Violenta protesta al Cara di Mineo, bruciati due mezzi Direttore: «A causa dell’esito negativo a domande di asilo»

Due mezzi del centro bruciati e il bazar saccheggiato. E’ stata una mattinata di forte tensione al Cara di Mineo a causa della violenta protesta di una quindicina di richiedenti asilo di origine nigeriana. Il centro è stato anche evacuato, il personale civile è stato costretto a lasciare la struttura per diverse ore. Solo dopo pranzo le attività sono riprese regolarmente.

A scatenare la rabbia di un gruppo di migranti sarebbero state le risposte negative alla domanda di asilo da parte della commissione territoriale competente. «Solitamente gli esiti negativi vengono accettati da gambiani, ghanesi e pakistani – spiega il direttore del Cara Ianni Maccarrone – e viene presentato un ricorso. Questi non hanno voluto saperne niente e hanno pensato di fare una dimostrazione da cui, peraltro, il resto della comunità nigeriana del centro ha preso le distanze, nel pomeriggio le donne e i pastori religiosi sono venuti a scusarsi». 

Stamani in una quindicina hanno dato fuoco a un furgone della cooperativa che gestisce il centro e a una Fiat Panda della Croce Rossa. I vigili del fuoco del comando provinciale di Catania hanno impiegato circa tre ore – dalle 11 alle 14 – per domare le fiamme. Quindi i migranti hanno preso di mira l’ambulatorio medico e il grande magazzino usato come mercato, da cui hanno sottratto schede telefoniche, sigarette, ticket con i negozi convenzionati. «La polizia sta effettuando le indagini del caso, ma ancora non sono stati individuati», precisa Maccarrone che ricorda come ultimamente la commissione territoriale – chiamata a dare risposte sulle richieste di asilo – abbia «dato esito negativo per alcuni nigeriani». 

Per il direttore, dunque, il motivo della protesta starebbe proprio in questa risposta. «Anche perché – continua – il numero degli ospiti negli ultimi mesi è calato: attualmente sono 3mila e 500». Secondo fonti interne al centro, non si sono registrati più nuovi arrivi da quando è scoppiata l’inchiesta romana Mafia Capitale, con l’arresto di Luca Odevaine, perno di un sistema che lucrava milioni di euro sulle spalle dei richiedenti asilo. E che aveva al centro anche il Cara di Mineo. «Le ultime vicende non c’entrano, è da quest’estate che non abbiamo nuovi ingressi», smentisce Maccarrone che si dice sereno e «pronto ad aprire le porte del Cara alla magistratura per ogni tipo di controllo». 

Possibile che il sistema Odevaine e lo smistamento di migranti da Mineo verso i centri di accoglienza a lui più graditi si reggesse sull’operato di una sola persona? «Dal Cara non ci sono stati grossi trasferimenti verso altre strutture, se qualcuno è stato inviato altrove è stato fatto sempre su disposizione della locale prefettura», conclude il direttore.

(Foto di archivio)

Salvo Catalano

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