Vietato? In Italia questa parola non esiste…

Vietato è una parola che non ha alcuna possibilità di essere nella lingua italiana. Gli italiani non vietano niente, tuttalpiù, come cantava Patty, ti cedono il posto graziosamente, napoletanamente, cioè con qualche furberia goliardica, chessò, il sedile dell’autobus inzuppato, vai a capire di cosa. Se hai fretta, gli italiani prendono il senso vietato antimerkel. Posteggiano, confortati dal posteggiatore, sia sulle strisce gialle della sanità o semplicemente sul suo piede. Essere italiano o essere ubriaco è lo stesso. Vietato non è nemmeno in caserma, in carcere, in treno. Vietato o che schifo gli italiani non lo dicono nemmeno quando pestano merda perché, sostengono, porta fortuna, se sei scapolo ti mariterai presto, se sei sposato divorzierai in giornata. Per gli italiani, comunque, quelli che si sentono ancora il gene autoctono e vincente dei siciliani oltreché dei napoletani soprattutto dei calabresi, vietare è una esagerazione contronatura. Lo ripete, indirettamente, un signore un po’ tedesco – forse filomerkel, forse filomonti, forse filo e basta – durante la tratta Curinga-Lamezia Terme del diretto Palermo-Roma ma, anche lui, tuttalpiù, italiano, si fa schifo mentre dice che schifo e si fa schifo ancora di più percependosi come un tedesco che ha appena costretto a uscire dal vagone un innocuo fumatore di sigari. Si fa schifo per avere detto schifo e perché gli altri viaggiatori del diretto Palermo-Roma solo andata senza ritorno, non lo degnano uomo, solo un femminiello dicono a Napoli, un femmiciattolo, un omino caduto in disgrazia. Un sigaro non lo neghi a nessuno nemmeno in punto di morte, pensano i passeggeri della tratta Curinga Lamezia Terme. Altro che Sacco e Vanzetti. Un sigaro raddoppia quella vicinanza magica che gli italiani hanno con i loro sfiati civilmente sonori, che ahimé i tedeschi coprono col pietoso velo del silenzio che fa fetida ogni loffa, sino a rischio deragliamento.

 

Francesco Gambaro

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