Alcune righe nel retro pagina di un calendario. Un foglio bianco per scrivere una sorta di memoria di quello che era stato. Giuseppe Longo, 75 anni morto carbonizzato nell’esplosione di martedì scorso in via Sacchero, all’angolo con via Garibaldi, ha scelto di mettere nero su bianco gli ultimi passaggi della sua vita. Un quadro fatto di solitudine estrema in una condizione di vita caratterizzata da uno stato di assoluta precarietà. La missiva, come racconta anche il quotidiano La Sicilia, è stato ritrovata dentro una valigia, che era custodita nei locali della casa di riposo Padre Pio, struttura di corso dei Mille a Catania, tra le vie Indipendenza e Palermo. In quel posto Longo ci avrebbe dimorato poche settimane prima di morire.
A raccontare a MeridioNews alcuni dettagli di questo soggiorno è Marco Facondo, responsabile della casa di riposo: «Si è presentato da noi dopo avere venduto le sue biciclette. In condizioni generali assolutamente non buone». Un affare, forse finito male, che sarebbe stato trascritto in quella pagina di calendario. In cui il pensionato aveva anche deciso di lanciare una sorta di avvertimento. «La lettura doveva essere fatta in presenza della polizia, altrimenti Dio vi punirà». Adesso la missiva è agli atti dell’inchiesta, condotta dalla procura di Catania e affidata alla polizia etnea. Per la tragedia, in cui hanno perso la vita anche i due vigili del fuoco Dario Ambiamonte e Giorgio Grammatico, per il momento l’unico indagato, come atto dovuto, è il capo squadra Marcello Tavormina. L’ipotesi di reato è quella di disastro e omicidio colposo. Le sue condizioni sono in miglioramento, così come quelle di Giuseppe Cannavò. Anch’egli rimasto ferito dall’esplosione per la fuga di gas all’interno della bottega di via Garibaldi.
Longo secondo quanto è stato riportato nella lettera sarebbe stato truffato da una sorta di intermediario. Un uomo, il cui nome non è noto, che avrebbe fatto da tramite tra l’artigiano e l’acquirente finale per la vendita di un blocco di circa 200 biciclette. Il 75enne, come già raccontato da MeridioNews, in quella bottega a due passi da piazza Palestro si è occupato per diverso tempo di riparare e vendere biciclette. Con regolarità almeno fino a quando viveva in un’abitazione di via Palermo. Dopo il trasloco, indotto a quanto pare dalla velleità ad accumulare di tutto, sarebbe stato sostanzialmente obbligato a dismettere i mezzi nella bottega-deposito per trovare lo spazio dove dormire. «Quando si è presentato da noi era in condizioni igenico-sanitarie molto precarie – racconta Facondo -. Lo abbiamo accolto e lui ha chiesto di essere accompagnato in via Garibaldi per prendere una valigia. Raccontava di essere stato costretto a restituire dei soldi guadagnati dalla vendita delle bici». All’interno della valigia sarebbe state trovate anche altre cose, come «una carta d’identità intestata a una ragazza. Dentro c’era pure un foglio. Forse gli era stata lasciata come sospeso per un pagamento da saldare».
L’artigiano, spostato con due figli, stando al racconto del titolare della casa di riposo avrebbe provato anche un contatto con i parenti. «Ma gli hanno risposto che avevano altri problemi». C’è poi il racconto di una visita, tentata, che Longo avrebbe provato a fare alla sorella, residente a Lamezia Terme, in Calabria. «Era andata a trovarla ma è ritornato con il foglio di dimissioni di un Pronto soccorso. Dove era stato ricoverato perché malato».
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