«Io mi auguro che i Centri di permanenza per i rimpatri chiudano grazie ad una legge del parlamento che prenda atto del fallimento di questi centri e finalmente decida di affrontare il fenomeno migratorio in maniera diversa e più umana». Giovanni Annaloro, avvocato e componente del direttivo nazionale dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, ne è ancora più convinto dopo la visita all’ex Cie, oggi Cpr di Pian del Lago a Caltanissetta.
Ieri una delegazione di avvocati e giornalisti hanno accompagnato il senatore Francesco Campanella: lo scopo della visita era verificare le condizioni del centro dopo che sabato scorso (9 dicembre) cinque dei 96 ospiti, grazie ai loro abiti, avrebbero appiccato il fuoco nei tre padiglioni dormitorio, devastandolo. Da allora il centro è vuoto e si aspetta che vengano stanziati dei fondi per ripristinarlo.
A Pian del Lago dal 1 gennaio 2017 al 9 dicembre sono state trattenute 1.857 persone e ne sono state rimpatriate 1.565. La struttura nissena è quella che ha effettuato più rimpatri di tutti gli altri Cpr sul territorio nazionale. A Pian del Lago c’è anche un Cara (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo), che accoglie 453 persone e ne può contenere al massimo 456. La differenza tra i due luoghi confinanti è che in uno i migranti sono reclusi, al Cara possono muoversi liberamente. Dopo la visita di ieri, Campanella ha annunciato che prima che le Camere vengano sciolte presenterà un’interrogazione in Senato: «Alcune cose che ho visto non mi tornano – dice il senatore -, dei fatti risultano strani in questa vicenda. Su questa riflessione, su alcune tempistiche e su alcuni fatti che non mi appaiono chiari presenterò un’interrogazione».
La sensazione è quella di stare in un carcere, le scritte alle pareti sembrano un grido d’aiuto lanciato a futura memoria dai detenuti, le scritte sono spesso in arabo, ma c’è anche chi ha scritto in italiano la parola «libertà». «Dentro i Cpr si vive un paradosso – spiega ancora Annaloro – dentro un carcere penitenziario esiste il codice che regola il funzionamento della struttura e i diritti e i doveri dei carcerati e di chi lavora dentro il carcere. Nei Cpr si va incontro ad una detenzione amministrativa, si finisce dentro un Cpr per i più svariati motivi: ci si finisce perchè si è clandestini, perché si è stati detenuti e dopo la scarcerazione si è perso il diritto di soggiorno, ma manca una regolamentazione interna, questi posti diventano dei non luoghi dove tutto e il contrario di tutto può accadere».
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