Unict vince il ricorso contro il Ministero Statuto, il Tar dà ragione al rettore Recca

Sembra essersi conclusa la lunga vicenda – anche giudiziaria – che riguarda lo Statuto d’Ateneo, il regolamento dell’Università etnea entrato in vigore lo scorso dicembre. Il Tar di Catania ha respinto il ricorso presentato dal Ministero dell’università e della ricerca contro la carta statutaria catanese. Erano 18 su 43 gli articoli messi in dubbio dagli esperti ministeriali, riassunti in una nostra infografica. Dopo le accese contestazioni che hanno visto protagonisti le due fazioni – i difensori della carta guidati dal rettore Antonino Recca e i numerosi detrattori, tra i quali di docenti del Coordinamento unico d’Ateneo e il giurista Vincenzo Di Cataldo – il Tribunale amministrativo ha stabilito l’annullamento della richiesta di sospensione avanzata dal Miur.

La decisione del Tar etneo era stata preceduta a febbraio dal rigetto della richiesta di sospensione dello statuto, decisione che aveva scongiurato la paralisi della macchina universitaria impegnata nella riorganizzazione richiesta dal passaggio dalle facoltà ai dipartimenti.

Non entrando nel merito dei famosi 18 articoli contestati, i giudici hanno stabilito «l’incompetenza del Direttore generale del Ministero – Daniele Livon, autore anche della lettera nella quale sono contenuti i primi rilievi – ad esercitare (in luogo del Ministro) il controllo di legittimità e di merito». E – inoltre – i dubbi sollevati sono giunti dopo l’approvazione dello statuto. Dalla persona sbagliata e in ritardo, dunque. Accolta la linea di difesa degli avvocati dell’Università e Statuto salvato.

Eppure, una parziale marcia indietro l’Ateneo l’aveva già fatta, accogliendo alcune critiche in un tentativo di conciliazione con il ministro Francesco Profumo. A febbraio era stata abolita la contestatissima norma che prevedeva la decadenza del Senato accademico nel caso in cui il corpo elettorale avesse bocciato un’eventuale mozione di sfiducia al rettore proposta dallo stesso Senato. Inoltre era stato disposto l’aumento della componente studentesca nel Senato accademico (da cinque a sei rappresentanti) e nel Nucleo di valutazione (da uno a due rappresentanti). Altri passaggi modificati quelli  nell’ambito dell’esercizio dell’autorità disciplinare da parte del rettore, con l’inserimento dei due riferimenti alle leggi Gelmini (240/2010) e Brunetta (150/2009).

Al di là degli aspetti riguardanti la legittimità del ricorso, l’elemento maggiormente contestato da parte della comunità accademica catanese era stata proprio quella gestione del dibattito. Le perplessità dei detrattori della carta riguardavano innanzitutto l‘iter di approvazione. Una commissione formata alla svelta direttamente dal Rettore, una discussione serrata e la volontà di procedere senza ascoltare i primi rilievi giunti da Roma. Ma l’azione decisa del prof. Recca – invece – era stata ben accolta da un’altra ala dello schieramento, tra i quali il docente di Diritto del lavoro Bruno Caruso.

Come scritto dal Coordinamento unico d’Ateneo sul suo blog su CTzen, «la richiesta di sospensiva non è avvenuta (come altrove) per un vizio di violazione di legge, ma anche per eccesso di potere, non avendo il nostro ateneo seguito le corrette procedure di adozione statutaria». Tesi sostenuta anche dal prof. Di Cataldo nella sua lettera al Rettore: «La nomina della Commissione statuto è stata fatta, in Senato, con palese violazione del regolamento elettorale del Senato. Il nuovo statuto è passato, in Senato, con molti voti contrari e molte astensioni».

La palla, adesso, ritorna nuovamente al Miur che potrebbe decidere di ricorrere al Consiglio di giustizia amministrativa. Anche se il Tribunale catanese ha sconsigliato una decisione del genere, auspicando «un proficuo percorso di “leale collaborazione”, inteso a salvaguardare – nel rispetto delle reciproche, distinte, competenze – sia l’interesse pubblico sostanziale che le formali prescrizioni di legge».

 

[Foto di Sim Dawdler]

Carmen Valisano

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