Uscire all’euro? Non sarà la fine del mondo. Anzi…

Ripubblichiamo in prima pagina, su richiesta dei nostri lettori, un articolo sull’euro online dal 21 ottobre scorso.

Tra le tante leggende che corrono sull’euro, una è particolarmente divertente ed è diffusa da grandi esperti di economia che però, schivi e riservati per natura, invece che scrivere articoli di economia o insegnare, preferiscono diffondere il verbo dalle prime pagine dei giornali. Uno di essi è il famosissimo Massimo Gramellini (nella foto sotto a destra tratta da libriblog.com), uno che va forte nei social network, pieno di “mi piace” quasi come il suo omologo, Michele Serra, e che ci ritroviamo da quell’altro bel tomo di Fazio il sabato sera a spiegarci come si fa ad essere moderni.

A Gramellini chi chiede il ritorno alla lira mette tenerezza. Mutui raddoppiati, cittadini spaventati dal futuro, un pizzico di Weimar che fa tanto uomo di cultura e ci sta sempre bene e poi il dato tecnico, implacabile, con tanto di numeri: si va al supermercato con la carriola, inflazione a due cifre e perdita di valore del 30% in un solo giorno.

Beh, se lo dice Gramellini ci sarà del vero. Se poi lo conferma anche il grande segretario del grande partito della grande sinistra italiana allora il Paese è tranquillo: fuori dall’euro ci sono solo tenebre, anzi, la guerra come dice la Merkel; meno male che Monti c’è.

Ma questo Paese, ahilui, ha anche prodotto, oltre a segretari scamiciati e corsivisti illuminati, oscuri ricercatori che – lungi dal mettere in dubbio parole così solenni provenienti da scranni così autorevoli – si sono accorti di un paio di cose. Vediamo quali.

È ovvio che l’uscita dall’euro provocherà una svalutazione. Si esce dall’euro perché il cambio fisso con la Germania (ma anche Olanda, Finlandia, Austria) sta facendo “minnitta” dei Paesi periferici dell’Europa.

Il “30% in un giorno” è un dato che Dio solo sa da dove è preso. In genere, il “quanto” si calcola a partire dal “differenziale di inflazione” con il Paese con cui abbiamo, ad un certo punto, condiviso la moneta. Nel famosissimo caso dell’Argentina e dell’agganciamento del peso al dollaro.

Quando nel 2001 l’Argentina abbandonò il cambio 1:1 si svalutò di più del 200% (prima per acquistare un dollaro bastava un peso poi ne serviranno 3,32). Ma si svalutò di così tanto perché nei dieci anni precedenti (quelli della parità con il dollaro) aveva cumulato 221 punti di inflazione. Contro i 31 (punti di inflazione) del dollaro. 221-31 fa 190. E infatti l’anno dopo il cambio peso-dollaro diventò, ma guarda un po’, 2,91:1, cioè per un dollaro ci volevano 2 pesos e 91. Più o meno il 190%…

E l’Italia? I più colti tra voi, quelli che leggono Serra e Gramellini, ricorderanno che nel 1992 l’Italia uscì dallo SME (lo SME era la stessa cosa dell’euro: cambi fissi e divieto di oscillare a piacimento). Nei 5 anni precedenti il cambio con il marco era stato fisso. Nel frattempo, però, da noi l’inflazione era stata 4 punti sopra a quella tedesca. Adesso potete fare un giochino anche voi. Se moltiplicate 4 (differenza di inflazione annua) per 5 (numeri di anni) quanto trovate? Bravi, 20. E di quanto si svalutò la lira nel 1992? Devo dirvelo? O lo chiedete a Gramellini e a Bersani? Bravi, si svalutò del 20%.

Tutto questo per dire che la moneta si svaluta per recuperare la differenza di inflazione cumulata (cioè anno dopo anno). Quant’è la differenza tra noi e la Germania? Siamo poco più sopra al 20%. Di quanto si svaluterà la nuova lira? Suvvia, ditelo voi ai corsivisti della grande stampa.

Ma il problema non è tanto la svalutazione, diranno i nostri esperti di economia, quanto l’inflazione. Se svaluto oggi, domani mi serviranno più soldi per comprare le stesse cose. Quanti soldi in più mi serviranno? Beh, almeno il 20% in più, no? Addirittura un quinto! Come posso fare?

Qui ci viene in soccorso Monti, esperto economista per adesso distaccato alla presidenza del Consiglio. Che, al pari dei suoi colleghi, sa bene che il rapporto tra svalutazione e inflazione non è, NON è, di 1:1. Non svaluto del 200% e quindi la mia inflazione è del 200%. Non svaluto del 20% e la mia inflazione diventa del 20%.

Nel famoso 1992 alla svalutazione del 20% corrispose, sorpresa sorpresina, un’inflazione che dal 5% passo al… 4,5! Cioè mezzo punto in meno.

Ora, l’inflazione è una cosa cattiva (e non è vero, torneremo anche su questo) ma l’euro cosa diavolo c’entra?

Roberto Salerno

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