Vivere a Palermo respirando diossina

“Sto male. Sto andando in ospedale. Non mi sento bene da tre giorni. Soprattutto la mattina. Soprattutto quando dormo con le finestre aperte. Cosa che non posso fare più, perché il fumo non lo consente”.

Claudia Blesi è un po’ nervosa. Ed è anche comprensibile: da tre giorni o giù di lì vive con il fumo – forse con i veleni – di Bellolampo in casa. Possibile? Possibile.

La incontriamo proprio mentre sta per recarsi in ospedale. Due battute raccolte al volo per capire quello che è successo.

“Succede – ci dice – che non ne possiamo più di respirare quest’aria insalubre. Abitiamo in via Michelangelo. Naturalmente a Palermo. Le finestre e i balconi della nostra casa si affacciano dalla parte delle montagne. Monte Cuccio, altri monti e, dietro, ci dovrebbe essere – anzi, purtroppo c’è – la discarica di Bellolampo”.

“Quando questa storia è iniziata, a casa, non ci abbiamo dato molto peso. Vedevamo una nuvola nera. Prima piccola, poi sempre più grande. Eravamo stupiti. Ero stupita. Ma come, mi chiedevo all’inizio, a fine luglio-primi di agosto una nuvola nera che sembrava dovesse arrivare un temporale micidiale?”.

“Poi, però, quella mattina – racconta sempre Claudia Blesi – mi sono accorta che il nuvolone, che cresceva di minuto in minuto,  era solo da una parte, mentre il resto del cielo era terso e c’era il sole. Ho capito che non era un temporale. Ma un incendio. L’ammetto: non ho pensato subito a Bellolampo. Siamo in estate. C’è caldo. Un incendio ci può stare”.

“L’indomani, in tarda mattinata, ho letto sui giornali dell’incendio di Bellolampo. Ho cominciato a collegare. Avevamo dormito con le finestre aperte. Quella mattina mi ero svegliata con il viso arrossato. E con un po’ di raucedine. Lì per lì non ci ho fatto caso. Dopo aver letto l’articolo ho cominciato a capire”.

“Da tre giorni ci tranquillizzano. Ci dicono che l’incendio è stato domato. Noi, però, in questi tre giorni abbiamo vissuto – e continuiamo a vivere – in mezzo al fumo. Abbiamo respirato sostanze velenose? Per esempio, diossina? Non lo so. E’ quello che vorrei capire. So solo, così ci dicono, che le fiamme sono state domate. Anche se in questi giorni il via vai di Canadair è stato continuo. A casa non sappiamo più cosa credere”.

“Da tre giorni viviamo con le finestre sbarrate. Abbiamo cercato pure di tappare le fessure. Che dobbiamo fare? Vuole entrare a casa? Si accomodi pure. Se l’immagina, lei, vivere in una casa con l’odore nauseante di questo fumo? Oggi sto male. Mi gira la testa. Mio marito, per due giorni consecutivi, si è svegliato con il mal di testa. Mi chiedo e chiedo: è normale tutto questo?”.

“Ora la devo salutare – ci dice Claudia Blesi – devo andare in ospedale. Voglio il parere di un medico. Ho chiamato mio marito. Probabilmente mi raggiungerà in ospedale”.

Così vanno le cose a Palermo ie primi giorni di agosto.  

Giulio Ambrosetti

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