Una quarantina di lavoratori hanno partecipato al sit-in di questa mattina in piazza Duomo a Catania. Sono i dipendenti dello stabilimento produttivo dell’azienda Cipi nella Zona industriale, ditta che si occupa di realizzare gadget promozionali a livello industriale. L’ex colosso mondiale del settore adesso rischia di chiudere. È dello scorso mese di gennaio la notizia dell’avvio della procedura per il licenziamento collettivo dei 52 dipendenti.
«Siamo soddisfatti dell’attenzione che la nostra vertenza sta riuscendo a suscitare», afferma a MeridioNews Valeria Vittorino, serigrafa di 46 anni che lavora in azienda da oltre 18. Il 26 febbraio si sono conclusi con esito negativo i 45 giorni di trattativa aziendale. «L’imprenditore è stato con noi un muro di gomma e si è limitato solo a parlare di crisi che ha cambiato il modello del lavoro e ha portato l’azienda alla necessità di adeguarsi a comprare i prodotti già finiti all’estero. Si rifiuta però di chiamarla delocalizzazione e preferisce indorare la pillola definendo questa procedura una deindustrializzazione. Comunque la si chiami – afferma – il risultato è che 52 lavoratori finiranno in mezzo a una strada».
Questa mattina è sceso da Palazzo degli elefanti anche il sindaco Enzo Bianco che «ci ha assicurato che lui sta dalla nostra parte ed è venuto per comunicarci soprattutto che il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, è disposto a incontrare una nostra rappresentanza e ad aprire un tavolo con noi a Roma al Mise». Stando a quanto riferito dai dipendenti, la data dell’incontro potrebbe già essere comunicata oggi stesso dal presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni, che ritorna nel Catanese per alcune iniziative elettorali del Partito democratico.
Intanto, ai lavoratori restano gli ultimi 30 giorni con tavoli in prefettura e all’ufficio provinciale del lavoro. «Quello che per noi è inaccettabile – spiega la serigrafa – è che di un pregiato lavoro di manifattura di un marchio che era nato qui a Catania resti solo la parte commerciale a Milano che prevederà, fra l’altro, solo la vendita di oggetti che verranno direttamente acquistati da aziende che li producono all’estero». La decisione dell’imprenditore catanese Rosario Circo arriva dopo un decennio di sacrifici da parte dei lavoratori che, pur di non cedere alla crisi che ha investito anche questo settore, hanno accettato ore di straordinario non pagato, flessibilità totale negli orari di lavoro, cassa integrazione e anche il licenziamento di metà dei dipendenti. «Noi lo abbiamo fatto per garantire la sopravvivenza del marchio nato qui a Catania nel 1964 e, invece, oggi l’imprenditore pensa alla sopravvivenza del marchio senza di noi e, anzi, a nostre spese».
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