Voto di scambio, Pellegrino si difende dalle accuse «Buste della spesa? Sono un avvocato, mai lo farei»

«Mai promesso denaro, né ho mai saputo di queste vicinanze alla mafia». Stefano Pellegrino, il deputato regionale di Forza Italia indagato con l’accusa di avere comprato voti – senza l’aggravante mafiosa – in occasione delle Regionali 2017, dopo avere risposto ai magistrati, decide di parlare anche a MeridioNews. E lo fa sottolineando di non avere letto ancora le carte giudiziarie che lo riguardano. «Ci tengo a sottolinearlo, lo faccio per dare le risposte più genuine possibili».

Nella ricostruzione dell’avvocato marsalese – giunto per la prima volta all’Ars nel 2017, in seguito all’indagine Mare Monstrum che portò alle dimissioni di Girolamo Fazio – i campobellesi Calogero Luppino e Mario Giorgi – entrambi fermati oggi nell’operazione Mafia Bet, con l’accusa di essere imprenditori attivi nel settore delle slot con legami nelle famiglie mafiose del Trapanese nonché interessati alla compravendita di voti – sono semplicemente due soggetti impegnati nella politica locale. «Mi avevano detto che c’era questo movimento, Io amo Campobello, che era radicato e mi è stato proposto di incontrarli – dichiara Pellegrino -. Si è parlato di sostegno politico alle elezioni, ma senza contrattare nulla. Si immagini se da avvocato avrei mai potuto promettere denaro o altro». 

Eppure, leggendo le intercettazioni in mano ai magistrati della Dda di Palermo, sono diversi i passaggi in cui Luppino e Giorgi ragionano sulle azioni messe in atto per raccogliere voti. Specialmente nei ceti popolari, dove sarebbero finite buste della spesa ma anche denaro contante. Nello specifico: generi alimentari prima del voto, cinquanta euro una settimana dopo. «Non c’è stato alcun accordo su un dare e avere. Le intercettazioni? Magari volevano intestarsi la mia vittoria», replica il deputato forzista. Che poi dà la propria versione in merito alla telefonata in cui una donna, sotto Natale, lo ringrazia per avere ricevuto la spesa per poi contattarlo, una seconda volta, a ridosso di capodanno. «Quella signora è la moglie di un mio assistito, che peraltro ha avuto l’assoluzione dall’accusa di omicidio ed è normale mi sia grata – commenta il 60enne -. Per quanto riguarda i generi alimentari, posso dire che sapevo che questa famiglia era seguita già dai servizi sociali e ho solo dato la mia disponibilità alla donna a fare da tramite con Giorgi, perché mi era stato detto che l’uomo ogni tanto faceva queste azioni. Ma qualsiasi donazione – ribadisce Pellegrino – non ha avuto nulla a che vedere con la mia elezione».

Il penalista marsalese, che nell’autunno di due anni fa superò abbondantemente le settemila preferenze e che per i magistrati avrebbe beneficiato dell’impegno di Luppino nel sottrarre voti all’altro candidato forzista Toni Scilla, rigetta anche l’ipotesi per cui dall’interno del carcere l’esponente mafioso Franco Luppino possa avere puntato su di lui. «Mai conosciuto», taglia corto Pellegrino. Mentre sulle parole del capo mandamento Dario Messina, che si sarebbe vantato di avere raccolto per lui 162 voti, il deputato dice: «Dopo le elezioni un collega avvocato mi ha chiesto di condividere la difesa di Messina in un processo per mafia, ma poi ho lasciato l’incarico ad altri per via della mia presenza in commissione Antimafia all’Ars. Prima di allora con Messina non avevo mai avuto a che fare», spiega.

Adesso per il deputato non cambierà nulla. Almeno per quanto riguarda la volontà di continuare l’esperienza all’Ars, dove Pellegrino è presidente della commissione Affari istituzionali e componente della commissione regionale Antimafia. «Dimettermi? Non ho preso in considerazione l’idea – chiarisce Pellegrino -. La magistratura è giusto che chiarisca ogni aspetto, ma io sono sereno». Il proposito non viene scalfito neanche quando gli si fa presente che Luppino e Giorgi vengono ascoltati dai carabinieri mentre discutono della presunta disponibilità di Pellegrino nel cercare di inserire, all’interno degli staff regionali, figure di riferimento dei campobellesi. «Possono avere detto qualsiasi cosa, ma basta guardare negli organigrammi per capire che nessuna nomina di questo tipo è stata fatta», assicura il forzista. Ultima battuta sui colleghi politici e sui possibili nuovi imbarazzi interni alla coalizione che sostiene Nello Musumeci. «Ho sentito più di uno. Il presidente dell’Ars Miccichè si è mostrato vicino. Mentre Fava (che è presidente della commissione Antimafia, ndr) mi ha mandato un messaggio personale in cui ha auspicato la mia estraneità ai fatti. Il governatore? No, lui non l’ho sentito».

Riceviamo e pubblichiamo dai legali di Stefano Pellergino
Con riferimento alle notizie, che in questi giorni si stanno diffondendo, sui giornali e sui social, circa l’asserita giustificazione fornita da parte del deputato Pellegrino, riteniamo doveroso precisare che lo stesso non ha mai affermato, né in sede di interrogatorio né in alcuna intervista, di avere inteso fare beneficienza attraverso la consegna di ‘pacchi di pasta’ o ‘sacchetti della spesa’, né tanto meno di averlo fatto per ottenere in cambio dei voti. Diffidiamo, pertanto, chiunque dal diffondere informazioni e notizie false, tendenziose e distorte sulla vicenda. Tuteleremo, dalle oltraggiose ed infamanti insinuazioni mediatiche, il decoro, l’onorabilità e la rettitudine morale ed etica, professionale e politica, di Stefano Pellegrino, nelle competenti sedi giudiziarie, in cui il garantismo è perseguito come esigenza della giurisdizione e fondamento di vera indipendenza.

Simone Olivelli

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