Vertenza Almaviva, sindacati sul piede di guerra «Rischio smobilitazione e da Regione imbarazzante silenzio»

Temono l’addio. Aleggia lo spettro della smobilitazione in via Cordova e l’orizzonte per i lavoratori del call center Almaviva rischia di essere nerissimo. A fine maggio scadranno i contratti di solidarietà tra il 25 e il 45 per cento, con la possibilità di rinnovarli per un altro anno, fino al 2017, ma tra gli operatori del call center, che solo a Palermo dà lavoro a 3.400 persone, oltre a mille Lap (lavoratori a progetto), non c’è ottimismo. Le recenti evoluzioni nel settore potrebbero mettere a repentaglio l’assetto occupazionale della struttura.

Soprattutto alla luce delle dichiarazioni rilasciate nell’ultimo incontro con le organizzazioni sindacali dello scorso 17 luglio dall’amministratore delegato. Sospetta è la riunificazione di tutti i dipendenti (esclusi i lap) presso la sede di via Cordova, il cui contratto d’affitto è stato recentemente rinnovato. E che, pur con l’aggiunta di un ulteriore spazio di 700 metri quadrati, secondo le parti sociali non potrebbe accogliere a regime tutti i 3400 lavoratori. «Quel contratto – hanno spiegato oggi durante una conferenza stampa congiunta Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazioni – lascia presagire una pesante ristrutturazione del personale con massicci licenziamenti». Sono, infatti, 1.200 gli esuberi già annunciati dall’azienda. Colpa, spiegano dal colosso dei call center, dei fatturati in calo.

Eppure i sindacati non ci stanno. «La responsabilità non può essere scaricata sui lavoratori – dice Giuseppe Tumminia, leader della Uilcom Uil -. Palermo è diventata il cimitero degli elefanti, le aziende portano qui le commesse meno produttive». Un esempio? La commessa di Wind e l’assistenza mobile di Tim, che «non consentono margini di crescita tali da far raggiungere al sito, che viaggia su valori medio-bassi di produttività, l’obiettivo del 21 per cento – spiega il leader sindacale -. Noi ribadiamo la nostra piena disponibilità a mettere in campo tutte le iniziative necessarie a migliorare la produttività, ma da parte dell’azienda vediamo un atteggiamento stanco e confuso».

Per Salvo Seggio della Fistel Cisl «il sito di Palermo è stato quello più penalizzato dall’azienda e il varo del Job Acts ha finito per metterci ancora più in difficoltà. Almaviva è da 14 anni a Palermo. Siamo lavoratori “anziani” che costano il 30-40% in più rispetto ai neo assunti. Dopo le decine di incontri è arrivato il momento che società e istituzioni dialoghino e prendano un impegno serio». Sul banco degli imputati, infatti, per i sindacati, oltre che l’azienda c’è la Regione siciliana. «È disarmante e imbarazzante – dice Maurizio Rosso, segretario provinciale della Slc Cgil – l’assenza ai tavoli di trattativa delle istituzioni regionali. Il Comune ha fatto la sua parte e ci è rimasto accanto, al contrario il Governo Crocetta non ha ancora compreso che questo settore è l’industria del futuro dalle mille potenzialità e che già oggi conta in Sicilia 20mila occupati».

Per il numero uno della Slc Cgil serve allora «una seria politica industriale per il comparto, che parta dalla formazione dei lavoratori, indispensabile per renderli competitivi sul mercato. Tra due anni il settore avrà un aumento di fatturato di 2 miliardi. Occorre, allora, essere pronti alla nuova sfida». Né per Rosso è pensabile continuare sulla strada della riduzione del costo del lavoro, che «non porta a nulla. Anche perché i lavoratori hanno già fatto i sacrifici che gli sono stati richiesti. Adesso non consentiremo che si licenzi a Palermo, colpendo lavoratori che nel frattempo hanno messo su le loro famiglie, per assumere nuova manodopera altrove».

«Lanciamo un grido d’allarme – conclude il vice segretario Ugl Aldo Rizzo -. Siamo in una fase di stallo. L’8 aprile abbiamo firmato un accordo durissimo per i lavoratori. Oggi quei contratti di solidarietà sono inaccettabili e tra i dipendenti cresce l’esasperazione. Ci appelliamo al governo regionale fino ad ora immobile: serve una risposta immediata, che abbia come fine il radicamento dell’azienda sul territorio e il mantenimento dei livelli occupazionali.Un impegno serio di politica industriale».

Rossana Lo Castro

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