Siracusa e la sua provincia risultano al terzo posto nella classifica nazionale del tasso di permeabilità dell’usura sul territorio. È quanto emerge da uno studio realizzato da Eurispes che ha preso in esame i dati relativi all’anno 2015 incrociando 23 diverse variabili socio-economiche fra cui il livello di disoccupazione, la ricchezza complessiva del territorio e l’entità dei fenomeni estorsivi.
In testa alla classifica Parma, poi Crotone e Siracusa che, con il 91,9 per cento, è la prima fra le province siciliane seguita da Trapani al quinto posto, Palermo al settimo, Catania al nono e Caltanissetta al decimo.
In Italia ammonta a oltre 82 miliardi di euro il giro di affari legato all’usura, fenomeno che colpisce sia le imprese che le famiglie. E va considerato che questa cifra è sicuramente approssimata per difetto, perché molti prestiti illegali restano sconosciuti alle forze dell’ordine. «Sono sempre piuttosto scettico nei confronti di questi studi che cercano di quantificare fenomeni che, per loro natura, hanno una parte sommersa come quello dell’usura». A parlare a Meridionews è Paolo Caligiore, il coordinatore provinciale dell’associazione antiracket di Siracusa.
«Mi lascia perplesso – commenta Caligiore – anche il terzo posto di Siracusa che è un territorio in cui il fenomeno certamente esiste ma non più che in altri luoghi». Commercianti, imprenditori e artigiani sono le classiche vittime dell’usura ma, in questo periodo di crisi economica e di chiusura delle banche ai prestiti, anche i cittadini si rivolgono sempre più spesso agli strozzini. «Il problema – spiega il coordinatore dell’associazione antiracket – è che molte persone considerano gli usurai come amici e benefattori pronti a prestare denaro e aiuto nel momento del bisogno e questo rende ancora più difficile convincere le persone a denunciare».
Nella provincia di Siracusa, vittima dell’usura è soprattutto chi opera nel campo dell’agricoltura e della zootecnica. «Magari, una volta, finiva dall’usuraio chi aveva fatto il passo più lungo della gamba – racconta Caligiore – o chi aveva fatto un investimento in un affare sbagliato e per questo motivo si trovava in difficoltà; oggi, invece, è l’ordinaria amministrazione economica di una attività che alimenta questo credito nero».
Anche nella provincia aretusea, che da sempre è considerata erroneamente babba, l’usura è in mano ai soliti classici insospettabili, avvocati, commercialisti e imprenditori che agiscono sotto il controllo del clan mafioso locale a cui sono contigui. «Nella nostra provincia, una correlazione importante da fare – sottolinea Caligiore – è quella fra usura e gioco d’azzardo patologico, disastroso fenomeno in forte espansione che rovina e manda sul lastrico molte persone che poi vedono come unica via d’uscita quella di rivolgersi agli usurai».
Arresti di capimafia e gregari e relativi sequestri dei loro beni indebitamente acquisiti, negli ultimi anni, hanno intaccato la liquidità a disposizione delle organizzazioni mafiose siracusane «ma – lamenta Caligiore – se gli imprenditori continuano a pagare il pizzo o a rivolgersi agli usurai per ottenere prestiti con altissimi tassi di interesse, forniscono alle mafie una fonte economica molto sostanziosa. È per questo che noi rinnoviamo sempre l’invito alla denuncia, perché le leggi ci sono e funzionano, ma senza denuncia difficilmente si riesce a innescare il meccanismo delle indagini».
Ascoltare, accompagnare e sostenere le persone in ognuna delle delicate fasi che precedono e seguono la denuncia, in collaborazione con le istituzioni e con le forze dell’ordine. È questo il ruolo delle associazioni antiracket. «Denunciare – conclude Caligiore – significa rinunciare a essere succubi degli estorsori e degli usurai. Liberazione è la parola che usano di più le persone che aiutiamo a denunciare perché il sistema asfissiante e soffocante degli usurai non lascia respirare».
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