La festa di Lapis ha coinvolto tutta Catania: dal progetto Rewallution, partito il 14 settembre nel quartiere della Civita, ai concerti alla Villa Vincenzo Bellini, tra i quali quello di Giovanni Sollima e dei Caravane Passe, fino al laboratorio d’improvvisazione musicale “Il Musicista Nudo” tenuto da Francesco Cusa, dal 23 al 25 settembre.
Abbiamo ripercorso il primo ventennio di questa realtà editoriale insieme al direttore Paolo Consoli, che è anche il cofondatore di Lapis, assieme al collega e direttore artistico della festa Andrea Pennisi.
Come inizia l’esperienza editoriale di Lapis Suoni e Visioni?
“Bisogna considerare innanzitutto il contesto mediatico catanese degli anni ’80: unico mezzo di comunicazione reale era – e rimane tutt’oggi il principale- il quotidiano La Sicilia. Le iniziative erano poche e mirate a un grosso pubblico, gli unici concerti che venivano organizzati a Catania erano quelli del Teatro Massimo Bellini e alcuni di musica leggera di artisti di quegli anni, un panorama ristretto ai grandissimi nomi che avrebbero portato incassi sicuri. Mezzi secondari, per quanto riguarda il bacino che riuscivano a ricoprire, erano le radio libere e i volantini ciclostilati. Il progetto iniziale si chiamava Quo Vadis, una rivista a tutti gli effetti, di trentasei pagine il cui nucleo era costituito da un calendario d’eventi. Quo Vadis ebbe vita breve,dopo un anno e mezzo fummo costretti a chiuderla per difficoltà economiche. Decidemmo di sintetizzare in un foglio la pubblicazione prendendo in considerazione proprio il calendario centrale”.
Nei primi anni novanta a Catania ci fu un incremento notevole delle attività culturali, legata all’operato dell’amministrazione Bianco. Quanto ha inciso Lapis in quegli anni?
“Lapis ha fatto la sua parte attraverso la pubblicizzazione di eventi culturali e l’organizzazione di eventi, credo tuttavia che le acque si stessero muovendo a prescindere, di certo noi abbiamo dato il nostro contributo, soprattutto per quanto riguarda la rivalutazione di quegli spazi che potevano essere utilizzati meglio.
Per esempio?
“Nel ’94, ci prodigammo di organizzare il concerto degli Almamegretta e scegliemmo uno spazio nel centro storico di Catania adibito all’epoca ad autorimessa della nettezza urbana. All’inizio l’amministrazione comunale si mostrò diffidente nei nostri confronti, ma noi insistemmo e ci occupammo di rendere utilizzabile quel cortile tramite l’ausilio di autobotti e con l’aiuto di Alessandro Arena, in qualità di tecnico delle luci. Era il cortile Platamone, adesso sede del Palazzo della Cultura. Per quanto riguarda l’amministrazione Bianco, non sono totalmente d’accordo. Ripeto, il clima stava cambiando e a mio parere ci sarebbe stata aprioristicamente un’esplosione culturale di quel tipo, l’amministrazione l’ha agevolata sotto un certo profilo, ma sotto una diversa prospettiva ha limitato la reale portata di ciò che stava accadendo. Nel particolare, l’organizzazione dei concerti girava in un circuito molto ristretto di cinque-sei etichette organizzative d’eventi, nella fattispecie tutto si riduceva ad una gara a chi propone il nome più grosso, l’artista più costoso, il tutto a danno della città. In questo gioco non potevano che rimanere escluse le piccole etichette, tanto che in quegli anni fummo costretti a organizzarci nell’associazione temporanea di operatori ‘Arti Migranti’ pur di avere potere contrattuale“.
La diffusione di Lapis adesso può contare anche sul supporto telematico del sito lapisnet.it. Come mai avete aspettato così tanto prima di lanciarvi nella rete?
“Il ritardo nella nascita del sito internet è dovuto alla mia diffidenza nei riguardi di internet: ho sempre creduto che Lapis dovesse rispettare quelle caratteristiche con cui era nato. Alla fine ho ceduto, persuaso da Rocco Rossitto e Francesco Grasso, due nostri amici che ci hanno stimolato tantissimo per fare il tanto atteso ‘salto nel web’. Inutile dire che la pubblicazione non perderà la sua configurazione cartacea“.
Ciò che ha caratterizzato di più questo ventennale, al di là dei concerti e delle performance teatrali e artistiche eseguite alla Villa Bellini, è stato il progetto Rewallution. Di cosa si è trattato?
“Partendo dal presupposto che un concerto è qualcosa di effimero, volevamo lasciare a Catania qualcosa che rimanesse al di là dell’evento in sé, ed abbiamo pensato ad un progetto di street art che potesse essere inserito nel tessuto urbano. Abbiamo selezionato cinque artisti internazionali che potessero ridare un respiro artistico alla città, ed abbiamo voluto iniziare dal centro del centro storico: La Civita, piazza XVII agosto. Abbiamo scelto cinque artisti tra cui alcuni di fama internazionale – Bo130, San, Microbo, 2501 e Guè – per inserire Catania in un circuito che potesse essere più ampio di quello provinciale. L’intento è quello, dall’anno prossimo, di censire – in collaborazione con la Cattedra di Architettura e Composizione Architettonica del corso di Laurea di Ingegneria e Architettura – i muri utilizzabili e creare un percorso di street art che attraversi la città, sempre con l’ausilio di artisti riconosciuti a livello internazionale”.
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