«Le parti civili si sono già costituite?». «Sì, c’è l’università di Catania». «Ci siamo anche noi». «Ah, ecco». «Ma oggi sono previsti testimoni?». «No, ci eravamo detti di discutere le questioni preliminari». E’ una gran confusione la terza puntata del processo a Elio Rossitto, ex docente della facoltà di Scienze politiche di Catania accusato di tentata concussione e tentata violenza sessuale nei confronti di cinque studentesse. Un procedimento finora andato a singhiozzo, con tre udienze a distanza di un mese l’una dall’altra, e rallentato da una serie di cavilli burocratici e giudiziari. Che adesso potrebbero trasformarsi in un lungo stop. Ancora una volta assenti gli imputati: oltre al professore anche Francesco Pergola, dipendente dell’ateneo accusato di falso in atti pubblici in concorso con Rossitto per aver falsificato, secondo l’accusa, la registrazione informatica degli esami.
Novità di oggi, la richiesta di costituzione di parte civile del centro antiviolenza etneo Thamaia. «Perché, come recita il suo statuto, il centro intende promuovere il miglioramento delle condizioni di donne e minori che vivono in situazioni difficili – spiega l’avvocato Carlo Failla – Vittime di violenza che può essere non solo fisica ma anche sessuale e psichica». Un obiettivo che poco ha a che vedere con il processo, secondo Attilio Floresta, difensore di Elio Rossitto. Un interesse a pieno titolo invece secondo la procura etnea. A cui il giudice dà ragione, ammettendo il centro Thamaia tra le parti civili. Già composte dall’università di Catania e da due delle cinque presunte vittime: le studentesse Dominique Sanò, la prima ad aver fatto scoppiare il caso portandolo in tv alla trasmissione Le Iene, ed Eva Toscano, tra le ragazze ad aver subito le presunte molestie del docente anni prima ma che, per paura di non essere credute, avevano rinunciato a denunciare.
«Io avrei una questione da sottoporre…» prende calmo la parola l’avvocato Floresta. Il giudice Michele Fichera parlotta con i suoi assistenti, il pubblico indisciplinato riceve più di un rimprovero. «Richiedo l’annullamento dell’avviso di conclusione delle indagini, del rinvio a giudizio e dell’avviso a comparire – continua il legale di Rossitto – inviate a un indirizzo del mio assistito diverso da quello che lui ha comunicato». In aula scende il silenzio. Il pubblico ministero Lina Trovato tentenna. «Scusate, io vorrei invece fare notare che l’accusa rivolta al mio assistito è generica e poco chiara», prende la palla al balzo il legale di Pergola. Il giudice dispone alcuni minuti di pausa per fare chiarezza.
«Innanzitutto l’imputato Pergola conosce perfettamente i fatti contestati – risponde alla ripresa il pm Trovato – Per quanto riguarda Rossitto, invece, la notifica di conclusione delle indagini gli è stata recapitata a mano dagli agenti della squadra mobile, mentre il rinvio a giudizio è stato mandato all’indirizzo del difensore. Quindi poco importa se il domicilio sia corretto o meno». La questione nascerebbe da una prima indicazione dello stesso docente, poi corretta in un successivo verbale. «Ma si trattava di un’indicazione, non di una nuova elezione di domicilio», aggiunge l’accusa.
Cavilli che però potrebbero rallentare ancora un processo che già fatica a partire. «E poi, anche se risolta in questa sede, si tratta di una questione che si può riproporre in Appello e in Cassazione», commenta Milena Occhipinti, avvocato di Dominique Sanò. Avvicinando sempre più i fatti alla prescrizione, scenario probabile per alcuni dei reati contestati secondo Valeria Sicurella, legale di Eva Toscano. Solo per decidere sulla questione il giudice ha aggiornato i lavori a martedì prossimo. Ma per il vero processo bisognerà ancora attendere.
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