C’è chi ha la valigia pronta sul letto, sta per andare via. Chi dopo venti giorni passati dentro una tenda si è spostato da tre su dei materassi di fortuna in un aula del Santi Romano. Ragazzi e ragazze che studiano, che fanno rinunce, per rispettare dei parametri che dovrebbero garantirgli il diritto allo studio, o almeno un tetto sulla testa. Youssef, Silvia, Claudio. Sono solo tre dei duemila nomi sull’elenco di idonei che non rientrano nell’attribuzione di un alloggio. E poi ci sono le cattedrali nel deserto come l’Hotel Patria. Anni di carte e mediazioni per arrivare ancora ad altri impedimenti, ad altre carte. Oggi gli studenti, circa un centinaio, del comitato spontaneo di mobilitazione studentesca si sono dati appuntamento qui, accompagnati dal deputato Erasmo Palazzotto e insieme al delegato del rettore hanno fatto un giro dell’edificio per verificare le sue condizioni e per cercare di velocizzare l’attribuzione di 80 posti letto a chi ne ha bisogno. Una goccia nel mare, ma può essere un punto di partenza. Adesso sono in presidio permanente fino a quando non avranno risposte concrete.
Le richieste dei benefici Ersu sono aumentate negli ultimi anni per fattori contingenti, come l’impoverimento ulteriore della Sicilia Occidentale, le soglie di Isee si sono abbassate, ma l’offerta dei servizi abitativi è rimasta pressoché invariata. Il 26 novembre sono stati assegnati solo 228 posti a fronte dei mille necessari. «In una fase emergenziale come quella che stiamo vivendo – spiega Silvia Fabbra del comitato – ci siamo riuniti davanti a un edificio lasciato chiuso per molti anni. Anni fa è stato occupato da un altro gruppo di studenti ma dopo che i ragazzi hanno lasciato il presidio, non è stato più riaperto e oggi vogliamo spingere perché sia restituito alla sua funzione».
La situazione è di emergenza e gli universitari non possono più aspettare: «Molti ragazzi come me stavano tornando a casa – spiega Claudio Rallo, tra i fondatori del Comitato – stavo per chiamare il mio titolare al lavoro per dirgli che non potevo tornare per un periodo, un’agenzia di comunicazione e marketing, poi ho parlato con altri ragazzi e abbiamo deciso di trovare una soluzione a tutti i problemi affrontati in questi anni. Il nostro errore è stato non mobilitarci prima perché la situazione è andata sempre a peggiorare. Questo comitato è servito a catalizzare la protesta, ad essere coesi per avere più forza, una voce unanime. Così in questo mese abbiamo raggiunto dei piccoli obiettivi ma il nostro obiettivo è raggiungere il 100 per cento. Ora inizia un altro step e fare aprire una residenza universitaria che potenzialmente garantirebbe 100 posti letto, sarebbe una boccata d’ossigeno per molti ragazzi che si trovano in difficoltà»
Una situazione condivisa da tantissimi studenti: «Senza una borsa universitaria e un posto letto difficilmente avrei potuto iniziare l’università anzi forse non l’avrei iniziata affatto – racconta Stefania Agata – Faccio parte di una famiglia, numerosa, cinque figli con un unico capofamiglia: mia madre. A marzo inizia il mio settimo anno di università e gli altri sei sono stata sempre assegnataria, da quest’anno no. Quando ero a Urbino per la triennale se raggiungevi determinati obiettivi avevi comunque il posto letto garantito. Sono tornata perché questo è il posto dove voglio stare e che dobbiamo valorizzare».
Alla fine del giro la situazione per Palazzotto è sembrata ancora più chiara: «Noi siamo davanti a un simbolo -afferma – l’Hotel Patria è un immobile definito, che aspetta la conclusione di un iter burocratico molto lento per poter essere aperto e reso fruibile come residenza universitaria. È chiaro che questo non risolve il problema, però è il simbolo di come le istituzioni siciliane non si stanno preoccupando di rispettare il diritto allo studio dei giovani. Se ci sono voluti anni per creare ottanta posti immaginiamo quanti ne possono servire per affrontare e per risolvere il problema del diritto allo studio per oltre duemila persone che risultano idonee ovvero hanno il diritto a ricevere un luogo in cui stare e però lo Stato non è in grado di garantirli. Qnoi chiediamo pretendiamo che le istituzioni regionali e universitarie convochino immediatamente un tavolo: serve trovare le risorse e garantire l’impegno per affrontare la questione molto complessa, un dramma per questa terra. Ci sono degli strumenti che possono essere messi in campo dall’Università, dalla Regione e dal governo centrale e sarà mia premura chiedere al ministro dell’Istruzione se e come intende affrontare la questione del diritto allo studio in Sicilia».
L’università dal canto suo negli ultimi tempi ha avviato un servizio per la ricerca di soluzioni alloggiative private per gli studenti al costo di circa 50mila euro, facendo incontrare domanda e offerta. Nel bilancio di previsione sono stati disposti 100mila euro per borse di studio, facendo scorrere la graduatoria dell’Ersu. «Rispetto a questo edificio spiega il delegato del rettore, il professore di diritto costituzionale Giovanni Scala – abbiamo cercato di mediare ogni volta che ci sono stati dei contrasti come nel caso della scala di emergenza o nel caso dell’acquisto dei locali a piano terra per l’uscita di emergenza come indicato dalla soprintendenza. Ci troviamo in una situazione molto particolare, ovvero che la parte uni si trova all’interno di un condominio e dall’altro su questo immobile si sono sovrapposte tante competenze dall’Ersu alla Regione fino allo Iacp». E poi Scala spiega: «In questo momento l’edificio è stato sottoposto a una diffida da parte del Comune per la messa in sicurezza delle parti condominiali. Dopo molto tempo i condomini hanno deliberato sul via a questi lavori che sono stati effettuati. Siamo in attesa della liberatoria da parte dell’Amministrazione Comunale per entrare nella piena disponibilità dell’edificio. Contemporaneamente si pone il problema, a seguito delle nuove norme sulla sicurezza sismica di compiere la verifica di vulnerabilità sismica dell’edificio che è di competenza condominiale. Abbiamo chiesto al condominio di attivarsi per richiederla con la piena disponibilità da parte dell’amministrazione universitaria. Questa delibera non può arrivare se non perviene la liberatoria, speriamo il prima possibile».
«Siamo qui anche per sottolineare le responsabilità politica dell’università in merito al fatto che questo posto è chiuso da tanti anni – spiega Youssef Amroui, uno dei rappresentanti del Comitato spontaneo di mobilitazione studentesca – Al tempo stesso, parlando di diritto allo studio non dimentichiamo che il nostro interlocutore è anche l’assessorato regionale alla Formazione: vogliamo più fondi e sapere che fine hanno fatto anche quelli europei destinati per noi nel 2019. La contribuzione regionale è scarsissima, poco più di quattro milioni a fronte di una domanda altissima. Per non parlare dell’inerzia nella programmazione per avere strutture che si trasformino in posti letto fisici. Serve una pianificazione. Gli studenti intendono mettere in campo una serie di politiche di riappropriazione degli spazi, non siamo più disponibili a tollerare l’inerzia. Se esiste un tetto, noi andiamo a vivere sotto quel tetto. Le risposte dell’Università non bastano, sono le stesse che sentiamo da anni. Sappiamo che la burocrazia ha i suoi tempi ma gli studenti non sono più disposti ad aspettare e passivi rispetto a questa vicenda».
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