V. Emanuele, chiesta fine contratto ai vigilantes Cantaro: «Non hanno fatto il loro lavoro, basta»

L’aggressione a Rosario Puleo ha, finalmente, smosso qualcosa all’interno della gestione della sicurezza del Pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania. Dopo l’intrusione all’interno dei locali del presidio, favorita probabilmente da un’operatore sanitario del 118, e il mancato intervento dei vigilantes, il direttore generale Paolo Cantaro ha imposto la rescissione del contratto alla ditta palermitana Sicurtransport spa. «Ci sono delle regole nella pubblica amministrazione – spiega Cantaro a MeridioNews – e in questo caso non sono state rispettate. Ho sentito i vertici della ditta e, prima di tutto, ho chiesto che i loro dipendenti del Vittorio vengano immediatamente trasferiti. In secondo luogo – continua il dirigente – ho chiesto di risolvere il contratto». «Non abbiamo intenzione di vedere lo stesso personale che non ha svolto il proprio lavoro nei nostri edifici – conclude amareggiato il direttore – Se fossero stati realmente vigilanti non si sarebbe verificato nulla».

La ditta palermitana e i costi
L’azienda privata che da anni svolge i servizi di vigilanza all’interno di tutto il Policlinico è interna al gruppo Sicurcenter, il cui amministratore delegato è il vicepresidente di Confindustria Palermo Luciano Basile. Magnate della vigilanza privata, la cui Sicurcenter era stata citata dalla magistratura pugliese nell’inchiesta sul cosiddetto sistema Trani. Il servizio erogato dalla ditta, considerate le fatture dal 2013 a oggi, costa – per tutti gli edifici che compongono l’azienda sanitaria – in media 126mila euro al mese. Un prezzo che, come spiega il direttore generale Paolo Cantaro, «è controllato dalle prefetture a livello nazionale». A questi si devono aggiungere i costi che il Policlinico ha sostenuto per realizzare il sistema di videosorveglianza dei locali del pronto soccorso, affidato alla Teleservice per un totale di circa ottomila euro.

La presunta connivenza tra dipendenti e criminali
Da giorni si parla di un sistema che, come testimoniato dalle immagini del pestaggio restituite dal sistema di videosorveglianza, avrebbe consentito l’ingresso agli otto uomini immettendo il codice segreto di accesso ai locali dei medici, tramite un soggetto probabilmente interno al servizio di ambulanze. Elisabetta Lombardo, del sindacato medico Anaao Assomed, parla di «connivenze» tra gli operatori sanitari, i vigilantes e ambienti criminali. «Quello del collega Puleo è chiaramente un agguato mafioso, favorito da collegamenti all’interno del nostro ospedale – spiega la dottoressa a MeridioNews – buchi nel sistema di sicurezza e di vigilanza». La sindacalista punta il dito contro le istituzioni accusate di essere sorde rispetto alle richieste dei dipendenti dell’ospedale di via Plebiscito. «Come medici siamo delusi dal silenzio della politica cittadina e regionale, ma soprattutto dalla risposta della prefetta, che nega la gravità dei fatti, e del questore». Proprio Marcello Cardona, secondo la professionista, alle richieste di un presidio fisso di polizia, avrebbe risposto più volte di «non poter fare preferenze, perché secondo lui il nostro è un reparto come tanti», spiega ancora Lombardo. Che aggiunge: «I diversi casi di violenza, da quello della collega Angela Strazzanti ai diversi assalti notturni, dimostrano che non è così».

Le richieste dei medici
Le stesse richieste arrivano anche dal presidente dell’Ordine dei medici di Catania, Massimo Buscema, che durante l’incontro avvenuto in ospedale martedì scorso ha chiamato personalmente la prefetta Maria Guia Federico per avanzare alcune proposte. «Siamo stanchi, parlare soltanto di solidarietà è triste e non serve – spiega Buscema a MeridioNews – È evidente che quell’area insiste in una parte di Catania che non è tranquilla, per questo motivo è necessario un posto di polizia. Come si è visto i vigilantes non bastano anche perché spesso vengono dagli stessi quartieri». Buscema si spinge oltre e chiama in causa il direttore generale Paolo Cantaro che, a suo parere, dovrebbe lincenziare immediatamente la persona che ha permesso l’accesso nei locali del pronto soccorso. «Se c’è del personale infermieristico o del 118 in una sorta di connivenza o di benevolenza con questi criminali, il direttore generale in un paese civile dovrebbe fare quello che va fatto, ovvero licenziarlo. Queste persone non possono stare a contatto con il personale onesto». A queste parole però Cantaro risponde affermando di non essere direttamente responsabile. «Stiamo parlando di personale del 118 – spiega – non è nel mio potere poterlo licenziare». Versione però messa in dubbio dal vertice del servizio di soccorso, la dottoressa Isabella Bartoli, che afferma: «Se sbaglia il nostro personale paga, ma in questo caso non siamo in grado di poterlo fare perché non si tratta di nostri operatori. Noi – aggiunge – siamo solo un coordinamento di persone che dipendono dagli ospedali, dal sistema 118 Seus o dall’Asp». 

Mattia S. Gangi

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