenze, attuali alla data della richiesta di misura cautelare giugno 2012, attuali ancora oggi, marzo 2013 – E l’impostazione accusatoria quanto allo schema associativo, quanto ai reati fine falsi in relazione al trasferimento di residenza, voto di scambio nelle due accezioni che vi ho detto, con persuasione e regalie, promesse di favori e minacce, e invece il filone estraneo all’associazione che prevede le truffe aggravate nei confronti dell’Assessorato Regionale alla Formazione e la commissione di reati nell’antifalso nell’ambito di questa attività, è stata pienamente condivisa dal giudice, e devo dire che aldilà di una sola posizione su cui non sono state ravvisate necessità di giudizi di colpevolezza, e di due posizioni su cui la verità indiziaria è stata ritenuta fattibile, ma non sono state ritenute sussistenti le esigenze di misure cautelari … Rimane sospesa la posizione di tre indagati per i quali è stata chiesta la misura intermittiva trattandosi di funzionari, e, secondo codice, il giudice si è riservato doverlo acquisire prima di decidere e in merito alla misura, dovere esperire l’interrogatorio”.

Poi la domanda. l’indagine si può considerare conclusa?

“Direi di no – risponde il procuratore – l’indagine è finita quando si formula l’avviso di conclusioni indagini, anzi forse anche dopo, perché anche dopo possono essere suggeriti (…) ulteriori approfondimenti, quindi direi di no. Certo, il materiale raccolto allo stato attuale e lo stato attuale delle nostre attività indiziarie, e cioè tutto quello che è necessario per sostenere non solo la misura cautelare ma anche l’accusa, è abbastanza consistente, questo mi sento di dirlo.”

Le parole del Procuratore sembrano avere ragione di esistere; è notizia del 13 maggio scorso, dal tuonante titolo “REVOCATI I DOMICILIARI ALL’EX VICE SINDACO”, che il Gip del Tribunale di Patti, il presidente Armando Lanza Volpe, abbia disposto la revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti dell’ex vice sindaco di Patti Francesco Gullo, 72 anni, arrestato lo scorso 7 marzo dalla polizia locale; il giudice, nell’accogliere la richiesta dei difensori di Gullo, ha voluto disporre per l’ex amministratore l’obbligo di dimora nel vicino Comune di Gioiosa Marea. Ma è notizia di qualche giorno fa, con altrettanto tuonante titolo “GULLO DOVEVA RITORNARE AI DOMICILIARI”, poiché “aveva riallacciato i contatti con alcuni dei soggetti indagati nel medesimo procedimento, violando, di fatto, gli obblighi imposti”.

Come dire recidivo. Una virata che ha stupito e destato clamore. Si aveva l’impressione che il ricorso presentato dal Procuratore Capo, avverso il provvedimento di revoca dei domiciliari del Gip pattese, difficilmente sarebbe stato accolto. Qualche giorno fa, invece, come un fulmine a ciel sereno, la notizia e il nuovo provvedimento cautelare.

Sempre il Gip ha revocato la misura restrittiva degli arresti domiciliari nei confronti di Giuseppe Panzalorto, l’ispettore della polizia municipale di Patti arrestato lo scorso 7 marzo perché coinvolto nella stessa operazione; il giudice ha modificato il provvedimento cautelare degli arresti domiciliari, con una pena meno afflittiva qual è l’obbligo di dimora, per lui nella frazione Braidi del Comune di Montalbano Elicona. Vengono rigettate, invece, le richieste di scarcerazione nei confronti dell’ex vice comandante della polizia municipale Carmelo Lembo e del consigliere comunale Domenico Pontillo, che restano quindi agli arresti domiciliari.

Il 21 marzo scorso, intanto, si è tenuto il primo Consiglio Comunale dopo l’Operazione Fake; alla luce della sospensione dei tre consiglieri comunali (Pontillo, La Macchia e Tripoli) il quorum del Consiglio è di 17: il segretario generale del Comune di Patti, Fabio Battista, ha chiesto chiarimenti alla Regione circa i provvedimenti da adottare. Sembra infatti che secondo una recente norma nazionale, i consiglieri dovrebbero essere temporaneamente sostituiti dai primi dei non eletti nelle rispettive liste.

La presa d’atto della sospensione dei tre consiglieri ha fatto sì che l’operazione Fake fosse all’ordine del giorno, quindi tre interventi, il primo di Achille Fortunato, del Gruppo Misto, e in seguito quello dell’avvocato Giacomo Prizzi, Lista Consumatori per Patti e quello, agguerritissimo, di Antonino Gigante (Lista per Gullo Sindaco) e la risposta del sindaco. Achille Fortunato, con atteggiamento mortificato ha ritenuto che le vicende in questione indeboliscano le istituzioni e il buon nome della città, quindi appellandosi al Sindaco, al presidente del consiglio, ai colleghi consiglieri e alla giunta ha chiesto caldamente che venga tutelata la credibilità della città, del consiglio comunale, del comando dei vigili urbani e degli uffici interessati; considerando piuttosto monito per tutti il triste accadimento, a torto o a ragione, dei fatti, auspicando trasparenza e rispetto dei ruoli e delle regole democratiche affinché si possa ridare fiducia e speranza alla cittadinanza.

L’avvocato Giacomo Prizzi (Lista Consumatori per Patti), dopo avere affermato che non avrebbe voluto intervenire considerando che il profilo penale avrà il suo corso, ha fatto riferimento a commenti su facebook circa una dichiarazione che avrebbe fatto il Sindaco, l’avvocato Mauro Aquino, cioè che le persone perbene, a seguito di questi fatti, sono rimaste fuori dalla competizione elettorale; il sindaco risponde senza negare di averlo detto, ma con una diversa interpretazione, e cioè sostenendo che se chi avesse voluto spendersi per la città, poniamo, per avventura (liste o singoli candidati sono comunque realmente rimasti fuori dal civico consesso per pochissimi voti) non siano stati posti nelle condizioni di non poter dare il proprio contributo; (in poche parole, se non avesse potuto vincere le elezioni, nella legalità, con scarti maggiori e più consiglieri), sottraendosi comunque a una visione manichea della questione, nel senso che i buoni stanno tutti da una parte e dall’altra solo cattivi.

In aula un visibile dissenso. Aquino prosegue sostenendo che emerge semmai con forza, nell’ottica della difesa della città, la necessità di dire che non c’è una città dedita a pratiche illegittime, e che se, e solo quando, verranno accertate responsabilità penali, quelle saranno responsabilità di singoli. Prosegue ancora Prizzi sostenendo infine che, essendo stato egli stesso uno dei primi a fare notare anomalie nello svolgimento delle elezioni, avrebbe trovato giusto che il Sindaco si dimettesse dando luogo a nuove elezioni.

Molto più polemico l’intervento di Giganti Antonino (Lista per Gullo sindaco), che urla il suo dissenso al Sindaco in prima persona:

“La prima cosa che si fa in attesa di giustizia è che si allontana la persona in questione (…) c’è stata un’indagine e ho piena fiducia nella magistratura (…) chi ha torto paga chi ha ragione si farà valere nelle sedi opportune…”. Poi urla ancora più forte che il Sindaco ha il dovere di difendere la città e non il diritto di “alzare” condanne a priori perché… (e qui cambia tono) “Io non sono avvocato (e passa al tu) io arrivo alla fine e solo allora capisco cosa c’è scritto (…) un Sindaco che dice che le elezioni sono state truccate, ma non soltanto adesso sono truccate! Anche in precedenza!” (come se ciò lo giustificasse – abbiamo capito solo che nutre grande risentimento). Ha concluso accusando il Sindaco di essere avvelenato. Dopo il punto Fake, il consiglio ha svolto le sue normali funzioni.

In città, intanto, non si parla d’altro, e i Fieri sono tornati a vivere di contro ai Superbi: capannelli di persone intente a parlare di questa vicenda tra piazza Marconi e Piazzetta Liberty. Esclusa l’ipotesi che a spingere l’inchiesta sia stata una parte politica, riferendosi in questo caso alla coalizione del Sindaco Aquino, si fa riferimento alle dichiarazioni rilasciate nella conferenza stampa dal Procuratore Raffa, la quale ha dichiarato che l’inchiesta è partita da un articolo apparso su internet a firma di Franco Zanghì, nel quale si ironizzava circa un esodo di persone al Comune di Patti, a pochi mesi dalla elezioni; malgrado in quell’articolo non si facesse riferimento ad un preciso gruppo politico, (trattandosi di una vignetta, oltremodo evidente) quello cioè a sostegno del candidato sindaco Luigi Gullo, l’indagine del commissariato di polizia di Patti, portata allora avanti dal sostituto commissario Sandro Raccuia, ha permesso di appurare che oltre a numerosi cambi di residenza di persone vicine per parentela o amicizia a candidati a sostegno del candidato sindaco Luigi Gullo, ve ne fosse uno riferito ad un candidato al Consiglio comunale, che non è stato eletto, che si trovava in una lista a sostegno del candidato Sindaco Mauro Aquino.

L’indagine, comunque, da quanto si è appreso in conferenza stampa, non è ancora conclusa e non si esclude quindi che vi possano essere ulteriori indagati per i medesimi reati; nel frattempo si ascoltano i centocinquanta precedenti che sembrano moltiplicarsi giorno dopo giorno, e fioccano denunce a giornali e giornalisti.

Scrive Rosaria Brancato su TempoStretto:

“(…) La transumanza elettorale pare sia una simpatica usanza molto in voga dalle nostre parti e questo nonostante si tratti di un reato. (…) Dai commenti da bar successivi all’operazione Fake ho scoperto che è un ‘costume’ piuttosto diffuso nei piccoli comuni. A far scattare l’inchiesta è stata la vignetta del collega Franco Zanghì su un sito locale nella quale dipingeva Gullo come un novello Mosè che guidava un intero popolo a spostarsi attraverso il Mar Rosso e il deserto per portarlo in terre più sicure (elettoralmente parlando …). Il problema emerso dall’indagine non è solo il Mosè di turno capace di spostare i residenti grazie alla compiacenza di vigili e impiegati. Il problema sono gli elettori-transumanti, il gregge e le motivazioni che lo spingono a spostarsi. Stiamo parlando di un’elezione comunale, nella quale un cittadino è chiamato a scegliere chi governerà
casa sua per i successivi 5 anni. Ma come fa una persona a vendere il proprio voto in cambio di una pizza, di una bolletta della luce, di banconote da 50 o 200 euro? (…) Ci stimiamo davvero così poco come cittadini? Certo, poi c’è la promessa di un alloggio popolare o della cancellazione di una multa e persino la minaccia di licenziamento o il lavoretto affidato all’impresa… (…) Siamo noi con la nostra compiacenza, il silenzio, l’omertà, la nostra scarsa autostima come cittadini a nutrire questo sistema. Siamo colpevoli esattamente come loro”.

Questa, forse, è la più seria delle riflessioni da fare: perché è stato necessario l’intervento ironico del giornalista, naturalmente votato alla verità, (che forse ha trovato la via per dire senza parole – ma con incisività superiore) e non quello di un cittadino qualunque? Anche qui, in quest’ambito per il quale non ci potranno essere interventi della magistratura, semmai di maturità e coraggio, si potrebbe aprire un lungo paragrafo. Mi torna in mente invece, a proposito di riflessioni, Gesualdo Bufalino e il suo identikit del Siciliano Assoluto: la sua tendenza a surrogare il fare col dire, il profondo pessimismo della volontà. Orgoglio e pudore vissuti come inestricabile nodo. Il caratteristico gusto della comunicazione avara e cifrata (fino all’omertà), in alternativa all’estremismo orale e all’iperbole dei gesti. Quel sentimento impazzito delle proprie ragioni, della giustizia offesa e quello di doversi sentire proprietario della terra e della casa come artificiale prolungamento di se e della propria, sussidiaria, immortalità.

 

 

Redazione

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