Vittoria, gli appetiti della Stidda nello scioglimento per mafia Le relazioni sospette con i Nicosia e i benefici per Moscato

«Abbiamo capito che la dinamica non è mutata». È il 21 settembre 2017, quando nella saletta della procura di Catania di viale XX Settembre, i magistrati della Dda sottolineano che a Vittoria le cose non sono mai cambiate. O perlomeno non negli ultimi undici anni, ovvero il periodo compreso tra le due amministrazioni guidate da Giuseppe Nicosia e il debutto da primo cittadino di Giovanni Moscato. Per gli inquirenti, infatti, quell’arco temporale sarebbe stato segnato da più di un contatto tra criminalità organizzata in particolar modo gli stiddari del clan Dominante-Carbonaro – e politica. Ieri questa ipotesi, che da un punto di vista giudiziario ancora non è stata valutata dai giudici, ha portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del consiglio comunale e la conseguente decadenza dell’intera giunta. 

«Noi non abbiamo avuto nessun contatto con presunti mafiosi, nessun incontro, nessun favore fatto a questa gente», ha specificato Moscato, in una nota in cui, pur dichiarando di rispettare la decisione del Consiglio dei ministri che ha dato seguito alla relazione della commissione prefettizia che ha lavorato sei mesi all’interno di palazzo Iacono, ha lamentato il fatto di «pagare colpe di altri» per fatti che appartengono al passato. Il riferimento va chiaramente a Nicosia e all’accusa che la procura gli ha mosso: voto di scambio politico-mafioso, poi rimodulato in corruzione elettorale. La stessa ipotesi, però, è stata rivolta allo stesso Moscato. Il sindaco infatti è tra gli indagati dell’inchiesta Exit poll, poiché ritenuto beneficiario di un pacchetto di voti in cambio dell’impegno di trovare il modo di riconfermare 60 netturbini, in apprensione per l’imminente scadenza del contratto della Tekra, l’azienda che in quel momento raccoglieva i rifiuti a Vittoria. 

L’accordo, secondo la ricostruzione della Dda, era stato stipulato tra Nicosia – interessato in quella campagna elettorale per via della candidatura a consigliere del fratello Fabio, poi indagato per voto di scambio con la mafia – e gli intermediari della Stidda, per poi essere girato a favore di Moscato al momento del ballottaggio. Tale ricostruzione è stata smontata da entrambi i politici: Nicosia ha sottolineato come la competenza sul personale da assumere spetti sempre alla ditta, parlando anche di un possibile caso di omonimia con un funzionario, mentre Moscato ha difeso la scelta di prorogare l’affidamento alla Tekra nelle prime settimane del proprio mandato per la difficoltà di preparare una gara d’appalto poco dopo l’insediamento. Lo stesso primo cittadino, due giorni dopo gli arresti dei fratelli Nicosia, ha rimandato al mittente l’accusa di una presunta riconoscenza nei confronti del predecessore legata all’ottenimento di incarichi legali in difesa del Comune, mentre è stato derubricato a un malinteso l’intercettazione in cui l’allora candidato sindaco, parlando con un netturbino, dice: «Tu gli puoi dire ai picciotti che in questo momento votare me non è tradire i Nicosia. È solo stare tranquilli con la famiglia punto e basta».

Nell’inchiesta, però, hanno un ruolo anche esponenti di spicco della locale criminalità organizzata. Uno di loro è Giombattista Puccio, conosciuto negli ambienti criminali come Titta ‘u ballerinu, per la sua appartenenza, in periodi diversi, a Cosa nostra e alla Stidda. Re degli imballaggi in cartone – Puccio è stato arrestato a dicembre scorso nell’operazione Ghost trash mentre a giugno è stato destinatario di un provvedimento di sequestro del valore di 45 milioni di euro – si interessa alla campagna elettorale, ricevendo anche la visita di Fabio Nicosia, che gli lascia i propri santini. Altra figura di rilievo che entra in questa storia è quella di Venerando Lauretta, pregiudicato che alla vigilia delle elezioni avrebbe inoltrato una richiesta esplicita ai Nicosia: ordinare lo sgombero di un immobile, un tempo di sua proprietà e poi, successivamente alla confisca, affidato a un’associazione che accoglie i migranti. «Questi neri li devono togliere da là dentro. Voglio solo questo lavoro e basta, cortesemente», dice Lauretta. La moneta di scambio per ottenere il proprio impegno come procacciatore dei voti avrebbe interessato ancora una volta i Nicosia. Tesi ancora una volta smentita dai diretti interessati, che hanno sempre negato di avere sotto banco sostenuto come sindaco Moscato. 

Accuse e difese che si scontreranno molto probabilmente in tribunale, ma che per la commissione prefettizia sono stati sufficienti a dipingere un quadro complessivo eccessivamente fosco. In cui non è possibile affermare che l’attività degli organi elettivi sia immune dalle ingerenze della mafia

Simone Olivelli

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