Nati per volare. E’ il destino delle “misteriose macchine volanti” che si librano nei cieli. E’ anche il destino degli uomini e delle donne che, per passione e/o per tradizione, hanno scelto il mestiere del “volo”. Lo stesso destino che qualche volta però sa essere crudele strappando al mondo giovani vite. Era la sera del 4 agosto 1982 quando infatti persero la vita il pilota Andrea Serra e l’operatore di volo Salvatore Severino, in seguito all’ammaraggio di un elicottero, Sh-3d, nelle acque antistanti il porticciolo di San Giovanni Li Cuti. Giorno tragico che Maristaeli-Catania (Marina-Stazione-Elicotteri) ha ricordato con rispetto in una giornata storica come il quarantennale della costituzione del Terzo Gruppo Elicotteri. Si costituì a maggio del 1968. Tante le attività svolte fino ad ora «sempre con convinzione e determinazione – ha affermato l’attuale comandante della base, capitano di vascello Tommaso Perillo – tenendo presente che per operare bene occorrono le competenze e la precisione di tutto il personale». Prendendo spunto dalla manifestazione raccontiamo le attività di Maristaeli
Maristaeli, definita “casa madre degli elicotteristi”, da sempre centro addestramento per piloti, operatori di volo e tecnici specialisti, è una base che insegna «con impegno, tenacia e didattica» – ha sottolineato il comandante del terzo gruppo, capitano di fregata Mario Caruso – “l’arte” del volo sui vecchi e nuovi elicotteri agli equipaggi di nuova formazione. Una base che ha festeggiato il quarantennale e la transizione dal vecchio Sh-3d al nuovo elicottero Eh-101. Ma soprattutto una base che ha voluto festeggiare i militari il cui operato aumenta e migliora sempre di più nel tempo. Il riconoscimento è andato a loro. Tra le più operative Maristaeli, cercando di non disperdere risorse, ha lavorato e lavora sempre più per la sua Sicilia oltre che nelle missioni all’estero.
Il personale di Maristaeli mantiene in linea operativa circa una ventina di elicotteri che per versatilità di struttura e con velocità, quando occorre, vengono trasformati adeguatamente da elicotteri per soccorso o per trasporto truppe in elicotteri antincendio, anti-sommergibili, antiterrorismo o antipirateria; si occupa di tenere almeno un elicottero in allerta ventiquattro ore su ventiquattro a cui se ne aggiungono altri in caso di maggiori necessità; fornisce tecnici specialisti, elicotteri e supporto logistico alle navi; si occupa, utilizzando apparecchiature specializzate, del pattugliamento sopra e sotto il mare. Svariate le operazioni di questi ultimi quarant’anni: dal trasporto di organi umani per trapianti urgenti al controllo dell’immigrazione e recupero clandestini; dallo spegnimento di incendi boschivi al soccorso delle popolazioni nei territori alluvionati e in quelli soggetti ad eruzioni vulcaniche o a eventi calamitosi in generale. Insomma i Sea King ovvero re del mare – così sono chiamati gli Sh-3d – e i loro equipaggi sono stati una costante presenza nei cieli non solo siciliani. Da Linosa alla Tunisia; dal Golfo di Taranto a al Golfo Persico; dalla Somalia all’Iraq fino alla recente missione Leonte in Libano.
Secondo il comandante Caruso «le forze armate devono costituire un insieme di capacità facilmente proiettabili ovunque necessario e in grado di affrontare le più disparate situazioni di crisi o di bisogno, con la missione di produrre ed estendere la sicurezza, quale pre-condizione universale per la crescita democratica e lo sviluppo. Occorre però coniugare la componente militare di un’operazione di stabilizzazione con altre, volte alla ricostruzione del tessuto economico, istituzionale e sociale nell’area investita dalla crisi».
«Il nostro operato – ha spiegato Perillo – non è molto conosciuto e proprio per questo abbiamo invitato la società civile, oltre al personale operativo, a quello in pensione (i cosiddetti “ex”), quello in quiescenza e i familiari, e abbiamo allestito una mostra multimediale proprio per far conoscere la nostra opera nei confronti della popolazione e per testimoniare l’attaccamento alle tradizioni. Ma abbiamo voluto anche i familiari di coloro che sono morti in servizio perché anche con il loro ricordo si rafforzano le tradizioni». «Tradizioni ed esperienze – ha aggiunto Caruso – di cui il presente si nutre per costruire un futuro che continui ad essere sempre più degno di nota».
Dall’ottobre 2005, quando ha preso servizio in base, ad oggi quale bilancio si sente di poter fare? E cosa succederà con i nuovi elicotteri? Il comandante Caruso ci risponde: «Il bilancio per quanto riguarda il mio periodo di comando e il terzo gruppo è assolutamente positivo: non abbiamo fatto altro che continuare sulla strada di chi ci aveva preceduto. In più aggiungiamo i trasporti sanitari, due soccorsi in mare importanti, la missione Leonte, il controllo e recupero clandestini a Pantelleria… Le priorità? Controlli sistematici sui mezzi per garantire la massima efficienza per essere sempre pronti a partire. Abbiamo appena ricevuto le nuove macchine, tecnicamente e decisamente avanzate, ma il lavoro sarà lo stesso, solo che i piloti e l’equipaggio verranno coadiuvati dai computer. Proseguirà insomma l’avventura di sempre».
«La cura attenta di ogni dettaglio nell’utilizzare i sistemi di bordo – ha affermato il primo maresciallo Patrizio Romani, ventidue anni di servizio come operatore di volo – contribuisce a migliorare l’efficienza globale della macchina. Necessaria l’esigenza di un continuo aggiornamento per tenere il passo con l’evoluzione tecnologica. L’utilizzo del radar e del sonar per scoprire mezzi di superficie e mezzi subacquei, in estrema sintesi, sono le mansioni del radarista e dell’ecogognometrista, ma si è anche specializzati in tutto ciò che concerne il recupero di un naufrago». Dunque oltre al lavoro tra i più sognati nell’immaginario giovanile, cioè quello dei “piloti”, emergono altre figure, gli operatori di volo e i tecnici specialisti. Un cammino fatto di esperienze, esercitazioni e sperimentazioni. «E poi i molti i riconoscimenti, medaglie e premi, ma niente – ha confessato Caruso – è più gratificante di un grazie per una vita salvata».
«Ricordo ancora – ha raccontato l’operatore di volo Romani – un soccorso a largo di Capo Surevo, circa 15 anni fa, quando salvammo 16 persone. Fu emozionante». La mostra ci ha aiutati ad immaginare certi momenti, i volti infreddoliti e spauriti… Solenne il momento della consegna delle targhe commemorative ai familiari degli uomini che hanno perso la vita mentre facevano il loro dovere. Uno tra tutti il pilota che morì quella sera del 1982. Con l’amarezza per non aver conosciuto il padre, il figlio ha ritirato la targa tra gli applausi di tutti i presenti e le lacrime di chi lo conosceva. «Ci sarebbe potuto essere mio marito su quell’elicottero quella sera al posto di Salvatore» racconta con occhi lucidi la signora Scibilia, moglie di un operatore di volo in pensione. «Lo dico sempre che ai familiari spetta – dice Giuseppe Cavo Dragone, comandante Forze Aeree – un compito pesante: a casa in attesa di una telefonata».
Ma che emozioni prova chi ha scelto questo mestiere? «Sono innamorato – confessa Romani – del mio lavoro, soprattutto quando soccorriamo le persone. E mi accorgo di trasmettere quest’amore anche in famiglia. Io ho due bambini, Isabella che ne è affascinata e Lorenzo che mi dice sempre: “da grande farò il tuo stesso lavoro, papà”». Lea Bottacini, pilota, questo lavoro l’ha scelto quando aveva quattro anni: «Mi sembrava il lavoro più completo; in Marina poi aggiunge all’aria il mare, simboli di libertà. Ho studiato a Merano, in provincia di Bolzano, e poi sono andata in America a fare la scuola di volo». A Maristaeli approdano piloti provenienti dalle scuole americane per un’ulteriore qualificazione. Perché chi si alza in cielo sa di sfidare una legge di natura e ha bisogno dunque di preparasi bene, con impegno e rispetto delle regole che tale consapevolezza impone. Per raggiungere massimi livelli di efficienza, sempre.
«Coloro che si pongono questo obiettivo sappiano che è raggiungibile, l’importante è avere forza di volontà e coraggio. Alle aspiranti pilotesse posso dire che io come donna non ho riscontrato alcun ostacolo». E il comandante Caruso: «Per me è il lavoro più bello del mondo. Quella di volare è sempre stata una passione fin da piccolo. Ho scelto di farlo in Marina perché aggiungeva all’aria la sfida del mare – ha raccontato soddisfatto il comandante, anche lui amante di questo “amico blu” che è il mare –. Non me ne vogliano i miei amici dell’Aeronautica, ma partire e tornare sulla pista di una nave non è come partire e tornare su una pista di aeroporto. Poi volare è il sogno di tutti, partiamo da Icaro… Per chiunque abbia questa passione la Marina continuerà ad essere un punto di riferimento».
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