Un sorpasso in corsa e in pochi secondi la tragedia. Roberto Cona è morto così, sull’ autostrada del Sole la sera del 26 luglio 2014 . Era alla guida della sua auto, una Lancia Thesis (di cui potete vedere i resti nelle fotografie). Con lui c’era sua moglie Marina Fontana e stavano andando in Sicilia, la loro terra, per passare un po’ di giorni in famiglia.
«Eravamo in coda, fermi al chilometro 260, in Toscana, quando un tir a seguito di un sorpasso ci è venuto addosso con violenza. Le auto prima della nostra sono state spostate dall’urto, la nostra è stata colpita in pieno…». Ricorda e lo fa con fatica Marina che ha organizzato una mobilitazione a livello nazionale, per chiedere una data certa per l’istituzione del reato di omicidio stradale. «Vedi lì? – dice indicando nella foto il lato passeggero, completamente schiacciato dalle lamiere – Io sono uscita da lì, mi hanno estratto da lì. Roberto non ce l’ha fatta. Ma io sono viva e questa mia battaglia è per lui e per tutte quelle persone che hanno perso la vita così e ai loro familiari».
Ma quando dice “Così”, il tono di Marina si fa duro: «Così, perché Roberto non è vittima di un incidente, ma vittima di un omicidio. Ed è questo il senso della mia battaglia che non è solo la mia ma di milioni e milioni di persone. Abbiamo cercato dei dati sulle vittime della strada e siamo oltre ai 40 milioni. Solo il 19 per cento degli incidenti stradali è legato all’uso di droga e alcol e continuare a far finta che non ci siano altre cause comportamentali a provocare le morti su strada vuol dire prendersi in giro e prendere in giro tutti noi. Quello che chiediamo è che venga istituito quindi il reato di omicidio stradale che comprende 4 cause: uso di droghe, alcol, distrazione consapevole e alta velocità. Ad oggi si parla solo di “omicidio colposo con violazione delle norme sulla circolazione stradale”, ma qui vanno introdotte modifiche al codice penale quindi e l’introduzione di un nuovo reato».
Distrazione consapevole è un termine “coniato” ad hoc, ci spiega Armando Melodia, il cugino, supporto fondamentale per Marina, spalla e punto di riferimento: «Era necessario trovare una definizione esatta per quello che vogliamo mettere in risalto – dice -. La distrazione consapevole è un fatto e si verifica quando parli al telefono, mandi un messaggio su whatsapp, quando entri su internet dal cellulare guardi il tuo profilo fb o quando guardi un film sul tablet e il tutto mentre stai guidando. Verificare se stavi parlando al telefono al momento dell’incidente, è possibile con i mezzi di oggi, ci sono i tabulati telefonici ed è anche possibile se c’è uno scambio di dati internet e dunque se stavi navigando. E questo vuol dire essere distratti consapevolmente. Vuol dire mettere a rischio la tua vita e quella degli altri e fregartene di questo. Questi comportamenti vanno puniti severamente».
Viene spontaneo chiedersi perché si perda tutto questo tempo nell’approvazione di una nuova legge in tal senso e per l’istituzione di questo reato, visto e considerato che da Matteo Renzi (il premier ha inviato una mail a Marina pochi giorni fa, in cui assicura il suo interessamento, ndr) al Papa (che ha da poco ha perso alcuni familiari in un incidente stradale), pare siano tutti d’accordo sulla necessità di trovare una soluzione e presto.
Perché quindi? Fa forse comodo a qualcuno che non ci sia una legge nuova? Ci sono forse interessi forti che spingono a tenere questa situazione in stallo? Quelli delle assicurazioni forse? Interessi legati ai risarcimenti, alle tabelle di risarcimento? Certo è che l’attuale schema di regolamento predisposto dal Governo in materia di tabella di risarcimento è stato considerato dalle principali associazioni delle vittime degli incidenti stradali «Fortemente lesivo della dignità umana e non rispondente alle esigenze di solidarietà consolatorie, riparatorie e satisfattive del danno da RC auto» e si legge su alcuni siti di informazione giuridica che «Fortemente critica è anche l’Avvocatura che, nella persona del Presidente dell’OUA, sottolinea come il D.P.R. tagli di netto i risarcimenti dei danni alla persona, riducendo anche oltre il 50% quelli spettanti ai macrolesi. Secondo l’organismo di rappresentanza dell’Avvocatura, i «tecnici» del Governo, così facendo, mostrerebbero di schierarsi contro i danneggiati e a favore delle imprese di assicurazione, promulgando un provvedimento illegittimo nella forma e nella sostanza, dal momento che il Governo è comunque decaduto dalla delega conferitagli in materia del Parlamento fin dal 1° gennaio 2009». Per questi motivi sono in itinere delle modifiche. A pensare male spesso ci si azzecca e una riflessione in tal senso forse andrebbe fatta e approfondita.
« Il 21 maggio ci sarà l’udienza a Firenze – aggiunge Marina – e adesso sono pronta ad affrontarla anche fisicamente, seppur non mi sia ripresa completamente. Ho avuto 12 costole fratturate e ci sono danni permanenti che mi rendono difficile muovere la mano ad esempio. Purtroppo andrò a giudizio con l’attuale legge e con sentenze come quella di qualche giorno fa che ha annullato con rinvio la condanna a 21 anni all’imprenditore albanese che ha ucciso i 4 ragazzi Francesi (Ilir Beti, 13 agosto del 2011, ubriaco, imboccò la A26 contromano e la percorse per 30 chilometri per dare dimostrazione di quanto fosse abile alla guida. Il suo Suv travolse e uccise 4 giovani, ndr). Questa sentenza della Cassazione è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso – continua – e che mi ha spinto ad organizzare questa grande mobilitazione che è stata accolta da tantissime persone, familiari di vittime della strada, di vittime di omicidio stradale. Sono in contatto con loro, facciamo rete, perché la battaglia è di tutti noi, ma è anche vostra, anche se non avete perso una persona a voi cara in questo modo, è una battaglia anche vostra e chiediamo quindi il supporto di tutti».
L’appuntamento davanti alle prefetture di tutte le città è alle 17 e tutti sono invitati a portare rose, petali di rose rosse e un cartellone con su scritto #omicidiostradalesubito #datacertaomicidiostradale
«Eravamo sposati da un anno e tre mesi – dice sorridendo – una storia bellissima, iniziata tanti anni prima. Dopo dieci anni insieme ci separammo a seguito del suo trasferimento a Milano per lavoro, ma anche se non stavamo più insieme siamo rimasti sempre in contatto; ci siamo ritrovati anni dopo e non ci siamo più lasciati. Ci siamo sposati il 14 aprile del 2012. Il giorno del nostro primo e unico anniversario, il 14 aprile del 2013, eravamo a Palermo e andammo da padre Mario Golesano, fu lui a sposarci. Lui ci guardò e ci disse «Solo chi ama ha una bella storia da vivere e da raccontare». E poi, a luglio Roberto non c’era più. Sai, ci sono momenti in cui ho pensato di non farcela, di mollare, ma ho deciso di reagire, di elaborare il lutto. E devo ringraziare tutte le persone che ho avuto accanto e che ho ogni giorno accanto. Armando, mio fratello, mia madre che mi ha insegnato ad andare avanti da sola, senza il proprio uomo accanto, sai io e mio fratello siamo rimasti orfani da piccoli; mio padre è morto per un infarto intestinale ma mia madre ci ha cresciuti con forza amore e coraggio e io ho avuto quindi un esempio forte come il suo. La forza la trovo così, portando avanti questa battaglia, perché io sono viva e devo farlo per il mio Roberto. Sai a me piace scrivere, mi dà conforto, lo faccio spesso quando non riesco a parlare. Scrivo la notte soprattutto, quando mi manca tanto Roberto…». Piange Marina, perché era moglie e lo rimarrà per sempre. Sorride Marina, pensando a quel che è stato e che sarà. E non si fermerà finché non avrà vinto questa battaglia.
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