Il decreto legge 24 dello scorso 24 marzo segna, almeno sulla carta, l’avvio del processo di ritorno alla normalità, introducendo disposizioni volte a superare progressivamente le restrizioni per il contenimento del Covid-19, come conseguenza della cessazione dello stato di emergenza. La normativa rimodula, tra le altre cose, l’utilizzo del green pass base e rafforzato per attività e servizi, prevedendo, da oggi, la decadenza dell’obbligo della certificazione verde per i servizi di ristorazione all’aperto. Obbligo che, invece, resta in vigore per quelli al chiuso.
Aperture, al momento, a macchia di leopardo su cui la Fipe-Confcommercio di Catania, federazione italiana pubblici esercizi, resta piuttosto scettica. «Da una parte la politica dichiara la fine dell’emergenza – afferma Giovanni Trimboli, presidente provinciale Ristoratori di Fipe-Confocmmercio – ma dall’altra per il settore della somministrazione le cose cambiano ben poco. A pagare il conto più alto restiamo noi, additati ingiustamente, fin dall’inizio, come untori».
Più di due anni di perdite importanti in termini di imprese, forza lavoro e fatturato, con problematiche che, per Trimboli, sono destinate a perdurare anche nei prossimi anni. «Questa ennesima scelta poco comprensibile mette a rischio le festività pasquali e il flusso turistico che potrebbe scegliere di andare altrove, magari dove già da tempo hanno eliminato le inutili e burocratiche restrizioni. Sarebbe stato meglio – sottolinea ancora – eliminare totalmente il green pass invece di creare confusione e poca chiarezza su cosa si può fare e su cosa no». Per questo motivo il presidente dei ristoratori di Catania annuncia, come Fipe Confcommercio, il permanere dello stato di agitazione a difesa di imprese e territorio. «Chiediamo – conclude – che si torni alla normalità senza aspettare oltre».
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