Viva Menilicchi, la mappa del colonialismo a Manifesta «Un’eredità che in città viene combattuta e riproposta»

Uno scrittore noto, seppur (parzialmente) ignoto alle masse visto che ricorre all’uso di uno pseudonimo come Wu Ming 2. E un collettivo nato a Palermo nel 2009, Fare Ala, che utilizza molteplici linguaggi espressivi. In mezzo Manifesta, la biennale d’arte contemporanea che quest’anno si tiene proprio nel capoluogo siciliano. È l’incrocio di percorsi e storie che ha permesso la realizzazione di una delle installazioni più interessanti e più discusse, visitabile fino a novembre al teatro Garibaldi. Viva Menilicchi! mette al centro il colonialismo italiano, e traccia le presenze a Palermo del periodo storico che va dall’800 fino ad oggi. Dall’idea di Wu Ming 2, che da anni affronta il tema del periodo coloniale italiano in Africa smontando le narrazioni ufficiali ed edulcorate che vogliono ancora gli “italiani brava gente”, il collettivo palermitano ha realizzato un teaser (breve filmato promozionale), una mappa e una fanzine (pubblicazione non ufficiale destinata a un gruppo specifico di lettori). A partire proprio da Menelik, imperatore d’Etiopia dal 1889 al 1913, figura simbolo del colonialismo italiano, anche in Sicilia.

«Il nostro lavoro fa riferimento alla manifestazione anticoloniale, poco dopo la sconfitta di Adua – racconta Luca Cinquemani, che fa parte del collettivo Fare Ala – dove in piazza socialisti e anarchici inneggiavano a Menelik, contro Crispi e contro il governo coloniale. Nel nostro progetto è forte l’idea di spettralità, è evidentissimo ad esempio nel poster, che è composto da un morphing con le mappe di Asmara e di Palermo. Abbiamo scelto Asmara perché è la capitale della colonia africana più antica, cioè l’Eritrea, e sovrapponendo le due mappe appare, allontanandosi, la faccia di Menelik. C’è quest’idea dunque degli spettri che appaiono, attraverso la toponomastica, nelle mappe». 

L’italianizzazione del nome dell’imperatore d’Etiopia, come il fascismo anche in maniera ridicola imponeva,  è solo l’ultima beffa d’autore. «Molti luoghi di Palermo sono legati al periodo del colonialismo italiano», scrive il collettivo di scrittori nel proprio blog, mostrando di conoscere la città più di coloro che la abitano. «Si va dai nomi delle strade al quartiere che ospitò la Mostra Eritrea del 1892 (con tanto di villaggio abissino ricostruito come zoo umano); dal Giardino Coloniale, inaugurato nel 1913 all’interno dell’Orto Botanico, alla Galleria delle Vittorie (fasciste), con gli affreschi che esaltavano le conquiste africane; c’è la Casa del Mutilato, con la grande lapide che riporta il discorso tenuto da Mussolini per la fondazione dell’Impero e c’è l’ex manicomio della città, che dal 1912 al ’39 ospitò i sudditi coloniali considerati “dementi”. Oggi quello stesso edificio ospita un servizio di protezione per richiedenti asilo minorenni». 

Ed è proprio a partire da questa contraddizione, una delle tante che caratterizzano Palermo, che Wu Ming 2 ha notato nelle visite in città che «quest’ultima coincidenza spalanca la questione dell’eredità coloniale e di tutti gli spazi dove questa viene combattuta o riproposta, messa in crisi o celebrata – scrive il romanziere -. Palermo è ricchissima di associazioni basate sull’accoglienza e il meticciato, impegnate ad abbattere le barriere tra autoctoni e “turchi”, cittadini e stranieri, inquilini e rifugiati. Nel solo quartiere Albergheria si contano il circolo Arci Porco Rosso, l’oratorio Santa Chiara, il gruppo Arte Migrante, la Clinica legale per i diritti umani e il ristorante/coworking MoltiVolti, fondato da 14 amici provenienti da otto paesi diversi. Eppure a poca distanza, nel 2016, di là dal confine col quartiere Kalsa, un uomo legato a famiglie mafiose sparò in testa a Yusupha Susso, un ragazzo del Gambia, dopo avergli ordinato di allontanarsi dal rione».

Al teatro Garibaldi si viene immediatamente colpiti da un’installazione che vede al centro una vecchia tv, dove il collettivo Fare Ala ha realizzato una serie di interviste citofoniche alle persone che abitano proprio negli edifici a ridosso delle strade dove è stata uccisa Loveth, la ragazza nigeriana il cui corpo fu abbandonato nel 2012 accanto ai cassonetti dell’immondizia in via Juvara, e in via Fiume, all’angolo con via Maqueda. Ci sono poi, a mo’ di flash, alcuni luoghi apparentemente neutri e in realtà densi di significati, come la statua di Francesco Crispi nell’omonima piazza. Proprio per via del suo ruolo cruciale nel periodo coloniale visto che, in qualità di capo del governo e a pochi anni dall’Unità d’Italia, riprese una forte politica aggressiva verso l’Eritrea e poi l’Etiopia che gli costò in seguito la caduta.

Il video visibile al teatro è in ogni caso un teaser, di un lavoro più ampio che diventerà un documentario. A essere ulteriormente sviluppata sarà una scena, che nel teaser al Garibaldi è piuttosto breve ma che comunque colpisce: il collettivo fa ascoltare ad alcuni ragazzi africani lo stornello fascista L’abissino vincerai. Con ritornelli apertamente razzisti come “se l’abissino è nero/gli cambierem colore/a colpi di legnate/ohi gli verrà il pallore”. «I ragazzi erano sconvolti – afferma Luca – e si sono mostrati molto interessati al periodo colonialista italiano». Nel teaser c’è poi un altro momento molto forte, un’associazione tra musica e parole: durante lo sparo a Yusupha (immortalato dalle telecamere di videosorveglianza in via Maqueda) in sottofondo si sente proprio lo stornello fascista, «come una connessione tra l’estrema xenofobia fascista e il momento di conflitto tra palermitani e africani». In più c’è anche la fanzine, dove ci sono testi scritti da Wu Ming 2 e Luca Cinquemani. A ottobre poi i punti nella mappa verranno materialmente percorsi attraverso unapasseggiata narrativa, dove lo stesso Wu Ming 2 racconterà di ogni luogo una storia o un dettaglio. A ogni tappa poi il collettivo Fare Ala promette sorprese. 

Andrea Turco

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