Vigile del fuoco ucciso, gli interrogativi del giallo L’auto col sangue, l’arma del delitto e i complici

Ci sono tutti gli ingredienti di un noir. Sono molti gli interrogativi ai quali stanno cercando di rispondere i carabinieri e la procura attorno all’omicidio del Vigile del fuoco Roberto Scipilliti, che ieri è arrivato a una svolta investigativa, col fermo di Fortunata Caminiti, 47 anni. Secondo gli investigatori è stata lei, insieme a dei complici, a uccidere l’uomo il 5 gennaio, lo stesso giorno in cui Scipilliti è scomparso. Il 14 gennaio, quando il corpo senza vita del vigile del fuoco è stato ritrovato, la 47enne è stata fermata agli imbarcaderi privati insieme al suo compagno, Fabrizio Ceccio, latitante dall’aprile scorso. 

Mentre i carabinieri della compagnia Sud indagano sul delitto, notano nei filmati di alcune telecamere una Fiat Panda gialla che il 5 gennaio alle 15.28 percorre la strada che conduce al luogo dove è stato trovato il cadavere, per poi tornare in direzione opposta sette minuti dopo. Una coincidenza? Non ci credono i carabinieri che cominciano ad analizzare altre immagini per individuare la targa della vettura. Messi insieme i vari filmati, risalgono a un autonoleggio nel Catanese. E quando vanno a chiedere spiegazioni hanno la conferma dei loro sospetti. A cominciare dal fatto che l’auto viene noleggiata da Fortunata Caminiti, che usa un documento falso, uno dei tanti che i carabinieri trovano a bordo della Bmw 320 sulla quale viaggiava con Ceccio quando è stata fermata. 

Ma le sorprese non finiscono qui. L’auto viene restituita il giorno dopo e il titolare dell’autonoleggio racconta ai carabinieri che la donna avrebbe spiegato che sulla vettura c’era stata una violenta lite tra suoi amici, e anche lei era rimasta coinvolta. Un racconto per dare una ragione alle macchie di sangue che la donna sostiene di aver provato a cancellare con dell’alcol. Ma di sangue su quell’auto ce n’è molto di più, perché quando l’auto viene portata a pulire, l’addetto al lavaggio trova una pozza di sangue talmente vasta che c’è una penna che galleggia nel mezzo. Circostanza che però non spinge il titolare dell’autosalone, né il lavaggista a contattare le forze dell’ordine e che adesso è al vaglio dei carabinieri. 

Il compagno di Fortunata Caminiti, Fabrizio Ceccio, in passato è stato arrestato per associazione a delinquere finalizzata ai reati di furto, truffa, ricettazione, incendio, riciclaggio, appropriazione indebita, falsità materiale e sostituzione di persona. Ceccio faceva parte di una banda che rubava e rivendeva auto clonandole, per anni ha abitato a Roccalumera, paese di origine di Roberto Scipilliti. E sul fatto che i due si conoscessero non hanno alcun dubbio i carabinieri. Inoltre, lo stesso pompiere era stato arrestato nell’ottobre 2014 ed era sotto processo per truffa ai danni dell’Unione Europea e dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura. 

Adesso è caccia ai probabili complici della donna. Sulla Fiat Panda gialla immortalata dalle telecamere il 5 gennaio si vedono più persone a bordo. Altri elementi utili alle indagini verranno dalle perizie sulla vettura che è stata sequestrata e che ora verrà rivoltata come un calzino alla ricerca di tracce che possano contribuire a ricostruire questa intricata vicenda. Gli investigatori cercano innanzitutto il proiettile che ha ucciso Scipiliiti, un calibro piccolo che gli ha trapassato il cranio dalla nuca ed è uscito da sotto il naso. Un calibro 9, lo stesso di una delle due pistole che i carabinieri trovano a bordo della Bmw sulla quale viaggiavano Ceccio e Caminiti. 

Gli investigatori sono certi che Roberto Scipilliti sia stato ucciso mentre era a bordo della piccola utilitaria per poi essere gettato nel dirupo di contrada Rina a Savoca, dove è stato ritrovato il 14 gennaio. Adesso c’è da capire il perché. Il vigile del fuoco aveva pestato i piedi a qualcuno? Aveva forse provato a mettersi in proprio? Sono tutte domande alle quali gli investigatori proveranno a dare una risposta per scrivere la parola fine a questo noir.

Simona Arena

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