«Un percorso universitario può fare la differenza e io ho capito che voglio utilizzare questo tempo per fare tutto ciò che può migliorare e cambiare la mia vita quando sarò tornato fuori». F.S., giovane detenuto nel carcere di Noto, ha appena superato un esame universitario di Matematica e ieri pomeriggio ha raccontato la sua esperienza, in collegamento telematico, nel corso dell’incontro di presentazione del Polo Didattico Universitario Penitenziario di Catania che si è tenuto nella casa circondariale di piazza Lanza: «Ho preso 28, un bel voto che voglio dedicare a mio figlio e alla mia famiglia. Ringrazio i miei docenti perché mi hanno aiutato a scoprire delle abilità che non ero consapevole di avere. Sarebbe bello che anche tanti altri scegliessero di rimettersi in gioco».
«L’iniziativa è nata nel 2019 – ha ricordato il Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria Cinzia Calandrino – e attualmente coinvolge 8 istituti penitenziari che ricadono nel distretto della Corte d’appello di Catania: oltre a piazza Lanza (sede del Polo), anche Catania-Bicocca, Caltagirone, Giarre, Siracusa, Augusta, Noto e Ragusa, in virtù di un protocollo con l’Ateneo catanese che attua l’accordo quadro fra le Università di Palermo, Catania, Messina ed Enna “Kore”, l’Assessorato regionale dell’Istruzione e della Formazione professionale, il Provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria e il Garante regionale dei Diritti dei detenuti, e che ci ha permesso di attingere a finanziamenti specifici da parte della Regione siciliana».
«Siamo al secondo anno di attività, dopo una prima fase sperimentale – ha spiegato il rettore Francesco Priolo – e, grazie all’impegno profuso dal team guidato dai professori Teresa Consoli e Fabrizio Siracusano, delegati a questo progetto, abbiamo già 46 iscritti ai corsi di laurea di vari dipartimenti: Agricoltura Alimentazione e Ambiente, Scienze politiche e sociali, Giurisprudenza, Ingegneria elettrica elettronica e informatica, Ingegneria civile e Architettura, Matematica e Informatica». «A questi studenti e studentesse abbiamo garantito l’esonero totale di tasse e contributi, la fornitura di libri di testo e attrezzature informatiche, abbiamo messo a loro disposizione 16 tutor junior che li accompagnino durante il percorso di studi – ha proseguito il rettore -. Senza dubbio è un percorso che può apparire complesso e difficile, ma a tutti coloro che possono essere interessati dico senz’altro: superate le remore, una laurea può darvi un grande valore aggiunto e delle carte in più da giocarvi per la vostra vita. L’Università di Catania c’è e proverà a fare sempre di più, per affermare il proprio ruolo di promotrice dell’inclusione sociale anche attraverso l’impiego di tecnologie di insegnamento a distanza, lo snellimento delle procedure e l’accesso ai servizi bibliotecari di ateneo».
«Noi ci sentiamo già pronti per organizzare le prime sedute di laurea – ha affermato con entusiasmo la direttrice della casa circondariale di Catania Elisabetta Zito -. Nel corso degli anni, abbiamo attivato 12 classi di scuola dell’obbligo, attualmente abbiamo anche cinque classi di liceo artistico: non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione per garantire anche ai detenuti un pieno accesso alla formazione universitaria. Siamo emozionati ma molto determinati, questo esperimento può essere uno strumento potente per creare opportunità alle persone svantaggiate ospitate in carcere, dando un ulteriore senso alla missione della nostra istituzione».
Bilancio positivo anche per Nina Spina, che ha parlato a nome del gruppo di studenti meritevoli selezionati per fare da ‘tutor’ ai detenuti iscritti: «Molti di loro sono già pronti per sostenere i primi esami, è un’esperienza molto formativa anche per noi che li affianchiamo e incoraggiamo nello studio»; e per il magistrato di sorveglianza Gaetana Di Stefano Bernabò, che ha sottolineato l’importanza di questa iniziativa al fine di «acquisire elementi utili di valutazione per individuare eventuali misure alternative di espiazione della pena».
Il sociologo del diritto Franco Prina, docente dell’Università di Torino e presidente della Conferenza Nazionale dei delegati dei Rettori per i Poli Universitari Penitenziari (Cnupp), ha infine tracciato lo scenario attuale della presenza degli atenei nei luoghi di detenzione, citando alcune esperienze pionieristiche avviate a Torino negli anni ’80 e proseguite successivamente a Padova Bologna Milano e Roma. «Oggi la Cnupp ci ha permesso di istituzionalizzare questo ruolo delle università, rafforzato da protocolli nazionali con il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria – ha detto Prina -: una missione che assume una profonda valenza culturale per il Paese e si richiama agli articoli 3 e 27 della Costituzione, sul diritto all’istruzione e sul compito rieducativo della pena. Attualmente 1250 detenuti in 91 carceri e in vari tipi di regime sono iscritti ai corsi di 41 atenei. Questo permette loro anche di dare un senso al tempo che trascorrono in regime di detenzione, altrimenti spesso vuoto e infruttuoso, e di mantenere una finestra aperta sul mondo, riflettendo sul proprio passato e progettando il futuro. Questi detenuti, a cui le scuole e le università devono garantire il diritto allo studio come a tutti gli altri cittadini italiani, potranno certamente riacquistare dignità, presentarsi come altro rispetto a semplice ‘ex-detenuto’ agli occhi della famiglia, degli amici, della società».
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