Da bene confiscato alle mafie a centro formativo e imprenditoriale per i giovani che
scelgono di restare in Sicilia per creare nuove imprese. È la storia della villetta al civico 10 di via Luigi Capuana a
Camporotondo Etneo, in provincia di Catania, dove ha preso vita il progetto della cooperativa sociale Mosaico, Centro di Prossimità di Fondazione Èbbene e del consorzio Sol.Co in collaborazione con il Comune. «Inizierà qui un percorso di formazione per i giovani, non solo quelli svantaggiati – spiega a MeridioNews Claudia Pasqualino, la presidente della cooperativa Mosaico – che hanno delle idee imprenditoriali che verranno accolte in un processo di incubazione con l’obiettivo di farle diventare concrete e di creare sviluppo nel territorio».
Da casa di proprietà della famiglia Squillaci, meglio conosciuti con il soprannome di Martiddina, l’immobile adesso viene restituito alla collettività e diventa un luogo che accoglie i giovani (dai 18 ai 35 anni) con un’idea imprenditoriale e le startup (costituite da non più di tre anni) e fornisce loro spazi di co-working e laboratori d’impresa per poterla realizzare. Il centro per l’impresa giovanile, infatti, mette a disposizione degli aspiranti imprenditori selezionati un percorso d’incubazione che trasformerà le idee in azioni imprenditoriali attraverso un percorso di formazione: dai servizi di consulenza in marketing all’affiancamento per la produzione del business plan ma anche uno spazio di dialogo e confronto tra giovani e professionisti del settore.
L’immobile, che si trova a Piano tavola e che come molti altri in quella zona è nato in parte abusivo ed è poi stato sanato, «è diventato di proprietà del Comune tra il 2008 e il 2010 – spiega a MeridioNews il sindaco di Camporotondo Filippo Privitera – Gestito dal Consorzio etneo per la legalità e lo sviluppo, il bene è stato sistemato e ristrutturato negli anni tramite un finanziamento di circa 245mila euro». Al momento, inoltre, la struttura ospita anche un ufficio di una delegazione del Comune. «È stato un segnale forte – aggiunge il primo cittadino – inserire delle attività istituzionali all’interno di un immobile che è stato confiscato alla criminalità organizzata locale». In particolare, al clan mafioso dei Martiddina di Piano Tavola legato alla famiglia Santapaola-Ercolano. Gruppo di cui, prima di cominciare a collaborare con la giustizia nel dicembre del 2018, faceva parte anche il killer Francesco Squillaci.
L’assassino di Gianni Lizzio – il capo della squadra antiestorsione della questura etnea ammazzato il 27 luglio del 1992 in via Leucatia nel centro del quartiere Canalicchio – da quando ha cominciato a parlare con i magistrati ha tirato in ballo anche Mario Ciancio Sanfilippo. In merito all’editore ed ex direttore del quotidiano La Sicilia, che sarebbe stato anche destinatario di un falso attentato nel 1990, Squillaci ha sostenuto un’amicizia con Nitto Santapaola, il capo storico della mafia catanese. Con i suoi racconti, Martiddina ha ripercorso le vecchie regole della mafia – dalla punciuta al battesimo di sangue – e ha passato in rassegna una cinquantina di omicidi avvenuti tra il 1989 e il 2007.
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