Violenza sulle donne, Regione finanzierà le case rifugio «Rette da 62 euro non bastano, ma è un primo passo»

La giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne quest’anno in Sicilia è accompagnata da un’importante novità. Pochi giorni fa, infatti, la Regione ha pubblicato gli schemi di convenzione che regoleranno, per la prima volta nell’Isola, il sostegno economico alle case rifugio. I fondi sono stati introdotti con la legge di stabilità regionale approvata a fine aprile dall’Ars, che prevede l’integrazione della legge del 2012 sulle norme per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere. Nello specifico si dà la possibilità al dipartimento Politiche sociali di siglare accordi con i Comuni che, a loro volta, si rivolgeranno alle case d’accoglienza autorizzate

In ballo c’è poco più di un milione di euro – la somma riguarda l’anno in corso – che servirà a finanziare l’ospitalità riservata alle donne e ai loro figli, nel caso in cui essi siano minori o disabili. La retta giornaliera è stata fissata in 62 euro, anche se i Comuni potranno compartecipare con propri contributi. «Con questa decisione si garantirà a qualsiasi donna di potere contare sui servizi forniti dalle associazioni che gestiscono le case d’accoglienza a indirizzo segreto o le strutture di ospitalità in emergenza», spiega Maria Grazia Patronaggio, presidente di Le Onde, onlus che a Palermo gestisce due strutture. In questi anni, infatti, è spettato alle singole amministrazioni comunali sostenere le spese, stipulando con le associazioni specifiche convenzioni. «Ciò determinava una potenziale disparità di trattamento in base alle condizioni finanziarie in cui versava l’ente locale – prosegue Patronaggio -. Ci sono stati casi, in giro per l’Isola, in cui le associazioni si sono fatte carico dei costi, anticipando le spese e trovando difficoltà a recuperare i fondi che il Comune aveva promesso di stanziare». 

A poter ambire al contributo regionale, che stando alla convenzione verrà girato annualmente ai Comuni, saranno le strutture che rientrano nell’elenco degli iscritti all’albo regionale. Al momento sono 15 e ricadono tutte nella Sicilia centro-occidentale: oltre alle due gestite da Le Onde nel capoluogo, nella provincia palermitana ce n’è una a Termini Imerese; mentre nell’Agrigentino sono sei: tre a Santa Margherita del Belice, due a Favara e una a Casteltermini. Altre due case rifugio a indirizzo segreto si trovano in provincia di Caltanissetta: una nel capoluogo e l’altra a San Cataldo. In provincia di Enna, al momento, ce n’è una sola a Piazza Armerina. Completano l’elenco le due che si trovano a Trapani e quella che ricade nel territorio di Marsala. A esse potrebbero presto aggiungersi, in quanto già autorizzate dalla Regione e in attesa di essere inserite nell’albo degli iscritti, una a Palermo, due a Catania, una a Ragusa, una a Messina e una a Bagheria.

Per ottenere il riconoscimento da parte della Regione, le strutture devono rispettare una serie di requisiti introdotti, nel 2015, da un decreto dell’allora presidente della Regione, Rosario Crocetta. Il provvedimento, che si occupa anche dei centri antivolenza, concedeva tre anni sia agli enti già inseriti nel precedente albo che alle associazioni accreditate nei Comuni. Tra le caratteristiche che un immobile deve avere per ricevere il via libera della Regione c’è la grandezza – superiore ai 150 metri quadrati e inferiore ai 250 -, l’essere un appartamento residenziale dotato di spazi comuni e zone adatte agli eventuali bambini. Altrettanto importante è la localizzazione: le case rifugio, infatti, pur dovendo garantire la sicurezza delle ospiti, devono essere in zone ben coperte dai servizi pubblici e più in generale integrate nel contesto urbano. «Si tratta di un requisito fondamentale – spiega Patronaggio -. Parliamo di strutture che hanno il compito di assistere la donna nel percorso di empowerment, ovvero di formazione di consapevolezza. L’obiettivo è quello di metterle in condizioni di riprendere in mano la propria vita, e per fare ciò è chiaramente necessario che possano da subito stare in contatto con la società». Il periodo di ospitalità varia dai sei ai dodici mesi, anche se in casi eccezionali ci si può spingere fino all’anno e mezzo. «In questo arco di tempo – prosegue la presidente de Le Onde – le donne sono seguite da equipe di specialisti, che a loro volta sono in contatto con le istituzioni, comprese, chiaramente, le forze dell’ordine».

Un sistema articolato, che si basa sulla convenzione siglata a Instanbul nel 2011, che si appresta a beneficiare del concreto sostegno finanziario della Regione. «Le rette di 62 euro difficilmente basteranno a sostenere le spese, se pensiamo che a Palermo il Comune concede di più per le case d’accoglienza. Ma resta il fatto – conclude Patronaggio – che si sono messe le basi per affrontare in maniera organica il settore e questo è un bene». 

Simone Olivelli

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