Violenza fascista al dipartimento di Geologia Chi c’era racconta un’altra storia

«Pesanti aggressioni fisiche». Il Movimento studentesco catanese descrive così quelle che avrebbe subito un laureando del dipartimento di Geologia lo scorso 29 febbraio. Un pestaggio politico, la violenza di un fascista su un ragazzo di sinistra. Colpevole solo di aver protestato per la pubblicazione di un video sulle foibe all’interno di un gruppo Facebook dedicato ad appunti e orari delle lezioni. I ragazzi del movimento catanese riferiscono di un «fare minaccioso», seguito da «colpi alla testa, spintoni, schiaffi e poi calci alla schiena». Un episodio incredibile all’interno delle mura universitarie, che ha dato il via a una campagna di sensibilizzazione contro la violenza, tra denunce sul web e volantinaggi informativi. A sentire questo racconto, però, chi c’era non riconosce l’episodio di cui è stato testimone.

La cronaca dettagliata non ha nomi né volti. Tutti vogliono restare anonimi, «per non avere problemi». La storia comincia il 10 febbraio, giornata della memoria delle vittime delle foibe, quando uno studente di Geologia pubblica – sul gruppo destinato al confronto sulle materie del corso di laurea – due video che le ricordano. I colleghi insorgono, l’argomento è fuori tema e quello non è il posto adatto per parlare di certe cose. Politica, roba che con lo studio non ha niente a che fare. Tra gli altri, un giovane la prende sul personale. Parla di revisionismo storico, di mancanza di conoscenza della Costituzione, di ignoranza. Qualche giorno dopo, uno dei due amministratori del gruppo cancella i video originali e lascia un messaggio che non dà adito a dubbi: «Qui si parla di Geologia, altre discussioni fatele da un’altra parte». Detto fatto.

Passano 15 giorni, il presunto revisionista e il difensore della Costituzione italiana si incontrano in facoltà e si lanciano il guanto di sfida. «Mi ha fermato nel corridoio chiedendomi chi fossi, io non l’ho riconosciuto», racconta il ragazzo che ha denunciato l’aggressione. «”Sono quello del video delle foibe”, mi ha detto – continua – Io gli ho risposto che non mi interessava parlare con lui, gli ho ricordato che quella che faceva lui era apologia del fascismo e che è un reato». Allora quello gli fa volare via il cappellino con una manata, lui reagisce e lo spinge, poi si volta e fa per andarsene. «Mentre ero girato mi ha preso alle spalle, sono finito per terra, non riuscivo a muovermi perché avevo lo zaino col computer, e avevo paura che si rompesse». Stava andando a parlare col relatore della sua tesi, la discussione è prevista per fine mese. «Lui mi ha preso a calci e pugni sulla schiena, mi ha sbattuto la testa contro l’ascensore, mi ha insultato e minacciato, ha tentato di prendermi per una caviglia e trascinarmi». Per separarli ci vogliono tre persone. «Sono andato a lavarmi, avevo il volto insanguinato – dice ancora l’aggredito – Poi è arrivato il mio professore, gli ho raccontato tutto e gli ho chiesto di accompagnarmi in ospedale». Al pronto soccorso del Garibaldi gli danno tre giorni di prognosi. Finita quella, lui si ripresenta, lamenta dolori alla schiena. Prognosi prolungata. Intanto, va da un avvocato e poi denuncia l’accaduto.

«Ma quale sangue? Quali ferite?», dice un dipendente della facoltà di Geologia, arrivato sul posto subito dopo le violenze. «Ho sentito uno che urlava a un altro qualcosa sulla Costituzione», ricorda un testimone. «Ero a qualche metro di distanza, nel giro di pochi secondi ho visto uno per terra che tirava calci per aria, e un altro che tentava di fermarlo». Niente pedate, schiaffi o pugni. «Macché, era una cosa troppo infantile». Ad assistere, solo alcune colleghe. E poi lui – il testimone – e un altro, che sono intervenuti per dividere i due. «Ho portato fuori il ragazzo che era in piedi, quello che era per terra ci ha seguiti e ha gridato “fascista, tu non ti laurei”». «Il più agitato sembrava il presunto picchiato. L’aggressore era tranquillo», afferma.

«Di essere un picchiatore fascista l’ho scoperto su Internet», racconta l’altro protagonista della vicenda. «Quando l’ho visto in corridoio, ho capito che era lui quello che mi aveva mandato a quel paese per il video che avevo pubblicato su Facebook». La questione non poteva chiudersi con la cancellazione di un post. «Gli ho detto che se voleva insultarmi doveva farlo di persona, e lui ha iniziato subito». Ma fascista proprio no, «non si può essere fascisti». Almeno, «io faccio politica nel Pdl, ho fatto tanti anni il boyscout, non sono un violento». «Gli ho detto “avanti, finiscila” e gli ho dato un colpo sul cappellino». Allora riceve uno spintone, restituisce il favore e l’altro finisce a terra. «Giuro che non ho alzato le mani, ma lui ha iniziato a dare calci per aria e io ho tentato di fermarlo, bloccandogli una caviglia, poi è arrivato un ragazzo per calmarlo e un’altra persona che ha allontanato me». Gli insulti, tuttavia, proseguono, e le minacce pure. «Mi ha urlato: “Ti faccio passare un guaio, tu non ti laurei più”». Della denuncia e del pronto soccorso non sa nulla, «ma non sono preoccupato, non ho fatto niente e ci sono i testimoni. Lo svolgimento dei fatti è stato completamente distorto», sostiene. Per lui la lite è durata in totale cinque minuti, per chi era lì saranno stati non più di tre. «Non so, un quarto d’ora, dieci minuti», risponde il giovane finito per terra. «Ma, sai, non mi rendevo bene conto, sapevo solo che stavo prendendo botte». Visto che nessuno le ha viste, botte da orbi, è il caso di dire.

[Foto di bfurnace]

Luisa Santangelo

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