Oltre le piazze, le proposte. Le sardine di Sicilia si organizzano e si strutturano a partire da una staffetta che in questi giorni sta interessando tutte le maggiori città siciliane. Il prossimo obiettivo è quello di sabato 25 gennaio, quando le sardine scenderanno nuovamente in piazza, questa volta contestualmente, nelle maggiori città siciliane. La staffetta si è resa necessaria per mettere nero su bianco una prima piattaforma tematica sulla quale intervenire, individuando temi e macro aree, dalla sanità alle infrastrutture, fino al lavoro, la desertificazione delle aree interne e i temi legati all’accoglienza dei migranti.
Giovani e meno giovani, apartitici ma non apolitici, come puntualizzano a ogni occasione utile. Perché il rischio, soprattutto all’esterno, è che la nascita e la strutturazione del movimento delle sardine ricordi in troppi punti il battesimo del Movimento 5 Stelle nello scorso decennio. «I 5 Stelle, anche all’inizio, hanno imbarcato di tutto, gente che veniva da destra e da sinistra insieme a chi non si era mai speso in politica – dice Francesco Nicosia, impiegato e fotoreporter freelance, esponente delle Sardine di Catania -. Il nostro movimento è diverso, noi non siamo contrari alla politica, non siamo connotati politicamente, i nostri valori sono chiari e sono quelli dell’antifascismo, dell’antimafia, dell’antirazzismo, della non violenza. Siamo contrari all’uso spregiudicato dei social da parte di esponenti politici come Salvini e Meloni e alla violenza verbale dell’estrema destra. I nostri paletti sono inequivocabili».
«L’obiettivo, e mi pare si sia centrato – aggiunge Massimiliano Perna, giornalista, referente della piazza di Siracusa e componente del gruppo dei portavoce nazionali – è quello di operare una pressione culturale sulla politica, dal momento in cui i dati raccolti dagli istituti di statistica nazionali dicono che il 48 per cento degli italiani vuole l’uomo solo al comando, anche senza elezioni». Sui social, intanto, si lavora per promuovere il flash mob di sabato prossimo. «La Sicilia – scrivono – non è mafia, ma terra di lotta alla mafia. La Sicilia piegata e flagellata da multiformi piaghe ha ancora la forza e l’orgoglio di alzare gli occhi e opporsi a tutti coloro che negli anni l’hanno umiliata».
Ma chi sono le sardine siciliane? Attivisti, sindacalisti, ex militanti di partito, insieme a chi non si era mai avvicinato alla politica prima. C’è Irene Di Stefano, psicologa, Francesca Di Giorgio, artista e volontaria del Centro Astalli, Nicolò Marino, lavoratore che non aveva mai militato in politica, Davide Caudullo, 23enne che si occupa di comunicazione, Dario Gulisano, dirigente sindacale, Luigi Coccimiglio e Anna Puci, studenti universitari.
C’è anche chi un riferimento alla politica ce l’ha, eccome. È il caso di Leandro Spilla, che aveva già fatto parte della giovanile del Pd e di recente è passato a Italia Viva, o di Gabriele Fecarotta, vicino al Partito Democratico, tra i fondatori del gruppo di Palermo finiti al centro di una polemica cittadina per la loro appartenenza politica, nei giorni successivi al flashmob in piazza Verdi. Nessuna bandiera, insomma, ma le tessere di partito tra le sardine, ci sono eccome.
Cosa pensano della politica siciliana? «Di certo ci troviamo lontani da questo governo – dice ancora Francesco Nicosia – ma ancora di più, per quanto riguarda il gruppo di Catania, dalla giunta Pogliese. È scandaloso, si manifestano sempre le solite dinamiche antisociali, come nel caso dello sgombero dei senza fissa dimora dalla stazione di Catania. Che cosa siamo diventati? Invece di combattere la povertà, combattiamo i poveri».
«Una valutazione vera e propria sul governo Musumeci non l’abbiamo fatta – aggiunge invece Massimiliano Perna – diciamo che in questa fase stiamo facendo un ragionamento più che altro sui temi, non legato a un singolo governo. Anche perché sarebbe un errore addebitare l’attuale situazione a una singola amministrazione, è una critica che riguarda un po’ tutti. Abbiamo fatto un primo giro della Sicilia sviscerando i temi che più ci preoccupano, soprattutto le infrastrutture. È una situazione insostenibile. E poi il lavoro, la disoccupazione giovanile, lo sfruttamento dei migranti, i sistemi di accoglienza, la sanità».
Tutto questo in una Sicilia sempre più connotata a destra, che ha visto la nascita del primo gruppo della Lega all’Ars. «Noi preoccupati? Più che altro ci interroghiamo sulla scarsa memoria dei siciliani, perché votare Lega al Sud – conclude Perna – significa non ricordare cosa dicevano di noi».
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