«Mancano ormai meno di 30 giorni al 19 luglio, la voragine in Via D’Amelio che ho segnalato più di un mese fa e ancora li al suo posto, l’Ulivo che mia madre volle piantare proprio nella buca scavata dall’esplosione è sempre di più assediato dalle auto, i dissuasori al centro della strada per impedire la sosta selvaggia, che pure esistono nell’altra metà della Via D’Amelio non sono stati messi in opera come avevo chiesto, i faretti non vegliano più da tempo con la loro luce tricolore il sonno di Paolo e dei cinque ragazzi che hanno perso la vita insieme a lui»
È una riflessione amara quella che Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, giudice ucciso dalla mafia insieme alla sua scorta nell’ormai tristemente noto 19 luglio del 1992 a Palermo. Secondo Borsellino, che da mesi si sta impegnando per riuscire a creare un giardino della memoria in ricordo delle vittime di mafia, per cui ha anche avviato una petizione online, i suoi appelli sarebbero caduti tutti nel vuoto: «Vi prego di aiutarmi, non possiamo continuare ad essere soltanto noi familiari delle vittime di mafia a combattere questa lotta senza fine, chiedo che attorno a quell’albero venga creato un giardino della memoria, che le migliaia di persone che ogni anno vengono a trovare quell’ulivo non debbano districarsi in mezzo alle auto, chiedo che questo luogo venga finalmente trattato da tutti per quello che è che deve essere, un luogo sacro, un luogo di Memoria».
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