Viaggio al centro del… Monastero

Come una candela ne accende unaltra e così si trovano accese migliaia di candele, così un cuore ne accende un altro e così si accendono migliaia di cuori. Così come diceva Lev Tolstoj, ieri sera, in tutta Italia e al Monastero dei Benedettini di Catania, una candela ne ha accesa un’altra e migliaia di candele sono state accese per una causa importantissima, quella del risparmio energetico.

La manifestazione Il Monastero s’illumina di meno, organizzata nell’ambito dell’iniziativa nazionale M’illumino di meno dall’associazione Officine Culturali e dalla Facoltà di Lettere, ha riscosso un enorme successo. Forse la prospettiva di visitare dei luoghi del Monastero, per i più ignoti, e l’occasione di vederli di notte, oltre all’importantissimo valore simbolico dell’iniziativa, devono aver attratto un pubblico davvero numeroso.

All’ingresso, sito in piazza Vaccarini, una folla di persone ingombra l’accesso agli ambienti interni. Una volta formati i gruppi, sicuramente più numerosi di quanto le guide si aspettassero, dal tumulto si entra nel silenzio delle Cucine. Una guida fornisce informazioni riguardo i vari rifacimenti architettonici subiti dalla struttura e spiega il funzionamento dei forni in pietra. Le candele sembrano posizionate strategicamente, a illuminare i punti salienti dove si vuole concentrare l’attenzione del visitatore, in un gioco di luci e ombre che invitano a scoprire anche i particolari in penombra e a chiedersi che funzione avessero in passato.

La guida fornisce informazioni architettoniche e culturali, ma non mancano anche i riferimenti geologici, in particolare alla terribile eruzione lavica del 1669 che rischiò di distruggere il Monastero, abilmente protetto dai suoi monaci attraverso una barriera esterna. È possibile constatare anche la presenza di alcuni strumenti dell’osservatorio di geofisica che ha trovato nei luoghi sotterranei dei Benedettini un importantissimo campionario di studi e analisi, tanto per la conformazione antichissima del sottosuolo, quanto per l’incredibile resistenza della struttura stessa agli eventi sismici.

Si scende ancora giù di un livello, in un viaggio verso il basso che ai fantasiosi potrebbe ricordare il famoso romanzo Viaggio al centro della terra di Jules Verne. Lì è ancora possibile vedere uno stralcio di colata lavica antichissima e, tutto intorno, dispense, contenitori per i liquidi e zone sopraelevate che avevano la funzione di mantenere i cibi freschi. Tutto ricorda una efficiente cantina sotterranea addetta alla conservazione e preparazione degli alimenti. E sembra quasi di vederli, questi “grassi monaci benedettini” − come li definì Brydone nel suo Viaggio in Sicilia e a Malta del 1770 − affaccendarsi tra questi ambienti, pestare le spezie, infornare, salire e scendere le scale, in un continuo svolazzare di tuniche.

Uno dei siti più peculiari è forse la grande sala circolare bordata da archi, un terrapieno in passato, svuotata di tutto il materiale e integrata con una struttura di supporto moderna, di un rosso accesso che simboleggia il colore della lava, un tempo minaccia fatale per gli abitanti del Monastero.

Il contrasto tra moderno e antico, tra il rosso del metallo e il grigio scuro del sotterraneo in pietra lavica, è l’elemento che colpisce maggiormente i visitatori.

Da questo ambiente, proprio come in Viaggio al centro della terra, avviene la risalita all’esterno. Dal tepore e dalla nebbiolina formata dalle candele dei sotterranei, ci si ritrova improvvisamente all’aperto, nell’aria fredda del Giardino dei novizi. Del giardino la guida ci mostra i punti d’interesse maggiori. L’antico “bagno” e la fontana, adesso inattiva, che riproduce la forma di un organo e dove un tempo, spiega la guida, si creava una bellissima armonia di suoni e colori, grazie alla presenza dei marmi policromi e di un gioco di cascate di acqua su più livelli.

Questi passaggi misteriosi, dal sottosuolo all’esterno, aumentano nei consueti frequentatori del Monastero la sensazione di camminare ogni giorno su una struttura labirintica, immensa e imperscrutabile di cui non si conosce una parte significativa, nascosta all’occhio dei visitatori ordinari.

Questa era l’ultima tappa della nostra visita. Una visita peculiare e affascinante, forse troppo breve. Non è infatti mancato chi non è riuscito a resistere alla tentazione di ripetere il giro ancora una volta.

Paola Roccella

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