Viale Africa, i senza tetto tornano dopo il rogo Indagine della Digos sui video di sorveglianza

Sono tornati in silenzio, ricavando un nuovo ingresso di fortuna nell’ex raffineria di viale Africa andata distrutta dopo l’incendio di lunedì scorso. I senza fissa dimora e i migranti, che ormai da anni trovano rifugio all’interno del fatiscente immobile di proprietà del Comune di Catania, la notte scorsa hanno rimosso alcune coperture in legno parzialmente coperte da manifesti pubblicitari. Un piccolo buco, quasi del tutto nascosto, da cui a fatica si riesce a entrare piegandosi. Una strada alternativa al vecchio accesso, chiuso da alcuni operai – dopo l’intervento dei vigili del fuoco per spegnere le fiamme – utilizzando delle grosse travi di legno. Il via vai in realtà è iniziato già il giorno seguente al rogo, come confermano alcuni testimoni diretti presenti nei dintorni. «Un ragazzo – racconta uno di loro – chiedeva di poter accedere alla struttura per provare a recuperare alcuni dei suoi vestiti». All’interno restano numerosi segni della quotidianità passata: pentole carbonizzate, pezzi di pane, alcuni capi d’abbigliamento stesi, bottiglie piene d’acqua e i resti di un pasto

L’unica zona parzialmente accessibile dall’esterno è quella a
ridosso della strada, la stessa da dove potrebbe essere partito l’incendio. Soltanto ipotesi, poiché è ancora tutta da chiarire la dinamica di quanto accaduto quella mattina. Le indagini sono di competenza della Digos etnea. Una svolta potrebbe arrivare dall’analisi dei video delle telecamere di sorveglianza installate nell’ufficio postale accanto e nei depositi della Multiservizi. I locali della partecipata comunale si trovano vicino alla linea ferroviaria alle spalle dell’ex raffineria. Rogo accidentale o atto voluto? Al momento non viene scartata nessuna ipotesi in particolare dopo l’incendio di sabato al campo rom di via Madonna del Divino Amore, nel quartiere di Zia Lisa.

Una nuova denuncia sulla situazione dell’accoglienza per i senza fissa dimora in città arriva ancora da Catania bene comune. «Condanniamo l’atteggiamento di un’amministrazione  – spiega Matteo Iannitti riferendosi alla giunta e al sindaco Enzo Bianco – che lascia nell’abbandono i propri immobili e non dà il minimo per l’accoglienza. In qualunque altra città d’Italia davanti a un rogo come quello che abbiamo visto, e prima ancora a palazzo Bernini, al campo Rom e alla villa Bellini con la morte di un clochard, ci sarebbero state delle responsabilità politiche degli assessori competenti che, anche solo per dovere istituzionale, avrebbero consegnato le loro dimissioni».

Due le misure più urgenti che vengono richieste all’amministrazione comunale: «Prima di tutto un dormitorio comunale – prosegue Iannitti – essendo Catania l’unica grande città italiana a non averlo. La seconda invece è il montaggio di alcuni bagni chimici nelle zone in cui c’è la maggiore concentrazione di persone che vivono questo disagio abitativo». Gli spazi che potrebbero essere destinati a dormitorio, e su cui è già stata inoltrata una specifica richiesta, sono tre, tutti vicini alla stazione centrale: «Si tratta di un vecchio ristorante – racconta Alfonso Di Stefano della Rete antirazzista catanese -, un albergo diurno in funzione circa vent’anni fa e un locale deposito di batterie e pezzi di ricambio delle locomotive. Tutti edifici ormai abbandonati».


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