Viaggio nelle isole siciliane, Vulcano terra di fuoco Lontano dal porto, scoprire il versante più autentico

Una fastidiosa puzza di uova marce. È questa la prima cosa che si avverte quando già sull’aliscafo ci si avvicina all’isola. Non ci sono mezzi termini per descriverla. Soprattutto se il vento soffia da terra, è davvero così che Vulcano dà il benvenuto ai turisti che approdano al Porto di Levante. C’è da dire però che l’isola sa farsi subito perdonare per questo piccolo disturbo, regalando ai suoi turisti numerose ragioni per trattenersi tra i suoi mille colori e profumi, il giallo dello zolfo e delle ginestre, l’azzurro delle sue acque limpide e le sue distese di sabbie nere.

Già gli antichi greci avevano battezzato l’isola Therasia, terra calda, proprio per sottolinearne le peculiari caratteristiche termali. Poi, con la diffusione del culto di Efesto, dio del fuoco, Vulcano fu soprannominata Hierà, sacra al dio. Infine, furono i Romani a cambiare il nome del dio Efesto in dio Vulcano e conseguentemente a conferire all’isola il suo nome attuale. Proprio i Romani diedero il via allo sfruttamento dello zolfo la cui estrazione è proseguita nei secoli per diventare, all’epoca dei Borboni, una florida industria. L’isola è conosciuta in tutto il mondo per le pozze calde di fanghi vulcanici dovuti alla risalita di gas ad alta temperatura che, muovendosi dalle profondità dell’edificio vulcanico lungo le fratture, riscaldano tutta la zona della Baia di Levante.

A osservarlo dal mare si stenta a credere di essere al cospetto di un vero e proprio colosso, teatro di violentissime esplosioni. Dolci pendii rigogliosi di macchia mediterranea e un edificio vulcanico alto neppure 400 metri fanno da preludio a un cratere orlato di fumarole ben visibili già dall’aliscafo, tra le quali si intravedono nitidamente, piccole come formiche, le sagome dei turisti. In realtà l’isola è un vero e proprio gigante, al pari di tutte le altre isole dell’arcipelago delle Eolie che, sotto il mare, nascondono la buona parte del proprio edificio vulcanico e che, nel caso di Vulcano, supera i mille metri di altezza. 

Vulcano si è formata per il continuo processo di costruzione e distruzione degli apparati vulcanici che si sono susseguiti nel corso del tempo. Si tratta di un’isola molto complessa che conserva ancora le tracce dei suoi tormentati trascorsi geologici: la Caldera del Piano, ciò che resta dell’imponente esplosione del Vulcano primordiale; i Monti Lentia, relitti della Caldera de La Fossa, fino ad arrivare all’attuale cratere de La Fossa e al piccolo edificio di Vulcanello, collegato all’isola principale tramite uno stretto istmo di sabbia. Se non fosse per le fumarole della spiaggia di Levante e per quelle attorno al cratere de La Fossa, l’isola potrebbe sembrare inattiva. E invece Vulcano attiva lo è, eccome. Basti pensare, infatti, che la sua ultima attività risale al 3 agosto 1888, quasi 140 anni fa che, in scala geologica sono un tempo davvero insignificante rispetto ai giorni nostri. L’eruzione, ben documentata dallo studioso Giuseppe Mercalli, fu particolarmente violenta: la forte esplosione fu in grado di infrangere i vetri delle case della vicina isola di Lipari e bombe di notevoli dimensioni furono lanciate a grande distanza dal cratere. L’eruzione terminò dopo due anni e da allora l’attività dell’isola si è limitata alla presenza delle sole fumarole. Tramite esse si misura, per così dire, il polso dell’attività vulcanica dell’edificio che i vulcanologi controllano con periodici sopralluoghi al cratere. Caratterizzate da una temperatura che oscilla intorno ai 300 gradi centigradi, le fumarole sono il primo elemento a segnalare un cambiamento all’interno dell’edificio.

Per apprezzare al meglio Vulcano non basta una toccata e fuga come spesso molti turisti sono soliti fare, approfittando della vicinanza dell’isola alla terraferma. Bisogna evitare di limitarsi, come fanno tutti, alla zona più frequentata del Porto, ma affittare uno scooter o un’auto e dedicare un po’ di tempo all’altro lato dell’isola, il più autentico. Essendo un’isola vulcanica, le spiagge sono famose per la loro fine sabbia nera che contrastano in uno splendido gioco cromatico con l’azzurro cristallino delle sue acque.

Tra le spiagge più belle e facilmente raggiungibili elenchiamo la Spiaggia del Gelso, sovrastata da un suggestivo faro e la spiaggia dell’Asino, con le sue pareti a picco sul mare. Obbligatoria è una sosta alla Piscina di Venere, una piccola spiaggia dalle spettacolari acque turchesi sul lato occidentale dell’isola, raggiungibile con un’escursione in barca dal Porto di Ponente. Altro punto interessante, sullo stesso tratto di costa, è la Grotta del Cavallo, raggiungibile sempre via mare. Si tratta di una grotta molto particolare la cui genesi è legata all’interazione tra i processi carsici e i vapori sulfurei: gallerie, pozzi, stalattiti, stalagmiti e laghetti, insieme ai giochi di luce che si formano al suo interno, donano alla grotta un paesaggio davvero suggestivo. Anche sott’acqua Vulcano sorprende con il suo turbinio di colori che la rendono meta ambita da subacquei e amanti dello snorkeling. Una delle possibili immersioni è quella che si effettua a Capo Grosso: una parete che si immerge nel blu, ricca di insenature abitate da anemoni, spirografi, madrepore, cicale, aragoste, murene, scorfani, polpi, ricci, cernie e pesci pappagallo.

Di certo, non si può perdere la salita in cima al cratere de La Fossa ma, per contrastare l’afa estiva ed evitare di trovarsi un sentiero affollato da turisti, vale la pena fare una levataccia e partire prima dell’alba. Il sentiero è reso un po’ impervio per via della profonda azione erosiva dell’acqua piovana, ma risulta abbastanza breve e molto semplice anche per i bambini. Approfittando delle prime luci del giorno sarà possibile scattare delle fotografie a un panorama unico: tra i vapori delle fumarole impreziosite dal giallo intenso dei cristalli di zolfo, dietro le miniature delle piccole case della zona del Porto, si stagliano all’orizzonte tutte le altre isole dell’arcipelago sospese tra il mare e il cielo. 

Tutto intorno al cratere si possono osservare le cosiddette bombe a crosta di pane, dei particolari prodotti vulcanici emessi dall’ultima eruzione e la cui superficie appare spaccata proprio come la crosta fragrante di una pagnotta appena sfornata. Il consiglio è quello di non fermarsi al campo fumarolico, ma oltrepassarlo servendosi di un comodo sentiero e proseguire per un’altra salita che accompagna al giro del cratere. Con un pizzico di fortuna, se il cielo è sgombro da nubi, una volta arrivati in cima si potrà ammirare la vista dell’Etna

Al tramonto invece il consiglio è quello di recarsi, con una semplice passeggiata, alla Valle dei Mostri, all’estremità della penisola di Vulcanello. La valle deve il suo nome a delle bizzarre e mostruose figure che alcune rocce laviche hanno assunto con il tempo, a causa dell’erosione eolica. Sempre al tramonto, non si può perdere lo spettacolo del cielo che si infiamma di tutte le sfumature del rosso dietro il celebre Scoglio delle Sirene, stando seduti sulla battigia della Spiaggia di Sabbie Nere con un panorama spettacolare sulle isole di Alicudi e Filicudi. 

Altra vista da cartolina è quella che si ammira da Capo Grillo, belvedere sul lato orientale dell’isola che regala una vista spettacolare su tutte le isole dell’arcipelago. Per chi avesse intenzione di fare un trekking più insolito e avventuroso si può addentrare all’interno della valle del Rio Grande, uno spettacolare canyon vulcanico naturale caratterizzato da un susseguirsi di gole strette scavate dall’acqua che portano fino ad un affaccio sul mare. Vulcano è un’isola che conquista a poco a poco il visitatore ma, una volta entrati nel suo spirito più profondo, sarà davvero difficile separarsene.

Michela Costa

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