Sono giorni convulsivi per l‘Università di Catania. Dal paventato rinvio delle elezioni universitarie fino al taglio di alcuni servizi essenziali come la riduzione dello sconto riservato agli studenti per l’acquisto dei testi. Di questo si è parlato nella seduta della Consulta degli studenti tenutasi giovedì pomeriggio tra scontri verbali e polemiche. Secondo i rumors di palazzo tra le associazioni studentesche e il rettore Francesco Priolo, complice la richiesta di rinvio delle consultazioni elettorali, non correrebbe buon sangue. Anche sulla riduzione dello sconto riservato ai circa 40mila iscritti le divergenze non sono mancate. Il contributo, definito impropriamente bonus libro, è frutto della convenzione siglata da Unict e dall’Associazione librai italiani (Ali),secondo la quale a ogni iscritto spetta uno sconto pari al 27 per cento per l’acquisto dei libri di testo. O, almeno, questo avveniva prima dell’emanazione della legge targata Pd che impedisce ai librai di erogare il contributo nella stessa percentuale.
Il finanziamento della misura di agevolazione allo studio, fino al 30 marzo scorso, era distribuito tra l’Ateneo di Catania, per il 17 per cento, e l’Ali per il restante 10 per cento. Dall’1 aprile però, per espressa disposizione della legge numero 15 del 2020 (cd Legge sul libro), le librerie non possono più erogare un contributo superiore al 5 per cento. Da questo momento in poi l’ateneo ha due strade: colmare il 5 per cento venuto a mancare e mantenere il bonus al 27 per cento oppure fare a meno del contributo dei librai (pari al 5 per cento) e portare lo sconto al 22 per cento. Delle due, almeno fino a questo momento, non ne è stata scelta nessuna. Ma il rettore ha preferito proporre, in sede di consulta degli studenti, la riduzione al 15 per cento della misura agevolativa. Questo ha mandato su tutte le furie i rappresentanti degli studenti che – all’unanimità – hanno bocciato la proposta presentata da Priolo. Per il momento, però, non c’è una decisione definitiva perché si attende ancora la valutazione del senato accademico il 27 ottobre e, in particolare, quella del Consiglio di amministrazione il 28 ottobre.
Ma cosa c’è dietro la riduzione dello sconto proposta dai vertici d’Ateneo e la contestuale modifica della convenzione tra Ali e Unict che gli addetti ai lavori definiscono «prestigiosa», perché esclusiva dell’ateneo catanese? A spiegarlo a MeridioNews è la presidente dell’associazione librai italiani di Catania Anna Cavallotto. «Il contributo del 27 per cento – commenta – è una misura che abbiamo sempre accolto con favore perché aumenta le nostre vendite e va a vantaggio degli studenti». Ma se la norma incrementa l’erogazione dello sconto da parte dei librai fino al 15 per cento per i soli testi scolastici, «dall’altro – prosegue Cavallotto – ci vieta espressamente di erogare uno sconto per i testi universitari superiore al 5 per cento». Circostanza, questa, che ha spinto l’Ali a comunicare all’Università l’impossibilità di erogare il contributo nella stessa misura degli anni precedenti. «Noi – continua Cavallotto -, abbiamo chiesto un parere al ministero, che purtroppo è arrivato due settimane fa confermando quanto avevamo già comunicato».
La presidente sottolinea le criticità riscontrate nei rapporti tra Unict e i librai sin dall’emanazione della legge. «L’Università ha detto in anticipo che lo sconto del 27 per cento ci sarebbe stato – attacca Cavallotto -, noi non abbiamo potuto firmare la convenzione perché saremmo incorsi in sanzioni per violazione di legge, con la conseguenza che siamo arrivati a novembre travolti dalle richieste dei ragazzi che vorrebbero usufruire dello sconto che noi non possiamo applicare». La riduzione al 15 per cento avrebbe delle ripercussioni non indifferenti per un settore in crisi da anni. «Dall’aumento dei libri fotocopiati fino alla mancata erogazione dei diritti d’autore la filiera riceverà dei danni enormi», commenta Cavallotto.
«Loro (l’Università, ndr) potrebbero tranquillamente ridurlo al 22 per cento – incalza la presidente -, ma quasi per ripicca o per chissà quale altro motivo che noi non capiamo e che loro imputano ai maggiori oneri dovuti alla pandemia, lo vogliono diminuire ulteriormente». Per questo per Ali sarebbe stato meglio instaurare un dibattito già ad aprile. «Non possono dire oggi che con il nuovo Dpcm sono previsti nuovi costi a carico dell’ateneo difficili da fronteggiare». Anche perché «il 15 ottobre i soldi c’erano e oggi, dopo solo sette giorni, non ci sono più. Adesso – conclude Cavallotto – l’Università dovrà rispondere ai suoi iscritti».
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