«Gli ordinari non sono tutti baroni, ma tutti i baroni sono ordinari». Sono parole forti quelle pronunciate da Attilio Scuderi, professore associato di Letterature comparate, in occasione dell’assemblea pubblica promossa dai giovani di Link studenti indipendenti, Fronte gioventù comunista, Coordinamento universitario e Movimento universitario autorganizzato che, nella giornata di ieri, hanno occupato il rettorato. L’obiettivo? Ottenere un dialogo con il direttore generale Candeloro Bellantoni «sui prossimi passi» che l’ateneo intende intraprendere per fronteggiare una potenziale paralisi amministrativa. Un rischio che si riempie di concretezza dopo le dimissioni del rettore Francesco Basile giunte a seguito dell’ordinanza del gip Carlo Umberto Cannella che ne ha disposto la sospensione nell’ambito dell’inchiesta Università bandita. Un’indagine che conta 66 indagati.
«Non sono nessuno per commentare le dichiarazioni degli inquirenti», sostiene il direttore generale Bellantoni. Nominato dal cda il 29 maggio 2017, Bellantoni, in qualità di direttore generale, è il responsabile della complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico amministrativo dell’ateneo. «Nient’altro che un burocrate», si autodefinisce. «Ho appreso la notizia venerdì mattina con grande costernazione – dichiara -, prima non ne sapevo nulla». Ed è lui che, nel silenzio normativo e stante la situazione anomala – non prevista neanche dallo statuto Unict -, che vede indagato anche chi «in assenza o impedimento» del rettore dovrebbe farne le veci (il prorettore Giancarlo Magnano San Lio), sembra dover prendere le redini dell’ateneo fino a quando il decano ed ex preside della facoltà di giurisprudenza Vincenzo Di Cataldo non indirà le elezioni per ricoprire la carica di rettore. «In autunno – prospetta Bellantoni -, probabilmente prima dell’inizio del nuovo anno accademico».
Il direttore ha rassicurato gli studenti garantendo che l’inchiesta non inciderà sul prosieguo dell’attività didattica. «L’università è un’istituzione e deve andare avanti con gli esami e le sedute di laurea», sottolinea. E circa l’emanazione di eventuali provvedimenti disciplinari rimanda tutto alla conclusione del processo penale. «Se ci saranno delle condanne – prosegue – l’università dovrà certamente procedere a provvedimenti disciplinari diversificati che potranno arrivare al licenziamento. Ma prima devono concludersi i processi».
A preoccupare gli studenti c’è il potenziale calo di iscritti che potrebbe derivare dall’inchiesta possa portare a un aumento delle tasse universitarie. «Vigileremo – afferma la studentessa Ludovica Intelisano, del Coordinamento universitario – affinché in nessun modo venga intaccato il diritto allo studio». Ma il direttore rassicura: «Questa inchiesta non inciderà sui finanziamenti». Per Bellantoni «il diritto allo studio è concedere le stesse opportunità a parità di capacità. Chi ha poco, deve pagare poco». Al contempo però pone l’accento su un altro male che attanaglia l’ateneo catanese. «Su 40mila iscritti ben 18mila non pagano nulla perché le dichiarazioni dei redditi sono quelle che sono». Un problema che Bellantoni intende affrontare ricorrendo alle fiamme gialle. «Sarò impopolare, ma è una battaglia che continuerò anche con l’ausilio della guardia di finanza», sottolinea.
«L’Università – sostiene Attilio Scuderi – deve stare lontana dalle pressioni delle lobby e delle massonerie, ma le buone leggi senza i buoni costumi non funzionano». Per lui «è evidente che ci sono elementi distorsivi» incentivati anche dalle riforme legislative che si sono susseguite in questi anni. «Riteniamo che ci siano dei vizi di sistema: la riforma Gelmini era stata annunciata come quella legge che avrebbe messo al bando le baronie e invece con la previsione dei concorsi interni le ha consolidate».
Ma ci vuole anche un ripensamento forte della politica studentesca. «L’eccessiva rotazione delle cariche elettive ha solo l’effetto di far diminuire la partecipazione alla vita politica perché minoranze e maggioranze politicamente o partiticamente orientate si avvantaggiano di questa situazione. Non sempre incompetenti, ma è comunque una diminuzione della forza democratica del corpo studentesco». E sono proprio le associazioni studentesche il grande assente della giornata di ieri. «In teoria – sostiene Christian Marino di Mua – avrebbero dovuto essere qui. Se non ci sono è perché non ritenevano utile partecipare». Della stessa idea Ludovica Intelisano: «Questi momenti – sostiene – mettono in discussione il loro ruolo». Secondo gli studenti è un dato evidente che il gioco di potere valga anche per loro.
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