Ogni volta che rientriamo da un viaggio o semplicemente osserviamo una trasmissione televisiva che ci mostra lo stato del verde nelle altre città, siamo assaliti da un moto di sconforto. Perché ogni Parco visitato – a volte le semplici aiuole spartitraffico – dappertutto devono essere ben curate e a Palermo no?
Appena la domanda è posta le risposte differiscono. Qualcuno si avventura a dire che non abbiamo cultura del verde, altri che i cittadini sono incivili, altri ancora che le risorse sono poche e le altre città, più ricche, hanno mezzi e uomini che consentono loro di sfavillare mentre noi ci vergogniamo.
Pulizia e verde sono gli aspetti più appariscenti di ogni città. A seguire arriva il sistema dei trasporti, le sue dotazioni culturali e museali e i meccanismi di fruizione. Naturalmente le attrezzature e limpiantistica sportiva non sono meno importanti.
Limitandoci ad avviare una profonda riflessione sul verde cittadino e sullottimizzazione delle risorse, occorre reperire cifre e avviare confronti che possono aiutarci a sgombrare il campo da molti luoghi comuni e rispondere al quesito che ci siamo posti. (a sinistra, un’immagine di villa Trabia: gi alberi resistono, ma i viali sono del tutto abbandonati tra erbacce e sporcizie varie).
Da un rapido confronto tra Palermo e alcune città – Milano, Napoli, Torino, Bologna, Parigi e Barcellona – emerge con crudezza un altro aspetto della nuova questione meridionale: lincapacità delle classi dirigenti di mettere a frutto le cospicue risorse pubbliche erogate. E siccome in molti conoscono lo stato del verde di Parigi o Barcellona e limpressionante cura dedicata ai parchi, ai fiori e a qualsiasi angolo verde di queste città e allo stato apprezzabile del verde a Torino, Milano, Bologna e Roma, vediamo cosa, a Palermo, ci rende unici nel panorama italiano ed europeo: unici in negativo, ovviamente, condividendo con Napoli, a spesso peggiorandoli, alcuni standard preoccupanti.
Cominciamo dallestensione delle aree verdi. Roma con i suoi 32 milioni di mq, precede Torino (17 milioni), Milano (15 milioni), Bologna (9 milioni) e Napoli con i suo 3,5 milioni.
Palermo, sulla carta, conta oltre 11 milioni di mq di aree verdi. Ma, di questi, 10 milioni di questi sono costituiti dal complesso di Monte Pellegrino e della Favorita ad oggi poco o nulla fruibili e poco o nulla soggetti a manutenzione ordinaria.
Piombata davvero in basso, la dotazione di verde di Palermo stride ancor di più se raffrontata alle dotazioni di organico destinato alla cura e alla manutenzione. Ed ecco i dati: Roma 818 addetti, Torino 126 operatori, Milano 130 addetti, Bologna 57 operatori. Napoli disperatamente vuole emularci, ma non ci eguaglia, 719 unità. Palermo salda nel suo primato annovera, sommando i dipendenti Gesip ai dipendenti comunali, 1088 operatori.
Pensate, il doppio del battaglione dassalto del Reggimento San Marco o dei paracadutisti della Tuscania. Dunque questo immenso dispiegamento di forze potrebbe affrontare e sbaragliare i nemici del verde: il vandalismo, la trascuratezza, il succedersi delle stagioni, e restituire alla città spazi verdi da guardare e godere con legittimo orgoglio. (a destra il Parco Cassaràil giorno dell’inaugurazione – foto tratta da palermo.mondodelgusto.it – oggi questo spazio verde è completamente abbandonato)
Questo sbalorditivo numero di unità lavorative destinate al verde pubblico, che, peraltro, con esclusione della Favorita è preposto alla cura di veri e propri fazzoletti residui di verde, di fronte ai nemici sopra elencati alza bandiera bianca, diserta o, semplicemente, latita. Potremmo essere non Parigi, ma Versailles. Invece siamo drammaticamente Palermo.
Quante unità pensate si dedichino al verde parigino? Quello dei Boulevard, dei Parchi con aiuole a composizione cromatica e geometrica perfetta? Tremila addetti per una città 12 volte più grande di Palermo!
Dunque, riassumendo: i giardinieri in città sono 1088, curano centocinquanta ettari di verde con un rapporto addetti per ettaro superiore di gran lunga perfino a quello di Napoli, e con risultati terribili.
Prendiamo il Parco ‘Cassarà’, aperto di recente, o Villa Trabia, giardino storico. Per ambedue vale la regola del decimo. Curo i dintorni dellingresso e tralascio i 9/10 della parte restante. Il Parco Cassarà oltre ai 5000 mq di prato stesi lanno scorso è abbandonato ai rovi e con le essenze arboree in sofferenza. Villa Trabia è quella che conosciamo: uno sconsolato ex giardino dove lincuria la fa da padrone.
Possiamo invertire la tendenza? Visti i precedenti verrebbe da dire, no. Ma se le istituzioni coinvolgeranno la gente, i fruitori del verde, trasformandoli da passivi e malconci destinatari di un pessimo servizio in esigenti e propositivi collaboratori e vigilanti, forse qualcosa finalmente si muoverà.
Nota a margine
Sarebbe ingiusto, oltre che scorretto, scaricare la responsabilità dell’incuria del verde pubblico di Palermo sull’attuale assessore comunale, Giuseppe Barbera. Al contrario, sappiamo – perché lo conosciamo – quanto sia importante per Barbera il verde pubblico della sua città: argomento che conosce benissimo, visto che insegna Coltivazioni arboree alla facoltà di Agraria di Palermo.
Se oggi pubblichiamo la nostra inchiesta, lo facciamo per tre motivi.
Primo: per denunciare l’inerzia della passata Amministrazione comunale.
Secondo: per spronare l’Amministrazione a far lavorare gli oltre mille addetti del settore, con la speranza che la città riesca a costruire un rapporto diverso con il Parco della Favorita e con Monte Pellegrino.
Terzo: perché siamo convinti che Giuseppe Barbera saprà dare risposte concrete e positive alla nostra città.
g.a.
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