Emigrano anche gli studenti universitari. Gli immatricolati sono in evidente calo (appena 7.700 quest’anno), quasi uno studente su tre (tra il 25 e il 30 per cento) lascia l’Università di Palermo durante la triennale e dopo la laurea tra il 15 e il 20 per cento preferisce fare la magistrale fuori, mentre gli altri o rimangono o cercano lavoro. Sono numeri decisamente negativi quelli che il rettore Fabrizio Micari ha presentato in occasione della «Giornata della Trasparenza» in viale delle Scienze. Particolarmente preoccupante la flessione dei nuovi iscritti: il rettore l’ha definita «non sostenibile». Anche perché da un maggior numero di immatricolazioni – così come da risultati migliori nella ricerca – passa inevitabilmente l’aumento dei fondi statali.
Anche il bilancio («che comunque è sano») lascia poco spazio all’immaginazione. I ricavi ammontano a 234 milioni di euro (di cui 196 dal fondo di finanziamento ordinario), i costi a 226: quasi l’85 per cento viene assorbito dal personale, mentre un altro 11,3 per cento se ne va in spese di funzionamento e per le strutture decentrate si spendono 4 milioni. Alla fine dei conti il risultato economico al netto delle imposte è di 2,7 milioni, che saranno impiegati per intero nei lavori indispensabili come la manutenzione di edifici e aule. Cifre, insomma, che «non lasciano ampi margini per gli investimenti e che è giusto raccontare perchè dobbiamo essere trasparenti», ammette Micari, che però rivendica «l’aumento delle risorse per i dottorati di ricerca e la diminuzione dei fuori corso, visto che prima si laureava in tempo soltanto la metà degli studenti, adesso i due terzi» e soprattutto, tema caro alle famiglie, «l’aver mantenuto la tassazione ordinaria (34 milioni, nda) entro il limite di legge del 20 per cento rispetto al fondo di finanziamento. Un vincolo normativo che non viene rispettato dappertutto. E due anni fa avevamo la seconda tassazione d’Italia dopo l’Università della Basilicata. Abbiamo deciso di mantenere questa tassazione – conclude – consapevoli delle difficoltà economiche e sociali del territorio».
Per il rettore il rilancio dell’Università passa «innanzitutto dall’aumento delle immatricolazioni, è un numero decisamente basso. Le persone non credono più nella laurea come ascensore sociale. Inoltre dobbiamo migliorare l’accoglienza, l’orientamento e la ricerca per far scattare i meccanismi premiali, ma soprattutto il collegamento col mondo del lavoro. Una magistrale attira se ha un buon collegamento col mondo di lavoro, se prevede stage e collegamenti internazionali. È una pacifica chiamata alle armi, dobbiamo essere consapevoli di questi dati e lavorare insieme».
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