Posti di lavoro, favori e possibilità di accesso a corsi di laurea a numero chiuso. Sarebbero state queste le promesse avanzate dal gruppo a cui, secondo la Procura di Termini Imerese, faceva capo Salvino Caputo, avvocato, ex deputato regionale ed ex sindaco di Monreale. Coinvolti nell’inchiesta anche i vertici siciliani di Noi con Salvini, partito di cui Caputo è stato coordinatore cittadino. Per Caputo è scattata la misura cautelare degli arresti domiciliari che il Gip ha deciso anche per il fratello Mario e per Benito Vercio, di Termini Imerese. Gli arresti scaturiscono da un’indagine che si è sviluppata nel periodo della campagna elettorale per le elezioni regionali dello scorso novembre 2017, nell’ambito di un sistema che secondo gli inquirenti sarebbe stato pianificato con lo scopo di attirare preferenze elettorali con l’inganno a disoccupati, studenti e impresari. Durante la conferenza stampa di questa mattina, alla presenza del procuratore della Repubblica Ambrogio Cartosio, della sostituta procuratrice Annadomenica Gallucci e del comandante provinciale dei carabinieri di Palermo Antonio Di Stasio, sono stati resi noti i particolari dell’indagine.
L’emissione della misura cautelare, in particolare, riguarda il reato di attentato contro i diritti politici del cittadino anche se l’imputazione per le tre persone fermate potrebbe essere aggravata da ulteriori prove. Come ha evidenziato la sostituta Gallucci, nel corso delle indagini, sono stati accertati almeno 12 episodi che lasciano ipotizzare il reato di voto di scambio. Episodi che si concretizzano nella promessa di posti di lavoro avvalendosi anche di soggetti indicati come grandi elettori. Si tratta di persone che, fin dalle elezioni amministrative di Termini Imerese e dalle elezioni regionali, sarebbero rimaste al fianco di Salvino Caputo e che si sarebbero premurate di contattare una serie di elettori disoccupati, promettendo loro utilità di qualsiasi tipo. Le promesse infatti andavano dalla possibilità di superare un concorso per l’accesso ad alcuni corsi universitari a numero chiuso fino all’elargizione di posti di lavoro in imprese private o uffici pubblici. Ad alcuni disoccupati sono stati promessi impieghi a Termini Imerese. Tra le persone contattate c’è anche chi si è rifiutato di sottomettersi al presunto piano elettorale di Caputo. Alla promessa di essere aiutato nell’iter di apertura di un esercizio commerciale a Monreale, un imprenditore non avrebbe accettato.
Un altro indagato nell’ambito dell’operazione messa a segno questa mattina dai carabinieri del comando provinciale di Palermo è Stefano Vinci per il quale non è stata accettata dal Gip la misura di custodia cautelare. Quest’ultimo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato a conoscenza del piano di Caputo ma non esiste la prova che egli abbia contribuito alla campagna elettorale. Tra gli indagati, come ha lasciato intendere ancora Gallucci, vi sarebbero altre persone legate a Salvino Caputo, tra i quali diversi colleghi di partito. In totale gli indagati sono 20. Tra questi compare il nome di un assessore dell’attuale giunta di Termini Imerese, Loredana Bellavia e di Michele Galeoto, consigliere comunale dello stesso comune. Quest’ultimi sono indagati per voto di scambio. Indagato anche il coordinatore regionale della Lega e neo eletto alla Camera Alessandro Pagano.
Tra i faldoni compare anche il nome di Agostino Rio, dipendente del comune di Termini Imerese, indagato per il reato di voto di scambio. È da alcune vicende che lo vedono protagonista che è partita l’indagine. L’inchiesta è iniziata da un esposto anonimo arrivato nell’aprile 2017 presso la procura della Repubblica di Termini Imerese. La segnalazione riguardava Agostino Rio, addetto alla biblioteca e del museo da cui si assentava con assidua frequenza. Per questo è stato arrestato durante le scorse settimane per il reato di assenteismo. Da un’intercettazione telefonica è poi venuto fuori che l’uomo si stava anche occupando della campagna elettorale per l’elezione del sindaco di Termini Imerese. L’indagine della Procura ha così condotto ad un nuovo filone d’inchiesta che coinvolge Salvino Caputo.
Nel corso di alcune intercettazioni telefoniche sarebbe emerso che Caputo, inizialmente scelto come candidato all’Ars con la lista di Noi con Salvini, fu estromesso dai vertici del partito a causa di una condanna già riportata e in quanto la Commissione Bindi lo aveva considerato «soggetto privo dei requisiti morali per essere candidato». Da quella estromissione arrivò poi la candidatura del fratello Mario. Caputo, istigato da alti personaggi interlocutori, secondo il procuratore della Repubblica Cartosio, avrebbe deciso di utilizzare uno stratagemma, in particolare nel territorio delle Madonie, considerato dalla stessa Procura un inganno per gli elettori. Ecco perché, è questa l’ipotesi accusatoria, Caputo, da Corleone a Termini Imerese aveva affisso manifesti elettorali privi di foto del vero candidato e senza indicazioni del nome. Anzi, avrebbe precisato che il candidato in questione era meglio conosciuto come Salvino quando, in realtà, il nome del candidato è Mario.
Secondo la Procura della Repubblica, la condotta di Salvino Caputo, che sulle Madonie si sarebbe speso in prima persona, integra il reato di inganno agli elettori. Il Gip, pur condividendo in pieno l’impostazione probatoria sul piano delle esigenza cautelari, ha riqualificato il reato in attentato ai diritti politici del cittadino. Il Gip ha anche ritenuto che sussistessero le esigenze cautelari per Salvino Caputo a causa di un precedente penale e poi perché per Caputo potrebbe prefiggersi anche il reato di voto di scambio attuato in maniera sistematica e continua. Una situazione di doverosa applicazione delle norme che impongono l’esigenza dell’applicazione delle misure cautelari.
Aggiornamento ore 15.22:
«L’amministrazione è del tutto estranea ai fatti contestati, riferiti al periodo elettorale. Come per altri casi analoghi, che hanno coinvolto esponenti della sinistra, riteniamo che si debbano evitare gli schiamazzi, attendendo rispettosamente che la magistratura faccia il suo lavoro». Lo dice Francesco Giunta, sindaco di Termini Imerese (Palermo), commentando l’indagine per voto di scambio in cui è indagata anche l’assessore comunale Loredana Bellavia che ha presentato le dimissioni. «Ringrazio Bellavia – prosegue – e le confermo la mia stima personale. Le dimissioni sono la conferma della serietà e del senso delle istituzioni che ci caratterizza. Noi continuiamo a lavorare con l’impegno di sempre e con la serenità di avere la coscienza a posto e di poter contare su una maggioranza consiliare formata da donne e uomini onesti e impegnati nel servizio alla città».
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