Finanziamenti per ricercatori, docenti e personale tecnico-amministrativo, sostegno agli studenti in difficoltà economiche, rimozione del blocco degli scatti stipendiali e infine fondi adeguati alla ricerca. Sono le richieste, contenute in una mozione approvata nella seduta di ieri, che arrivano dal senato accademico dell’università di Catania. L’ateneo siciliano è tra i più attivi nella protesta contro il sistema di Valutazione della qualità della ricerca (Vqr) e nella sessione di ieri i docenti hanno incaricato il rettore Giacomo Pignataro di farsi portavoce delle istanze indirizzate al governo.
All’origine di tutto c’è un dato economico, come si legge nella mozione: «L’Italia, contrariamente ad altri paesi europei e alla maggioranza di quelli Ocse, ha scelto, in questi anni, di ridurre il finanziamento pubblico dell’istruzione universitaria e della ricerca». Una decisione che «non è priva di conseguenze strutturali», perché ha portato alla diminuzione del corpo docente e dell’organico tecnico-amministrativo. A questo consegue anche la necessità di introdurre il numero chiuso in sempre più corsi. «Il disinvestimento nell’università ha anche comportato una riduzione degli interventi finanziari a sostegno del diritto allo studio». Le ripercussioni, sottolineano i componenti del senato accademico, sono maggiori al Sud, dove tra il 2008 e il 2015 le tre università pubbliche siciliane hanno subito un calo di circa il 30 per cento. E sempre meno studenti hanno la possibilità economica di iniziare un percorso universitario o completarlo, come messo in luce più volte dal rettore Pignataro.
Per far fronte a un calo sempre maggiore dei fondi statali, il ministero dell’Istruzione ha dato sempre più peso alla premialità nella ripartizione dei finanziamenti statali. Quote che vengono ripartite sulla base della vecchia Vqr 2004-2010, secondo un sistema da più fronti contestato perché aggrava ulteriormente situazioni già complesse. Secondo i professori catanesi servirebbe infatti privilegiare «una valutazione dei progressi nella qualità della didattica e della ricerca che tenga conto dei punti di partenza dei singoli atenei».
Nonostante una situazione così difficile, i professori di Unict difendono quanto di buono prodotto dal sistema universitario. «Ha contribuito attivamente alla buona riuscita dei processi di valutazione della ricerca e di accreditamento dei corsi di studio – elencano nella mozione -. Inoltre ha realizzato una produzione scientifica di qualità, nonostante la quasi scomparsa del finanziamento pubblico nazionale dei progetti di ricerca». E per finire – si legge nel documento – «ha contribuito, più di ogni altra categoria del pubblico impiego, al risanamento della finanza pubblica, subendo un blocco delle progressioni stipendiali temporalmente più lungo».
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